La Cantina Vietti è parte della storia delle Langhe, visto che è stata fondata alla fine del 1800, quando Carlo Vietti inizio a produrre vino nella cantina a Castiglione Falletto e che oggi è ancora la sede aziendale e mantiene la medesima struttura di un tempo, essendo costruita all’interno della cittadina. Per necessità, la sua espansione è stata fatta in senso verticale, verso il basso e questo, oltre a non impattare sul panorama, gli ha garantito un fascino tutto suo.
Scendendo le scale, accompagnati dall’enologo aziendale Eugenio Palumbo, abbiamo avuto modo di muoverci dal presente al passato, partendo dal piano terra, dove si trova la sala di degustazione, e arrivare alla zona di vinificazione sita al primo piano interrato, dove contenitori in acciaio e in ceramica si guardano da due file distinte accogliendo tutti i vini.. Siamo scesi ulteriormente fino a dove si trovano le vecchie mura della città, che racchiudono botti e barrique, in un’infinità di corridoi, affascinanti e inquietanti allo stesso tempo.
I membri della famiglia Vietti si sono occupati da sempre della gestione delle vigne e della cantina, con impegno e lungimiranza, cercando di coniugare il duro lavoro a nuove intuizioni, per dar vita a vini, che oltre alla qualità, esprimessero appieno un territorio così vocato.
L’acquisizione dei vigneti in quasi tutte le parti più vocate, che oggi vengono identificate come cru, è stata lenta e discreta tanto da permettergli di fregiarsi dell’etichetta di cantina con più cru di proprietà nel territorio del Barolo.
Il passaggio dello storico marchio dalla Famiglia Vietti a Kyle J. Krause, avvenuto nel 2016, non ha modificato la filosofia aziendale. Una scelta di vita quella dei Krause, che li ha portati pian piano a dismettere le loro vecchie attività per concentrarsi su questa nuova avventura.
La nuova proprietà ha avuto il merito di fornire quei mezzi economici necessari per inserire i tasselli mancanti al completamento di quel “puzzle” iniziato molto tempo prima, acquisendo i terreni necessari per produrre i vini mancanti nella gamma aziendale.
Si è cominciato con delle vigne nei Colli Tortonesi, necessarie per dar vita a quel bianco che avesse la capacità di durare nel tempo e affiancasse il Roero Arneis. Nasce così il Timorasso Derthona, un vino che vuole esprimere appieno il territorio dove ha origine e fermenta, matura in contenitori di acciaio, ceramica e legno, per poi terminare con alcuni mesi di affinamento in bottiglia.
Provando l’annata 2021, abbiamo avuto modo di verificarne la freschezza e sapidità che lo contraddistinguono. Con riferimento a questa tipologia di vino, abbiamo anche avuto modo di assaggiare, in anteprima, l’annata 2023 che, a differenza del passato, svolge fermentazione e maturazione in un vasca inedita. Un progetto che potremmo definire sperimentale, in quanto l’azienda Vietti ha fatto costruire una vasca che si compone di due pareti, una esterna in acciaio e una interna in ceramica, e fra le due un’intercapedine di aria che scambia con l’esterno attraverso dei fori che permette di controllare la temperatura del vino (è l’aria dell’intercapedine ad essere raffreddata e non la parete del contenitore). Dobbiamo ammettere che il risultato è sorprendente, sebbene il vino ha pochi mesi di vita. Elegante, equilibrato, fresco, introdotto da profumi floreali intensi. Siamo proprio curiosi di assaggiarlo quando sarà pronto alla beva.
Un vino di Vietti che spesso è meno considerato, ma che nel nostro caso esprime appieno tutto il suo potenziale è la Barbera d’Alba.
Parliamo della Barbera d’Alba Vigna Scarrone 2021 nelle versione classica (12.000 bottiglie prodotte) e della Barbera d’Alba Vigna Scarrone Vecchia Vigna 2021 (4.000 bottiglie prodotte).
Provengono entrambe da un vigneto in Castiglione Falletto in località Scarrone, esposizione sud-est e densità 4.300 piante/ettaro. Le vigne della versione classica sono state piantate nel 1989 mentre la vecchia vigna nel 1918. Per entrambi i vini stesso tipo di vinificazione, prima acciaio, poi 18 mesi in barrique e botte. L’unica grande differenza è la resa per singola vite che nel caso della vecchia vigna è molto bassa.
All’assaggio due vini completamente diversi. Il più giovane si presenta su note di frutti rossi a cui si accompagnano in modo evidente profumi balsamici, è ancora scalpitante ma ha già iniziato a trovare l’equilibrio tra freschezza e irruenza. Riteniamo che necessiti ancora di affinamento in bottiglia. L’altro è di tutta altra pasta, prevalgono note speziate, con pepe e cardamomo in evidenza a cui si affiancato da profumi di frutta sottobosco molto intensi e accenni balsamici. Ricco, sapido, elegante e fresco allo stesso tempo, accompagnato da un tannino quasi impercettibile per la straordinaria finezza, termina su note di pepe nero. Un piccolo capolavoro.
Dopo questa esperienza ci approcciamo ai vini che sono il fiore all’occhiello dell’azienda e rappresentano il lavoro fatto da Vietti nel corso degli anni per identificare i diversi terreni attraverso i differenti cru di proprietà.
