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Le Masterclass della ventottesima edizione di ENOETNA 2025

Sono tre decenni che le chiavi di casa sono accessoriate con una sfera di tormalina nera. Saltuariamente la sfreghiamo, no esattamente l’accarezziamo pensando che rassicuri e ora non è possibile starne senza. Un impulso, una seduzione, una fascinazione, una leggerezza che ci appartiene. Circa le presunte capacità che la roccia possiede, di schermare l’energia negativa e riflettere la negatività, di cui successivamente abbiamo letto, non sappiamo se ciò sia vero o meno, ma tanto vale provare, e visto i tempi in cui viviamo verrebbe voglia di consigliarla a tutti.

Di recente l’interesse provato verso i vulcani è notelvomente cresciuto, ragione per cui abbiamo iniziato il discorso con la pietra scura. Attrazione avita per una forza della natura inarrestabile e ineluttabile, che toglie ma forse regala molto di più. Non ci stupisce che per alcune popolazioni per similitudine la montagna eruttiva sia considerata una divinità. Ovunque è presente un vulcano, i terreni prospicenti sono ricchi di componenti organici che impreziosiscono ogni genere di coltivazione, rendendola unica, differente dalle altre della medesima tipologia. È così senza eccezione, riportando a solo titolo di esempio l’eccelsa qualità delle canne da zucchero che crescono alle pendici del monte La Pelée in Martinica. Un privilegio che la Natura dona quasi a indennizzo di chi si ostina a vivere in sua prossimità. Ma non basta: anche le persone che vi abitano ci sembrano più energiche, dinamiche, vitali.

Date queste premesse non potevamo che gioire per l’invito alla rassegna di EnoEtna alla sua ventottottesima edizione presso Santa Venerina, sottostante all’Etna, e visitare alcune realtà enogastronomiche unite da essere in un suolo vulcanico.

Vini che entusiasmano molti, perché unici, tipici, meno potenti e concentrati poiché declinati sull’eleganza. Sapidi e minerali, freschi, provenienti da un vasto territorio che li distingue molto, rendendo necessario la suddivisione in quattro versanti di provenienza: Nord, Est, Sud-Est, Sud-Ovest. Smisurata anche l’altitudine dei vigneti che vanno dai 450 metri a circa 1200, vocata per gli autoctoni Carricante e Nerello Mascalese, con saldo di Catarratto, Insolia, Minnella, Nerello Cappuccio. E poi ci sono le contrade, la produzione ritenuta punta di diamante, dei veri e propri cru riportati in etichetta dell’Etna doc, che al momento sono 133 (ma presumibilmente diverrano 9 in più), la maggiorparte presenti nel versante Nord dove sono ben 81 (così suddivise: 46 a Castiglione di Siciia, 25 a Randazzo, 10 a Linguaglossa), segue l’Est con 28 (20 a Zafferana Etnea e 8 a Milo), il Sud-Est ne ha 18 (Trecastagni 9 e Viagrande 9), e infine la marginale presenza del versante Sud-Ovest, la parte del vulcano dove il sole si reca a dormire, con 6 (5 a Biancavilla e 1 a Santa Maria di Licordia).

L’evento coinvolge la Villa comunale Giovanni Pappalardo con una mostra mercato enogastronomica e artigianale delle eccellenze della Sicilia e dell’Etna; la villetta Giuseppe Longo, luogo della mostra fotografica sulle visione dell’Etna, di percorsi musicali, e seminari sul vino e olio etnei; la centrale Piazza Roma che ospita concerti, danze ed esibizioni di ogni genere. Infine cooking show a cura dell’IPSSEOA (Istituto Professionale di Stato per i Servizi dell’Enogastronomia e dell’Ospitalità Alberghiera) “Giovanni Falcone” di Giarre, e masterclass sul vino organizzate dalla testata giornalistica Cronache di Gusto, media partner della manifestazione, condotte all’esperto Federico Latteri, con realtà vinicole poco note al grande pubblico, presso il ristorante Etna in bocca.

A latere della manifestazione, Cronache di Gusto ha previsto un press tour con visite a cantine e luoghi di produzione di altre eccellenze gastronomiche del tessuto locale, circa le quali parleremo in seguito.

In questa sede, invece, ci dedicheremo alle due masterclass.

