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Il piede franco in Sardegna. Ne parliamo in una videointervista a Renato Mereu

Il nome Mereu è ricordato per essere citato da Mario Soldati nel libro Vino al Vino. Ed infatti Mario Mereu, poco tempo dopo il suo rapimento (datato  dicembre 1970) fu intervistato dal regista che descrisse l’Ogliastra anche grazie alle sue parole. Questo ci racconta il figlio di Mario, Renato Mereu, classe 1939 ed una laurea in Agraria conseguita a Firenze. Nel 1971 Renato impiantò le viti (tutto Cannonau) a piede franco nella azienda di famiglia. Ora il figlio di Renato che ha lo stesso nome del nonno paterno e materno (Mario) ha preso in mano le redini dell’azienda Tenute Perda Rubia, riprendendo dall’annata 2015 la produzione del vini, interrotta nel 2011 a causa di un terribile incendio doloso che ha interessato la gran parte delle vigne.

“A causa dell’incendio abbiamo perso tutte le vigne a piede americano, le radici americane si sono salvate ma reinnestarle sarebbe stato costoso e non avrebbe avuto senso. Le viti a piede franco invece, mantenendo salve le radici, ci hanno messo tempo ma si sono riprese”. Queste le parole di Renato Mereu, che è un vero e proprio guru del piede franco.

Ma parliamo un attimo di storia dell’azienda. Riportiamo quanto contenuto sul sito internet di Tenute Perda Rubia:

Perda Rubia nasce nel lontano 1949 da un’idea del comm. Mario Mereu che, tra i primi in Sardegna, intuisce le potenzialità del tradizionale vitigno Cannonau, coltivato nel territorio dell’Ogliastra fin dai tempi remoti. Il vino Perda Rubia, prodotto nella storica cantina di Cardedu, sia con uve proprie, sia con uve apportate dai contadini locali, si fa rapidamente apprezzare anche al di fuori dei confini dell’isola, conquistando la ribalta internazionale.

Renato Mereu, figlio di Mario, porta avanti l’attività di famiglia, impiantando nel 1971 nuovi vigneti con l’applicazione di una serie di innovazioni tecniche di coltivazione che costituiranno da allora il marchio di fabbrica aziendale. Il Perda Rubia, infatti, unico nel suo genere, è ora prodotto “in purezza” da monovitigno Cannonau su “piede franco”, dunque non innestato su vite americana.

Nel 2014 il testimone passa alla terza generazione della famiglia Mereu, che dà avvio ad un’importante opera di rinnovamento e rilancio introducendo la nuova etichetta Naniha, con l’obiettivo di presentare il Cannonau “in purezza” sui nuovi mercati internazionali, pur nel rispetto dei tradizionali metodi di lavorazione, tramandati nel corso della settantennale attività.

Oggi l’azienda dispone di circa 600 ettari di superficie, tutti condotti in biologico, di cui 20 ettari destinati a vigneto e la restante parte alle attività di olivicoltura, selvicoltura e coltivazione dei cereali antichi.

Il logo aziendale, presente in tutti i prodotti, è l’evoluzione della storica etichetta del vino Perda Rubia che, rielaborata e stilizzata, richiama il disegno di un antico tessuto sardo, di proprietà di famiglia da lungo tempo.”

Abbiamo fatto a Renato Mereu ed al figlio una video-intervista che vogliamo mettere a disposizione dei lettori:

Interessante la visita delle vigne anche se visivamente a parità di età non è possibile distinguere il piede franco dal piede americano.

Veniamo all’assaggio dei vini:

Cannonau di Sardegna Naniha 2015 e 2016 – Tenute Perda Rubia: due annate a confronto. La 2015 caratterizzata da struttura e carattere con note speziate e di frutti di bosco in evidenza e lungo finale di macchia mediterranea. La 2016 gioca invece le sue carte sulla scorrevolezza e dinamicità del sorso ed appare succosa, sapida e di grande bevibilità. Due gran bei vini, con il primo adatto ad abbinamenti più impegnativi del secondo.

 

 

 

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Scritto da

Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.

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