“Per niente facile”, un vino “sempre poco allineato”. Le parole di Ivano Fossati sembrano scritte apposta per il Don Anselmo. Forse l’Aglianico del Vulture più famoso, di sicuro il primo a essere imbottigliato, nel lontano 1925 (ancora senza il nome di fantasia). E chissà come sarebbe quella bottiglia dopo quasi un secolo: visto che si tratta di un vino davvero poco concessivo in gioventù, assecondando così tutte le caratteristiche del vitigno di provenienza e anzi esasperandole, anche con un uso non timido del rovere. La prima annata dedicata al nonno, Don Anselmo, appunto, è invece datata 1985.
Si tratta in ogni caso di un’etichetta che da sempre fa discutere. Perciò non potevamo proprio mancare l’occasione imperdibile, per la quale ringraziamo il Merano Wine Festival, di una ricca verticale del vino-icona dell’azienda Paternoster di Barile, passata un anno fa nelle solide mani del Gruppo Tommasi Family Estate, che dall’Amarone, passando per l’Oltrepò e Montalcino, arriva ora anche in Basilicata.
Saggiamente i Tommasi hanno deciso di lasciare al timone Vito Paternoster, mentre l’enologo è Fabio Mecca, nipote di Vito. Ed è proprio Vito, assieme a Giancarlo Tommasi, a fare gli onori di casa e raccontare il vino protagonista di questa Master Class.
Il Don Anselmo è ottenuto da piccole vigne d’età molto avanzata (fino a 50 anni e oltre) situate a 500-600 metri s.l.m., sulle pendici del vulcano spento del Vulture, e dalle rese spontaneamente bassissime (35-40 quintali per ettaro); raccolto di solito a fine ottobre, mentre in passato si arrivava praticamente sempre in novembre essendo l’Aglianico una varietà tardiva, è affinato in parte in botte grande di rovere di Slavonia, in parte in barriques.
Una scelta di compromesso tra modernità (ben rappresentata dall’altro Aglianico di punta di Paternoster, il Rotondo) e tradizione. Una scelta che guarda con rispetto alla storia secolare della famiglia, cominciata appunto con nonno Anselmo che decise di imbottigliare il vino e provare a venderlo in giro per il mondo.
Ecco una descrizione in dettaglio delle annate proposte (note scritte con la collaborazione di Stefano Ronconi):
2013
Vendemmia “spettacolare”, ci dicono, con ottime escursioni termiche in estate e un autunno equilibrato. Al naso note dolci di pasticceria e zucchero a velo, toni boisé e vanigliati, poi emerge un lato più scuro fatto di ferro e sangue, anche un po’ foxy; al gusto è fresco, ancora sull’acidità tartarica che attraversa tutto il sorso, tannino monumentale ma di buona finezza. È appena all’inizio di un cammino che ci auguriamo lunghissimo.
2012
Annata segnata dal gran caldo e di conseguenza da stress idrico. Naso pulito con frutta rossa e gialla, note speziate e balsamiche, cuoio e cacao, acque termali; palato già integrato, carattere irruento dove l’eleganza cede un po’ il passo, di grande struttura, tipico e vivace.
2010
La pioggia a metà settembre ha creato problemi di maturazione e qualche muffa qua e là. Odora ancora di tostatura, con vaniglia e caffè, poi emergono la ciliegia matura e i frutti scuri; tannino molto giovane in evidenza, grande acidità e chiusura lunga e fresca, balsamica, con qualche cenno radicioso e vegetale.
2007
Annata calda ma favorevole, con riscontri in qualche cenno evolutivo all’olfatto: rosmarino e mirto, lato balsamico e minerale, frutti neri in confettura; tannino levigato, quasi setoso, finale non lunghissimo ma appena contratto; scommettiamo comunque in una futura evoluzione positiva.
2006
Vendemmia difficile, segnata da piogge “quasi sistematiche”. Qui l’evoluzione e le note ossidative caratterizzano il naso e trovano conferma all’assaggio, dove emerge anche una non completa maturazione dei tannini. È un vino stanco e non sembra in grado di riprendersi nei prossimi anni.
2004
Annata “di grande qualità”, equilibrata, ha dato uve sane e ricche. All’inizio il naso è reticente poi si apre con note speziate e balsamiche di macchia. Di spiccata personalità, vitale, regala un sorso dalle note fumé, quasi vulcaniche, con tannino di grande finezza e lunga persistenza agrumata.
1997
Vendemmia “quasi perfetta”, dall’andamento climatico “eccezionale”. Se ne è parlato spesso in Italia, ma qui ci siamo davvero. Profumi di cuoio, spezie scure, pepe, fiori secchi, terra bagnata; in bocca è integro e succoso, l’agrume è candito, ha il fascino e l’eleganza di una signora matura. Oggi la godibilità è assicurata e forse non andrebbe aspettato oltre, ma…
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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