Nella prima degustazione di sette Etna Bianco dal titolo: I vini bianchi dell’Etna: una certezza che guarda il futuro. Federico ha rilevato innanzitutto come, dopo un inizio differente dove il rosso rappresentava il 70%, siano oggi equamente distribuita la produzione tra l’Etna Bianco e il Rosso. Nel versante Nord sono presenti circa il 75% delle aziende etnee, con l’inserimento del Bianco più recente. Invece, circa il potenziale di serbevolezza, c’è chi come lui che ritiene quello del Bianco possa diventare anche superiore a quello dell’Etna Rosso. Una scommessa che siamo quasi certi anche noi possa verificarsi.

Etna Bianco 2024 Grottarinotto (12%) – Az. Agr. Camuglia

Una nuova realtà fondata nel 2022, nel versante Nord, contrada Zottorinotto a Solicchiata, nel comune di Castiglione di Sicilia, l’azienda coltiva in biologico circa tre ettari in vigneti attorno ai 600 metri, con produzione annua che si aggira a 5.000 bottiglie. Il vino è un Carricante al 100% con vinificazione in acciaio.

Inizio fragrante e fresco, votato al floreale con fiori di acacia e fiori di campo. Sapidità e mineralità con cenni di pietra focaia, oltre a note fruttate di susina gialla, mele e melone giallo.

Al palato torna la freschezza e una buona consistenza. Ancora frutto, un lime quasi tagliente, ma con sorso dinamico e un finale floreale di ginestra.

Etna Bianco 2024 Contrada Martinella (13%) – Aìtala 

L’azienda di Rocco Trefiletti nasce nel 2002, seguitando la tradizione di famiglia iniziata un secolo prima. Siamo sempre nel versante Nord a Linguaglossa, tra le contrade di Martinella e Pomiciaro, con vigneti a 600 metri, dove i tre ettari di vigneto consentono di produrre circa 5.000 bottiglie all’anno.

Il vino Carricante 80%, Catarratto 10%, Insolia e Minnella 10%.

Primeggia il frutto con pera Williams, susina gialla e agrume, poi del floreale giallo che richiama la ginestra e la zagara, e ulteriori note di erbe mediterranee come timo e salvia, in un tappeto di freschezza minerale.

Al palato è pieno e polposo, con sorso teso, sapido, fresco e persistente.

Etna Bianco 2024 N’ettaro Contrada Spadatrappo (13.5%) – Masseria Setteporte

Nasce nel 1961 a Biancavilla nel versante Sud-Ovest. Piero Portale ci regala un vino che abbiamo particormente apprezzato, a base di Carricante e una piccolissima percentuale di Catarratto.

Inizia lieve, delicato, in sordina, con note floreali, poi arriva la freschezza e il calice si riempie di note iodate e marine.

È il preludio al fruttato susseguente che approda fino all’esotico, e sul finire le erbe aromatiche e officinali dove spicca la lavanda. Un bouquet veramente sfaccettato.

Al palato è pieno, burroso e glicerico, materico e mielato, avvolgente e appagante, molto persistente nel suo finale dove torna la mineralità.

Etna doc Bianco 2023 Cantonè (13%) – Le Due Tenute 

Versante Sud-Ovest, l’azienda è a Biancavilla, con vigneti posti a 950 metri di altezza. Il vino, entrato solo recentemente in Etna doc, è un Carricante in purezza che vinifica in acciaio.

Intensità floreale, con note che ricordano i fiori di robinia, poi fruttato, cenni mielati, fresco e slanciato.

Al palato è energico, verticale con sorso teso, di buon corpo e con un finale di spezie delicate con molta sapidità.

Etna doc Bianco 2023 Me Gioiu (14%) – Tenute Foti Randazzese 

La data di nascita aziendale è il 2021 grazie a Giacomo Foti Randazzese che a Nicolosi, nel versante Sud-Est del vulcano, assieme alla famiglia conduce l’azienda. I vigneti sono ad un’altitudine di circa 900 metri. Gli ettari vitati sono 3 e danno luogo a circa 10.000 bottiglie all’anno. Il vino è un Carricante in purezza che fermenta in legno dove svolge la malolattica, per poi affinare in barrique d’acacia.

Si presenta morbido, burroso e cremoso, con polpa di frutta gialla e sentori minerali.

Al palato ritornano le sensazioni burrose e vanigliate. Siamo nella fase iniziale della maturazione dove il vino si deve ancora affrancare da queste note ed emanciparsi, pur rilevando che non si perda l’anima vulcanica, poiché dotato di un buon equilibrio fra acidità e mineralità.

