Pochi giorni fa la notizia tanto attesa del meritato riconoscimento.
Oggi l’onore ed il piacere di poter intervistare Gabriele Gorelli, ilcinese di appena 37 anni, ma dal grande vissuto nel panorama vitivinicolo mondiale.
L’occasione è stata possibile grazie all’aiuto della collega e sommelier Seila Bruschi e di tutto il gruppo di Vinodabere che ha contribuito alla stesura delle tante domande necessarie a capire meglio cosa si celi dietro un simile percorso.
Infine, permettete l’emozione del sottoscritto nel ricevere le prime impressioni a caldo di Gabriele, rilasciate durante un lungo viaggio in auto verso il confine francese.
Luca: Gabriele, quando è nata la tua passione per il vino e per questo sogno bellissimo chiamato Master Of Wine?
Gabriele: Pura curiosità caro Luca; nasce tutto in famiglia da mio nonno, che aveva appena 0,46 ettari vitati a Montalcino. Una piccola seppur storica azienda, tramandata di padre in figlio e nella quale ho mosso i primi passi da ragazzino; anche mio zio, consulente e produttore (n.d.r. Giuseppe Gorelli) ha recentemente fondato una bellissima realtà che stupisce per qualità visionaria dei vini. Come la storia dei miei parenti, anche io inizialmente ero dedito ad altro, convinto che la parte grafica e pubblicitaria dovesse dare “immagine al vino”, visto non soltanto come materia, ma anche come capacità di comunicare passione. Eccomi qua, 20 anni dopo, a coronare un traguardo che condivido con pochissimi altri al mondo e che spero faccia da apripista ad altri motivati colleghi italiani.
Luca: Definiamo meglio per i nostri lettori cosa comporti essere un Master Of Wine confrontando il ruolo della critica enologica tra mondo anglosassone ed Italia.
Gabriele: Non è semplice rispondere sinteticamente a questa domanda. In Italia esistono due tipologie diverse di giudicare un vino. Quella che va per la maggiore attualmente è proposta da testate giornalistiche come la vostra e che segue il solco percorso da professionisti non influenzati necessariamente da grandi marchi. Gli anglosassoni hanno il vantaggio di non essere un popolo di produttori, almeno non con le capacità di altre nazioni come la nostra. Non si fossilizzano troppo su concetti soggettivi ed estetici, riguardanti i descrittori o il gusto del vino. Analizzano piuttosto lo “stile” di un prodotto in funzione del suo corretto posizionamento nel mercato.
Luca: Molti ti indicano come un vero cultore del Sangiovese, in particolare quello toscano. Alcuni pensano che in te venga idealmente incarnato il pensiero di quel genio assoluto di Giulio Gambelli “Mister bicchierino”.
Gabriele: Il Sangiovese è come un camaleonte, muta pelle in funzione del terroir di elezione. Non penso solo alla Toscana ed a Montalcino, ma ai tanti luoghi che lo sanno ospitare dandogli il giusto rilievo. Tornando al concetto di stile, è importante saper delineare non un semplice vitigno, ma il racconto di un intero territorio. Sarebbe ora di cessare qualsiasi “guerra” mediatica e concentrarsi soltanto sulla promozione. Posso garantirti che stiamo iniziando, con fatica, a far comprendere all’estero una grande verità: il vino italiano non è fatto solo di bianchi dal sapore neutro e di rossi dai tannini secchi e astringenti. Un pregiudizio duro a morire, frutto anche di cattiva comunicazione.
Luca: Quindi vedi inevitabile e motivata l’impennata dei prezzi che sta avendo il mercato dei vini italiano, sulla scia dei cugini francesi?
Gabriele: Lo vedo inevitabile per alcune Denominazioni. Tieni presente che il prezzo medio del vino italiano è ancora mediamente inferiore rispetto ai competitors esteri, nonostante una maggior produzione in volumi. Bisogna far attenzione però a non esagerare, mantenendo ben chiaro il target dei consumatori per fascia-prezzo. La famosa piramide dei prezzi tanto per intenderci. Ancora una volta la priorità va alla comunicazione, allo stile proposto, alle innovative metodologie produttive, tutto quello che possa fare da “brand”. Diversi produttori hanno recepito il messaggio, mettendosi in discussione ed affidando la propria immagine a numerosi consulenti. Anche uno storico Consorzio come quello del Vino Nobile di Montepulciano si è attivato per primo in tal senso, creando una propria identità svincolata dal continuo paragone con altre realtà toscane.
Luca: Tutto questo era prima che arrivasse la tempesta del Covid. Adesso invece come vedi cambiato il mondo del vino con gli occhi del comunicatore?
Gabriele: Se c’è un insegnamento da apprendere è che bisogna segmentare il settore delle vendite. Non può reggersi il fatturato di una ditta quasi unicamente su di un solo cliente. Bisogna diversificare, utilizzando una vasta rete che spazi dalla grande distribuzione ai buyers italiani od esteri, fino all’e-commerce spesso trascurato. Bisogna interpretare le tendenze, che innescano il circolo virtuoso delle opportunità. Non solo fatturato, ma anche marginalità e consolidamento dei risultati conseguiti. E poi, permettimi di dire quanto ci sia bisogno del contatto diretto. Senza le relazioni umane i numeri contano poco.
Luca: Argomento vastissimo, ce ne sarebbe da dire, ma dobbiamo giungere necessariamente alle conclusioni finali. Il nostro Direttore Maurizio Valeriani ti chiede (e per la verità ce lo chiediamo tutti) quanti sacrifici hai dovuto sostenere per giungere ad essere tra i migliori al mondo?
Gabriele: Innumerevoli. Non ricordo quando sia stata l’ultima volta che mi son alzato dopo le 5 del mattino. L’alba è il momento migliore per studiare, dovendo poi dedicare l’intera giornata al lavoro. Neanche il tempo per un film la sera, solo letture di libri e riviste per il Master: uno zaino pieno che talvolta pesa sulle spalle, ma carico di tante cose utili. Bisogna essere assolutamente motivati, sopratutto per sostenere l’impegno economico che in certi momenti ha superato i 30 mila euro annui. Il profilo deve essere sempre basso, non puoi permetterti distrazioni, non puoi raccontare quello che fai mentre lo fai. Infine la famiglia: la mia compagna Azzurra Casini (n.d.r. Direttrice per la Comunicazione del Rosewood Castiglion del Bosco), è stata sempre anche la mia migliore amica. Mi ha sostenuto nelle difficoltà ed ha gioito persino più di me nei successi. Questa serenità importantissima, unita al motto “mens sana in corpore sano” ed allo yoga mi hanno reso praticamente immune all’ansia, al punto che, un mese dopo il nostro primo figlio, ho superato tranquillamente l’esame finale di degustazione e la quasi totalità della teoria. Non ultimo la rinuncia, con grande sofferenza, all’assunzione di caffè dal lontano 16 aprile 2017. Non dimenticherò mai quel giorno.
Luca: Dunque il tuo consiglio ai futuri aspiranti Master Of Wine?
Gabriele: Impegno, dedizione, sacrificio, forza di volontà, passione! Vedrete che presto ci saranno altri come me a portare in alto la bandiera dell’Italia nel mondo.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
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