Abbiamo già descritto su questa testata le difficoltà del giornalista/degustatore nell’individuare i vini da inserire in una determinata Guida (link). Stavolta vogliamo invece approfondire il tema del metodo.
Ci preme innanzitutto fare una premessa. Dato che una guida dovrebbe avere come punto di riferimento il lettore, sarebbe opportuno essere trasparenti proprio con quest’ultimo sulla metodologia utilizzata. Esprimiamo quindi il nostro apprezzamento per Doctorwine e Daniele Cernilli per aver fatto ulteriore chiarezza sugli strumenti utilizzati dalla “Guida Essenziale ai Vini d’Italia” (link), eccellente pubblicazione annuale. Questo tipo di trasparenza non è così frequente.
La nostra esperienza ci induce a pensare che la degustazione alla cieca, con tutte le sue imperfezioni, sia un metodo imprescindibile per valutare, nell’ambito di un confronto omogeneo, i diversi gradi di qualità dei vini che vengono assaggiati. Noi siamo convinti che la cieca operata da una commissione (panel) di assaggio (e non da una sola persona) sia fondamentale per l’equità e la rappresentatività del giudizio. Siamo poi altrettanto convinti che non sia giusto mischiare valutazioni che escono da blind tasting con assaggi fatti in cantina davanti al produttore, soprattutto se quest’ultimo è uno di quelli che non vuole mandare i campioni alle guide, e che quindi non consente il confronto dei suoi vini con quelli di altri produttori.
Ciò nonostante, consapevoli della nostra fallibilità, rispettiamo chi fa scelte diverse dalla nostra, ma resisteremo ed insisteremo con la degustazione alla cieca che paradossalmente per noi rappresenta una luce che guida le nostre scelte, anche se leggeremo sempre con attenzione quelle pubblicazioni che utilizzano metodi differenti rispetto al nostro.