Etna Bianco Superiore Lavi 2023 (12.5%) – Cantine Iuppa 

Versante Est poiché ci troviamo a Milo, il comune con la più alta piovosità del territorio etneo e siciliano, la più elevata differenza di temperatura fra notte e giorno, e la prima zona nella quale arrivano le ceneri dell’eruzione vulcanica, in contrada Salice, in un’azienda acquisita nei primissimi anni 2000, che tuttavia comincia a produrre nel 2019 grazie ad Angelo e Marco Iuppa e il ripristino di un terreno totalmente abbandonato. Abbiamo avuto modo di visitare l’azienda e parlare a lungo con Ugo Nicosia, sommelier e docente in una scuola per aspiranti a diventarlo, che si occupa delle relazioni esterne e delle comunicazioni dell’azienda. I terrazzamenti dei vigneti vanno dai 450 ai 720 metri di altezza. Dieci ettari di vigneti controllati con contratto d’affitto ventennale, di cui sette vitati in un unico corpo nella contrada di Salice con una vigna mista di viti a bacca bianca e rossa alcune centenarie e a piede franco, che nel 2021 ha dato luogo a un vino tirato in 2000 esemplari chiamato Pinin che siamo riusciti ad assaggiare come ultimo vino del pranzo offerto dall’azienda dal proprio wine bar nel centro di Milo, un vino sorprendente, elegante e in sottrazione che ci ha proiettato direttamente in Piemonte (del resto a poco meno di 300 chilometri di distanza da qui, fu detto “O si fa l’Italia, o si muore”).

Gli ulteriori tre ettari si trovano nelle contrade di Rinazzo, Praino, Volpare, aggiunte nella produzione vinicola nel 2024. Oltre al Carricante che per il 95% tipicizza il suolo di Milo, dicevamo si coltivano anche i vitigni a bacca rossa di Nerello Mascalese per il 90% e una grande terrazza di Nerello Cappuccio impiantata separatamente e che si decide di anno in anno se inserire nell’Etna Rosso doc oppure no. La produzione è di 45.000 bottiglie annue per sei etichette. Iuppa produce anche un metodo classico, che esegue 48 mesi di riposo sui lieviti (anche questo testato a pranzo, Piccolot 2019 un Blanc de Noirs da Nerello Mascalese molto interessante per le sue note gessose, citrine e con una lunghezza imperniata su sensazioni di ciliegia).

L’azienda è seguita dell’enologo Federico Curtaz ed è certificata biologica. Nella prossima primavera si conta di iniziare con l’attività di enoturismo a Salice, dove è stata costruita una struttura d’accoglienza. Al suo interno troviamo un palmento di fine ottocento che ha impiegato tre anni per essere consolidato in maniera antisismica, una cantina, e sei suite destinate al pubblico. Le abbiamo visitate in fase di costruzione e possiamo testimoniare che l’affaccio è mozzafiato, in qualunque stanza si scelga di domiciliare.

Il Lavi è il bianco base, con Carricante al 90% e saldo di Catarratto, che trascorre tra gli 8 e i 10 mesi in acciaio.

È prodotto anche il Lindo, che menziona la contrada Salice, differente per vinificazione per l’impiego anche di tonneau, e interamente a base di Carricante (sempre a pranzo abbiamo provato il 2022 e il 2019, vini complessi, morbidi, eleganti, dove l’elemento idrocarburo è ancora più marcato rispetto al Lavi, e con il secondo in pienezza evolutiva con piacevoli note di miele e candito d’agrume).

Olfatto elegante, iodato, minerale, con cenni di pietra focaia, idrocarburo e ricordi di canfora, agrumato di pompelmo giallo, e con la presenza di erbe aromatiche.

Al palato ritornano le note di erbe aromatiche alle quali si aggiungono alcune vegetali, in un vino tagliente e di grande consistenza e persistenza minerale.

Etna Bianco 2021 Tenuta della Dainara (12.5%) – Cantoneri 

Nasce nel 2020 grazie ad Alberto Assennato che seguita il lavoro di famiglia proprietaria di questo antico vigneto posto a 650 metri. Siamo nel versante Nord a Solicchiata, frazione di Castiglione di Sicilia, in contrada Pontale Palino, con poco più di 10 ettari e una produzione annua di circa 13.000 bottiglie.

Il vino vinifica in acciaio per 5 mesi più un riposo in bottiglia per almeno altri 24 mesi.

Bouquet complesso, di bergamotto, idrocarburo, di fiori essiccati, e poi decisele suggestioni di erbe aromatiche, ma senza che ci siano delle supremazie, tutti aromi nitidi e in armonia tra di loro.

Al palato risulta molto morbido ed armonico, con trama elegante e un finale lungo e persistente di toni mielati.

