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Krug – A Julie Cavil l’onere e l’onore di comporre la Grande Cuvée 168

Intendiamoci: lei non è certo una novellina. Julie Cavil era già in maison dal 2006, con ruoli e responsabilità in continua e strameritata crescita. Ma è intrigante e significativo che a scegliere (come pochi ancora) di avere al comando delle operazioni “una” chef de cave sia ora uno dei blasoni di Champagne più gloriosi in assoluto, e insieme meno immediatamente “femminili”.

Julie Cavil

Non per colpa sua, per carità; ma per “storia” di collocazione elitaria e di consumi, che per cose come il Clos du Mesnil – peraltro primo “appannaggio” esecutivo ad alto livello di Julie in casa Krug – fino a qualche lustro fa erano quasi iniziatici, e paragonabili, per certi versi, persino al passaggio del Porto a fine pasto sulle tavole anglosassoni d’un certo tipo. Anche se poi, quasi per ironia della sorte, era stata Jeanne Krug, moglie del fondatore Joseph, allora prigioniero di guerra in Germania, a varare la produzione targata con il millesimo 1915.
A Julie, che succede all’arcinoto Èric Label, è toccato dunque – è il caso di dire – l’onere e l’onore di comporre la prima Grande Cuvée della sua nuova fase apicale di carriera: quella che porta il numero d’ordine 168.

Grande Cuvée 168

La filosofia che sta dietro questo autentico mosaico compositivo (in questa edizione i componenti sono addirittura 198, con il 42% di vini di riserva e 11 annate diverse dentro, con la ’96 come capostipite e la 2012 come ultima, “novella” e fondante) è ben nota: fare sempre il massimo per gratificare col miglior Champagne – scusate: il miglior Krug… – materialmente fattibile chi lo acquista e lo stappa.

Ma è anche vero che la gratificazione, il suo concetto, la sua modalità, assumono nuance diverse secondo periodo, tendenze, orientamenti geopolitici del mercato.

E allora: meglio guardare laicamente “dentro” il calice (la flute è strumento ormai abiurato) e scoprire come si comporta, dopo sei anni sui lieviti e adeguato riposo in vetro, il rampollo della nuova “signora” in carica.

Con dentro il 35% di Chardonnnay, il 13% di Meunier e un significativo 52% di Pinot Noir, la 168 si presenta come una edizione molto classica (nel senso originario) della Grande Cuvée. Note fondenti e scure, prima che chiare. Frutta secca, sensazioni leggermente fumé, che poi imbiondiscono di sentori di lievitati, di pasticceria delicata. Ma la bocca ribalta carte e tavolo: energica, grande, eppure vibrante; complessa, ma ben tesa e allungata, estende in profondità il senso di opulenza e insieme di ossatura importante trasmesso dal primo investigare olfattivo. A tirare elastico e volata è però un finale sapido, e persino mediterraneo nelle sfumature agrumate che si lascia dietro.
Vino senza destinazione d’obbligo (tavola o gusto puro, a piacere), ha però in sé i germi di un’evoluzione “circolare”, che lo porterà a un abbraccio ampio ed ecumenico verso svariate opzioni gastronomiche.

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