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I nuovi Biondi Santi: Brunello in magnum e un Rosso che sa di “ritorno al futuro”

La diversità del ’15 e la nuova “regola” del ‘17
E tutta la mappa dei “lavori in corso” al Greppo

La faccia affabile e austera del blasone in fondo è sempre quella: l’indimenticato e indimenticabile profilo di Franco Biondi Santi (e, dietro di lui, come in certe gallerie di grandi residenze d’un tempo, i ritratti di chi, nella genealogia della casa e dell’azienda, lo ha preceduto).

Federico Radi

Quella odierna, attualissima e fresca, ma poi caparbiamente attaccata alle radici – le più vere, quelle della pianta chiamata vitis vinifera – appartiene invece a Federico Radi, il giovane enologo (ma anche agronomo e uomo di campo: ed è fondamentale) scelto dalla EPI e dal suo a.d. Giampiero Bertolini per traghettare nel futuro uno dei nomi più consolidati e prestigiosi del firmamento italiano – e mondiale – del vino.
Eccoli dunque in tandem presentare le nuove uscite.

Bertolini

Giampiero Bertolini

Il Rosso 2017, opera prima per intero di Radi, e dunque trepidante debutto in solitaria per lui e intrigantissimo test per chi lo assaggia: e il Brunello 2015: deviazione che ribadisce, eccezione che conferma la regola, come scopriremo fra poco.


Intanto, la prima novità: di questa edizione del Brunello per la prima volta nella storia aziendale verranno prodotti anche i grandi formati (magnum per ora, mentre le 3 e 6 litri debutteranno con la Riserva 2013). Qualcuno in proposito ricorderà che a restare fedeli al solo 0,750 e avulse – salvo un paio di irripetute ed eccezionalissime deroghe – da ogni altra pratica sono state pressoché solo due case vinicole nazionali, accomunate entrambe da un’aura di semi-leggenda e da una gestione familiare trasmessasi lungo un corso plurigenerazionale: Biondi Santi, appunto, e Valentini. Ora dunque resterà solo la seconda…


Nella fattispecie, però, la coincidenza della scelta fatta al Greppo sembra confortata da un’indubbia coincidenza di opportunità. Perché a questo 2015 – e ci perdonerete se per una volta cominceremo a raccontare i vini dal fondo, dal Brunello e non dal Rosso come di solito si fa – i doppi formati in prospettiva staranno addosso benissimo.
Figlio di un’annata “madre” di cui si sa tutto – calda ma non assassina, anche perché preceduta da un inverno freddo e generoso d’acqua, millesimo felice dunque a Montalcino su più lati della piramide vitata e gestito con abilità media in sempre più evidente crescita da parte degli attori/produttori.

E dunque, ecco il carattere estroverso, l’approccio in spinta, tra entusiasmo e ambizione rafforzate dal grado alcolico più alto mai segnato da un Brunello prodotto qui; e molto meno presente e appariscente invece quel ritegno, quel bisogno di tempo e di corteggiamento, quella un po’ testarda neghittosità (splendido fustagno da vera aristocrazia di campagna, appunto) a concedersi subito che è la marca di sempre del Biondi Santi.

Il ’15 mixa invece alla ciliegia i frutti più scuri e le spezie, si apre a onda sul palato, è caldo, e parla da subito ad alta voce. Considerando la partenza sprint (se rapportata alle abitudini e le tipologie di qui) ecco che la composta frenata della magnum si candida a graduarne il potenziale in prospettiva nel modo probabilmente più giusto.
Tutt’altra storia il Rosso ’17, apologia della grazia tanto più a perché rampollo di un’annata (al contrario della ’15) senza sconti. Vendemmia forzatamente precoce (l’11 settembre), sofferenza dei vigneti in varie zone, specie quelle coi suoli più argillosi, ma non in tutte, per fortuna. E alla fine, grazie a scelte accorte e preveggenti (e alla dislocazione varia delle vigne di casa) il calo di produzione si è limitato al 10% o poco sotto, lo stress è stato mantenuto a livelli accettabili e la freschezza di beva (l’obiettivo primario che ci si era come sempre qui dati) è centrata appieno. Ecco allora i frutti chiari qui, note di fiori spontanei appena addolcite da una nuance di tabacco, l’eleganza aerea dei tannini, il finale appena speziato per una beva da sorriso senza sbavature o eccessi. Non c’è (né poteva esserci) il nerbo più spesso di annate più profonde. Ma il risultato è davvero esemplare. Ed è in fondo un magnifico trailer di quel che, di qui in avanti, ci si può aspettare dal nuovo corso della casa.
Dove intanto si lavora, e tanto, soprattutto in vigna. Con l’acquisizione di nuove parcelle a Vitanza, zona San Polo e San Polino, dove il Sangiovese è impiantato su un suolo scistoso, in primis.

E investendo – come ha ricordato Bertolini – il 28% del fatturato in piani di miglioramento. Confortati peraltro dal mercato, che ha regalato in totale controtendenza a Biondi Santi un più 7% di revenues proprio nell’anno orribile che sappiamo. Qui intanto si lancia un programma di scannerizzazione dei vigneti, con tecniche e macchine innovative, per misurarne attitudini, resistenze e resilienze nelle varie circostanze, condizioni e annate, con 32 punti chiave sotto osservazione profonda.

I cui risultati dovrebbero portare a innovare anche il metodo unico sin qui seguito per la scelta dei vinificati eleggibili a Riserva, Brunello e Rosso rispettivamente, e che era basato tout court sull’età delle vigne di provenienza. Mentre il futuro punta, grazie alle analisi e al lavoro in corso, a integrarne il dato primario con quelli complessi e “puntuali” sulla capacità effettiva di qualità di ogni singola parcella in relazione alle condizioni d’annata.

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