Nota a margine: in piazza era presente il produttore con un suo banchetto e gentilmente ci ha proposto la versione 2020, la prima dell’azienda che abbiamo apprezzato (ma il fascino della 2021 ci è sembrato superiore) e soprattutto un Orange 2022, veramente ben eseguito, senza asperità e ruvidità tanniche al palato, anzi succoso e polposo con note di piccola bacca rossa, come lampone, fragolina di bosco e ribes rosso, per una piacevole beva affatto banale.

Il giorno seguente è stato il momento degli Etna Rosso con una degustazione dal titolo Viaggio attraverso le tante sfumature del territorio etneo con i suoi vini rossi. Prima di introdurre le otto espressioni, Federico Latteri ci ha spiegato che la tendenza attuale nella produzione dell’Etna Rosso è quella d’usare botti, piccole o grandi che siano, usate (anche molto) in modo tale da essere poco invasive, e assecondare il vino lasciando spazio all’eleganza minerale di cui è portatore.

Etna Rosso 2022Az. Agricola Irene Badalà

Nella contrada di Santo Spirito, presso Passopisciaro, a circa 700 metri di quota nel versante Nord dell’Etna ideale per i vini rossi, l’azienda di Irene Badalà sorge nel 2003, proseguendo la storia di famiglia iniziata a metà ottocento. Gli ettari vitati, un po’ ad alberello ed un po’  (quelli nuovi) spalliera, sono 3 per l’ottenimento di circa 7.000 bottiglie l’anno. L’Etna Rosso proposto è un Nerello Mascalese in purezza che trascorre 10 mesi in tonneau usati, perlomeno terzo passaggio.

Frutto scuro quale mora di rovo, una sensazione di vinosità, note floreali, sentori agrumati e alcune spezie.

Al palato torna la frutta rossa, le spezie, e un tannino evidente ma levigato, e una nota alcolica legata all’annata calda che tuttavia non disturba regalando morbidezza.

Etna Rosso 2022 deAetna – Terra Costantino

Ci spostiamo nel versante Sud-Est, in contrada Blandano a Viagrande dove il progetto aziendale nasce nel 1978 su vigneti tra i 450 e i 550 metri di altezza. Oggi Terra Cosstantino è condotta da Fabio Costantino assieme al papà Dino, che abbiamo avuto modo di conoscere visitando l’azienda. Il vino è Nerello Mascalese al 90% con il restante 10% di Nerello Cappuccio che effettua maturazione parte in acciaio e altra in tonneau.

Note di frutta rossa, alcune spezie morbide, fresco e minerale con un olfatto disteso che non ha quella maturità attesa dall’annata calda, e con una lieve percezione ematica e ferrosa.

Il sorso è teso, in un vino garbato, dal tannino presente e un pochino mordace, con un finale abbastanza persistente dove emergono note di macchia mediterranea vicine al mirto.

Etna Rosso 2021 José Maria – Vita Nova

Torniamo nel versante Nord, nella contrada più grande etnea di Feudo di Mezzo, a circa 650 metri di altezza, in un’azienda che ufficialmente nasce nel 2018 grazie a Marco Giachino che decide di cambiare lavoro e dedicarsi alla vigna appartenuta al nonno Peppino.

Il nome di José Maria, è invece una dedica che Marco fa ai suoi genitori. Il vino è un Nerello Mascalese in purezza che permane un anno in barrique usate.

Olfatto austero e importante, con note di fiori secchi scuri, e di frutta ben matura, come la ciliegia e la prugna secca, infine dei sentori legati al legno.

Al palato ha una buona consistenza, armonico, con ritorni di frutta matura e un sorso coerente basato sulla sua continuità.

Etna Rosso 2021 ElloNero – Battiato

Eccoci arrivati al versante Est a Santa Venerina città che ospita la manifestazione, in località Fossa Gelata, di fronte al mare in una zona più fredda. L’azienda nasce nel 2014 grazie a Filadelfio Battiato che assieme ai figli restaurano un vigneto antico dell’ottocento, situato a 450 metri di altezza, di circa 1.3 ettari dal quale fuoriesce una produzione aneddotica pari a 3.300 bottiglie l’anno. È un Nerello Mascalese in purezza che fermenta con i lieviti indigeni e che non subisce filtrazioni e chiarifiche, e vinifica in tonneau o barrique usate a seconda dell’annata.

La percezione iniziale è inaspettata, quasi boisé, con successive note di fragolina selvatica molto intriganti, e anche di confettura di frutta di bosco, per proseguire con del floreale secco e un fruttato maturo.

