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Degustazione

Quando è il bicchiere a fare la differenza

Quanto sia importante l’uso del bicchiere giusto per il servizio del vino non è un argomento che viene sempre compreso dalla ristorazione o dai produttori stessi. Ci si accontenta di utilizzare un calice più o meno ampio a seconda dell’evoluzione o della struttura del vino senza fare troppa attenzione alla forma del bevante.


Maximilian Riedel, undicesima generazione dell’omonima azienda di famiglia che dal 1700 produce oggetti in vetro e bicchieri di alta qualità, ricorda come suo padre producesse solo due tipi di bicchieri da vino; uno che definiva per vini giovani e l’altro per vini maturi. Un giornalista giapponese un giorno gli domandò che cosa intendesse per vini giovani o quando un vino si sarebbe potuto definire maturo.
Questa domanda fece scaturire in George J. Riedel la voglia di studiare e produrre bicchieri specifici per ogni differente vitigno. È un lavoro che continua ancora oggi, sempre alla ricerca della perfezione, adeguando le forme alle mutazioni dei vini siano esse stilistiche che determinate dal global warming.

A una nostra specifica domanda Maximilian Riedel ci ha confermato come, nonostante la formazione che regolarmente effettuano in tutto il mondo, gli enologi e gli winemaker raramente usano bicchieri diversificati a seconda del vitigno. Maximilian si è anche stupito nel vedere come in cantina vengano usati piccoli bicchieri e quando ne ha chiesto la ragione la risposa è stata “sono convenienti” e durevoli. Mr. Riedel crede che gli enologi non abbiano riflettuto abbastanza sulla cosa. Se usassero bicchieri opportuni, aggiunge, potrebbero meglio apprezzare sia le qualità che gli eventuali difetti presenti.

In una approfondita degustazione comparativa organizzata da Gaja distribuzione nel Castello di Grinzane Cavour, Maximilian Riedel ha dimostrato come le percezioni olfattive e gusto-olfattive di un vino possano modificarsi significativamente a seconda della forma del bicchiere utilizzato.

Il bicchiere deve essere considerato come un trasportatore del messaggio del vino che passa dal bicchiere al palato. Uno dei più grossi errori che, secondo Maximilian Riedel, si può commettere in degustazione è non osservare la texture del vino, di come il vino entra nel cavo orale, di qual è il fluire del liquido, di come tocca la lingua. Il modo in cui il vino viene a contatto con la nostra lingua determina infatti le percezioni che seguono e influenza la persistenza gusto olfattiva.

Durante la degustazione un campione di Chardonnay di Borgogna (Puligny Montrachet 2017 di Louis Jadot) è stato testato in un bicchiere appositamente studiato, in un classico bicchiere da vino bianco e in un bicchiere utilizzato per vini rossi.


Il risultato è stato strabiliante.
Il bicchiere appositamente studiato, che si caratterizza da un bevante ampio non particolarmente alto e con una larga imboccatura, ha mostrato una maggiore ricchezza e complessità dei profumi che si sono alternati in un susseguirsi di sensazioni. Anche al sorso la forma del bicchiere ha consentito al vino di ricadere nella parte centrale della lingua andando a esaltare le caratteristiche di sapidità e di acidità che volevano proprio essere evidenziate; la spesso prevaricante nota morbida e strutturata tipica dello Chardonnay è risultata maggiormente integrata.
Nel classico bicchiere da vino bianco il naso ha mostrato un vino più esile, più sottile, che ha perso parte della sua tridimensionalità; alla degustazione il vino è fluito direttamente sulla punta della lingua esaltando le caratteristiche dolci del vitigno e dando minor rilievo alla complessità; dopo alcuni secondi la bocca ha evidenziato solamente una componente dura e secca, quasi salata, con un finale amaricante.
Il bicchiere da vino rosso invece ha mostrato al naso note concentrate con evidenza dei lieviti, dei sentori boisé e dell’alcolicità; al sorso il contatto iniziale del liquido con la punta della lingua che ha portato alle medesime espressioni gusto olfattive del precedente bicchiere.


Un secondo test è stato effettuato con il vitigno Nebbiolo (Barolo Dagromis 2013 di Gaja) che è stato degustato in tre differenti calici ognuno dei quali pensato per una specifica varietà a bacca rossa. Ciò che è apparso chiaro fin da subito è che il calice appositamente studiato per il Nebbiolo, con un bevande ampio e una chiusura a tulipano, è la miglior sintesi per questo vitigno essendo in grado di esaltare il vino sia dal punto di vista olfattivo che gustativo. Nel bicchiere prende vita un vino con volume e complessità, con tanti sentori di frutta. Gli altri due bicchieri mostrano un vino più piatto, con minore carattere e complessità evidenziando, in un caso, in modo eccessivo l’alcol presente.
In bocca il calice dedicato al Nebbiolo riesce ad esprimere tutto il carico fruttato del vino riducendo l’impatto del tannino e dell’alcol esaltando l’eleganza, la finezza e la rotondità della frutta supportata nel modo corretto dalle durezze.
Un ulteriore miglioramento olfatto-gustativo è stato evidenziato da un altro calice di nuova concezione, dalle forme simili al precedente, ma con una particolare lavorazione che aumenta la superficie interna del bicchiere e aiuta maggiormente a rompere la tensione superficiale del vino regalando ulteriori sentori e riuscendo a meglio gestire la carica tannica a tutto vantaggio della finezza.


Un ultimo campione (Cabernet sauvignon Cuvée Alexandre 2015 di Lapostolle), che anch’esso è stato degustato in 3 differenti bicchieri, ha nuovamente confermato l’importanza della forma del bevante.

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Dopo una trentennale brillante carriera in ambito amministrativo finanziario all’interno di un noto gruppo multinazionale, dal maggio 2018 si dedica totalmente al mondo del vino del quale è appassionato partecipe da oltre quindici anni. Sommelier dal 2005 e degustatore Associazione Italiana Sommelier, assaggiatore di formaggi ONAF, assaggiatore di grappe e acqueviti ANAG e degustatore professionista di birre ADB, è relatore in enologia nei corsi per sommelier. È stato responsabile redazionale del sito internet della delegazione AIS di Milano e ha collaborato alla stesura delle guide Vitae e Viniplus. È redattore per la rivista Viniplus di Lombardia, per la quale cura due rubriche, è inoltre autore per la rivista Barolo & Co e per le testate on-line vinodabere.it, e aislombardia.it.

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