Infatti l’azienda, negli 85 ettari di proprietà, possiede il maggior numero di cru delle diverse zone che compongono il Barolo, rispetto a tutti gli altri produttori. Questo è stato possibile grazie alla costruzione di rapporti interpersonali e a investimenti importanti.
Iniziamo così il nostro viaggio col Barolo Castiglione che nasce dall’unione delle uve provenienti da diverse zone e vuole essere il “marchio di fabbrica” di Vietti.
Abbiamo assaggiato il Barolo Castiglione 2019, una produzione media di 60.000 bottiglie l’anno, 35 giorni di macerazione con le bucce a capello sommerso, per poi finire per 7 giorni in vasca d’acciaio prima di andare in barrique per 30 mesi. Si presenta con note di frutti rossi e spezie, elegante e fresco, ben accompagnato da un tannino mai troppo irruento, termina su note di pepe nero molto intense. Un bel biglietto da visita dell’azienda.
Continuiamo con il Barolo Cerequio 2019, la parcella è sita nel comune di Barolo, a 320 metri di altezza e una densità in vigna di 4.300 piante/ettaro. La vigna è stata piantata nel 1982, su un terreno calcareo/argilloso con presenza di marna, appena 4.000 bottiglie prodotte per un vino che si presenta su note di frutta sottobosco, spezie e accenni balsamici. L’assaggio risulta ricco, fresco, elegante, di facile beva, grazie ad un tannino levigato, e chiude su note agrumate accattivanti.
Ci si sposta nel Comune di La morra in una vigna piantata tra gli anni 1959-1969 e situata a 350 metri di altitudine su di un terreno calcareo argilloso. Parliamo del Barolo Brunate 2019, di cui si producono appena 4.000 bottiglie. Un vino che esprime la sua identità sin dal primo sorso, frutti di bosco si accompagnano a spezie, agrumi e note di muschio, all’assaggio risulta vigoroso, intenso e con un tannino leggermente asciutto, termina su note di liquirizia e spezie. Risulta ancora giovane ma ha grandi prospettive.
Ci spostiamo nel Comune di Serralunga d’Alba con il Barolo Lazzarito 2019 , la vigna è stata piantata in tre periodi distinti, 1960, 1983 e 2002, si trova a 300 metri di altezza su un terreno calcareo-argilloso. 10.000 bottiglie prodotte per un vino tutto incentrato sull’eleganza, dove frutta rossa e note balsamiche lo accompagnano durante tutta la beva.
Siamo ora a Castiglione Falletto in un vigneto su un terreno di origine marnosa gialla bluastra con le vigne ormai risalenti agli anni 1963 – 1969. Parliamo del Barolo Rocche di Castiglione 2019, anche in questo caso 4.000 bottiglie prodotte, un vino che ancor giovane brilla già di luce propria. A note di frutti di bosco, molto intense, si accompagnano perfettamente profumi balsamici, il cui connubio ci riempie di grandi aspettative per l’assaggio. e ne troviamo la conferma. Elegante, fresco con un tannino vellutato che accarezza il palato, che spinge a riavvicinare il bicchiere per un secondo sorso, e terminare con le spezie dolci, che risultano esserne la degna conclusione. Strepitoso.
Si continua recandoci idealmente sulla collina di Monvigliero a Verduno in un vigneto piantato nel 1977. Siamo a 240 metri di altezza su di un terreno calcareo-argilloso con presenza di marne, una produzione annua di 5.000 bottiglie per l’unico vino dell’azienda che usa il grappolo intero durante la vinificazione. Parliamo del Barolo Monvigliero 2019, che, dei Barolo assaggiati, è in assoluto il più pronto, incentrato su profumi agrumati e di frutti rossi di bosco, si fa forte di un tannino gentile, dovuto ad una raccolta attenta e perfetta dei grappoli, ben sorretto da un’acidità mai troppo irruenta.
Terminiamo il nostro “viaggio” spostandoci nel comune di Novello con il Barolo Ravera 2019. Il terreno è a 400 metri di altitudine, in una posizione molto fredda, grazie ad un canale tra le colline che ne fa confluire i venti in ogni periodo dell’anno, composto da argille calcaree con presenza di marna. La vigna è stata piantata in tre fasi, 1969, 2000 e 2009, le bottiglie prodotte sono 10.000 l’anno. Si presenta su profumi fruttati, di gesso e balsamici, con un tannino vibrante ma affascinante allo stesso tempo, sempre sorretto da una piacevole acidità.
Un’appendice al nostro percorso è il Barolo Riserva 2015 di cui si producono 5.000 bottiglie l’anno ed è il frutto di una selezione delle uve che danno vita al Barolo Castiglione con predominanza di quelle provenienti dalle vigne di Fiasco e Scarrone. Al naso note di frutta rossa matura si accompagnano all’odore della china. Forse una bottiglia non in forma.
Ha fondato Vinodabere nel 2014. Laureato in Economia e Commercio specializzazione mercati finanziari, si è dedicato negli ultimi dieci anni anima e corpo al mondo del vino. Vanta diverse esperienze nell'ambito enologico quali la collaborazione con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso (edizioni 2017 e 2018), e la collaborazione con la guida Slow Wine (edizioni 2015 e 2016). Assaggiatore internazionale di caffè ha partecipato a diversi corsi di analisi sensoriale del miele. Aver collaborato nella pasticceria di famiglia per un lunghissimo periodo gli garantisce una notevole professionalità in questo ambito.
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