Il sorso è sottile, con una buona acidità, minerale e salmastro, con tannini compatti che legano l’insieme e di ottima persistenza.

Etna Rosso 2021 Lahar – Pietrardita

Siamo a Biancavilla, nel versante Sud-Ovest, zona particolare perchè non guarda verso il mare a differenza di quella Sud-Est, in contrada Purgatorio che non è ancora tra le 133 ufficiali, a 840 metri di quota. È un vino di vigna, datata tra i 70 e gli 80 anni, e si compone di Nerello Mascalese per il 90%, Nerello Cappuccio per il 5%, e il restante 5% di uve bianche lì presenti, che vinifica in acciaio.

Percezioni di frutta matura e di agrume come arancia tarocco e sanguinella, seguite da note di fiori secchi e spezie dolci.

Al palato è dritto, fresco, morbido e succoso, lieve ed elegante, con tannino florido ma che non sacrifica la beva, con ritorni di agrume dolce e dotato di una buona persistenza.

Etna rosso 2021 – Vini Cannavò

Nel versante Nord, in contrada Porcaria una di quelle non ancora ufficiali, sottozona della vasta Feudo di Mezzo, dal 2003 esiste questa cantina per volontà di Lucio Cannavò, con vigneti posti a 750 metri di altitudine.

Il vino è a base di Nerello Mascalese per il 90% e di Nerello Cappuccio per il restante 10%, affinato per 18 mesi in barrique usate, oltre a svariati mesi di permanenza in acciaio.

Connotato sulla frutta rossa, il vino presenta un inizio di evoluzione con una percepibile nota alcolica, difatti le ciliegie e gli altri piccoli frutti a bacca rossa rilevati in suggestione, sono sotto spirito.

Al palato torna l’alcolicità affiancata da freschezza, e una grande presenza dominante dei tannini, sia i propri che quelli gallici dovuti al legno adoperato. Federico suggeriva di tenere a mente l’ipotetica funzionalità vino di questo (e altri) nella mansione di abbinamento col cibo e non per una fruizione tout court.

Etna Rosso 2020 Tenuta San Michele – Murgo

La cantina Murgo affonda le sue radici al 1860 e si trova a Santa Venerina nel versante Est etneo con vigneti posti 500 metri. Dei 60 ettari vitati in possesso, 15 sono nella Tenuta San Michele. La notorietà di Murgo è strettamente correlata alla produzione di vini spumanti, tuttavia coltiva anche del Nerello Mascalese che effettua ben 24 mesi di permanenza in tonneau usate.

L’olfatto è caratterizzato dalla frutta e dalle spezie, più la mineralità della roccia vulcanica.

Sobrio nel sorso, lieve e che non vuole essere opulento, declinato sulla freschezza, con tannino gentile e buona persistenza.

Etna Rosso 2018 Fílici – Nicola Gumina

Per finire si torna sul versante Nord, in un’azienda fondata nell’anno 2000 dall’enologo e agronomo Nicola Gumina, e situata in contrada Piano Filici a Castiglione di Sicilia, con 4 ettari di vigneto a 750 metri su una dagala risparmaiata dalle colate laviche del 1911 e 1923. La produzione annuale è di circa 20.000 bottiglie.

Il vino proviene interamente da antichi cloni di Nerello Mascalese prefillossera che sono stati reinnestati. L’annata 2018 è una delle più difficili della storia del vino dell’Etna, pertanto la prova suscita interesse, e il vino trascorre 24 mesi in tonneau usati, più affinamento in bottiglia.

Un bouquet variopinto che spazia dai fiori secchi alla piccola frutta rossa come la ciliegia marasca, ma il vino non si priva anche di sentori di sottobosco, di humus, di erbe aromatiche, di agrume come l’arancia sanguinella, di spezie che ci rammentano il cardamomo e il coriandolo, e per finire di una sensazione ferrosa.

Al palato è snello ma integro, dotato ancora di freschezza, robusto nei tannini, e con una nota finale minerale e balsamica mentolata. Per essere il frutto di un’annata infelice c’è da gioire.

In conclusione, le due degustazioni avute, pur riferendosi a realtà non ancora sotto i riflettori (o perlomeno non tutte), dirimono chi non ha piena consapevolezza che la qualità dei vini dell’Etna è intrinseca a quella delle sue uve che attingono a un suolo super avvantaggiato, e di un plus nell’estrema pluralità delle sue espressioni, pur mantenendo sempre una cifra stilistica comune legata alla mineralità lavica, omaggio del vulcano.

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Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.

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