Giuseppe Vezzoli, storico produttore di Franciacorta, non si accontenta dei risultati raggiunti; è sempre alla ricerca di nuove sfide con una formidabile sensibilità verso il territorio e la sostenibilità ambientale.
Già nel 2008 per primo iniziò la produzione dei suoi Franciacorta utilizzando il metodo “SoloUva” codificato dall’enologo Nico Danesi. Il tutto nasce da una riflessione: in Franciacorta il particolare microclima rende le uve ricche di zuccheri e con un grado alcolico potenziale superiore a quello che si considera ottimale per le basi spumanti. Da qui due possibilità: raccogliere le uve acerbe per contenere il contenuto zuccherino oppure raccoglierle ad un giusto stadio di maturazione, che tra l’altro conferisce consistenza e profumo, e non aggiungere zuccheri in fase di tiraggio e di sboccatura.
La scelta per Giuseppe è stata semplice. Produrre un vino che avesse nel suo più profondo un forte legame con il territorio di provenienza senza interferenze esogene.
Quindi aggiunta di mosto, anziché zucchero di canna, in fase di tiraggio e sboccatura.
Una nuova sfida si presenta oggi con il progetto Cu-Free ovvero coltivazione della vite senza rame. Anche in questo caso si parte dall’osservazione di come il rame usato in viticoltura sia comunque un metallo pesante che inquina i terreni compromettendo la sostenibilità futura. Il rame ha effettivamente un’importante azione fungicida e batteriostatica ma non può essere distrutto o disgregato continuando così ad accumularsi nel terreno. Inoltre, il rame produce un’azione tossica non solo nei confronti dei microrganismi presenti nel terreno ma anche rispetto ai lieviti responsabili della fermentazione alcolica. L’uso del rame inoltre impatta anche sulla quantità dei trattamenti necessari per una corretta copertura del vigneto e dunque sull’inquinamento indiretto e sul compattamento del terreno.
Da qui una scelta di non usarlo e di sostituirlo con moderne molecole dall’elevata decomponibilità chimico-fisica e biologica. Una scelta non facile, che presta il fianco a possibili critiche da parte dei sostenitori del biologico contrari all’utilizzo di molecole di sintesi. Ma, secondo Vezzoli, una decisione ponderata che va nel senso della maggior sostenibilità a livello globale.
A sancire tutto questo, una novità apparirà sulle bottiglie di Vezzoli. Una nuova veste grafica delle etichette.
Sempre in linea con lo stile delle precedenti, il nuovo layout le ha rese più contemporanee ed eleganti nella forma e nei simboli.
Abbiamo degustato il classico Vezzoli Franciacorta DOCG Brut SA, uve Chardonnay in purezza per almeno 20 mesi sui lieviti. Fine nei profumi che riportano alla frutta a polpa bianca e all’agrume. Cremoso in bocca, di buon equilibrio e giustamente sapido.
Ancora Chardonnay in purezza per il Vezzoli Franciacorta DOCG Saten Brut il cui vino base conclude la fermentazione in legno. Elegantissimo e sottile in bocca, al naso resta leggermente contratto data la recente sboccatura.
Dal luminoso color cipria, il Vezzoli Franciacorta DOCG Rosé Brut è prodotto con uve Pinot Nero. La veloce macerazione sulle bucce apporta piacevoli sentori floreali e di frutta rossa croccante. Pieno e fresco al sorso, chiude con un piacevole accenno ammandorlato.
Chardonnay e Pinot Nero in parti uguali per il Vezzoli Franciacorta DOCG Dosage Zero che riposa sui lieviti per almeno 36 mesi. Un vino corposo e ben strutturato che al naso rivela note di lievito e di agrume. Complesso e cremoso in bocca, di grande bevibilità, chiude con un ricordo di mallo di noce.
Annata 2015 per il Vezzoli Franciacorta DOCG Brut Millesimato realizzato da uve Chardonnay per il 95% e Pinot Nero per la restante parte. 36 mesi sui lieviti. Note di agrume, mandarino, si alternano a sbuffi iodati. Diritto al palato, piacevolmente sapido, risulta in equilibrio tra succosa morbidezza e freschezza.
Almeno 4 anni sui lieviti per il Vezzoli Franciacorta DOCG Vendemmia Zero Pas Dosé che deve il suo nome al metodo di produzione che prevede che alla vasca madre, “Vendemmia Zero”, sia aggiunta una parte del vino millesimo di ogni nuova annata, una sorta di metodo Solera. Naso ricco e maturo, bocca piena, dalla lunga persistenza e dalla gustosa freschezza.
Dopo una trentennale brillante carriera in ambito amministrativo finanziario all’interno di un noto gruppo multinazionale, dal maggio 2018 si dedica totalmente al mondo del vino del quale è appassionato partecipe da oltre quindici anni. Sommelier dal 2005 e degustatore Associazione Italiana Sommelier, assaggiatore di formaggi ONAF, assaggiatore di grappe e acqueviti ANAG e degustatore professionista di birre ADB, è relatore in enologia nei corsi per sommelier. È stato responsabile redazionale del sito internet della delegazione AIS di Milano e ha collaborato alla stesura delle guide Vitae e Viniplus. È redattore per la rivista Viniplus di Lombardia, per la quale cura due rubriche, è inoltre autore per la rivista Barolo & Co e per le testate on-line vinodabere.it, e aislombardia.it.
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