È una delle aziende più antiche delle Langhe, nata quasi per caso nel 1858 a causa della “fuitina” del re che unificò l’Italia, Vittorio Emanuele II, con Rosa Vercellana, la “Bela Rosin” che in seguito avrebbe anche sposato in seconde nozze (morganatiche). In quell’anno il re la nominò Contessa e acquistò per lei la tenuta di Fontanafredda, nei pressi di Castiglione Falletto e Serralunga d’Alba.
La tenuta attraversò varie vicissitudini: dal grande innovatore Emanuele Alberto di Mirafiori, figlio del re e di Rosa, uno dei pionieri del Barolo, che già vent’anni dopo gestiva ben 300 ettari di vigna coltivati da operai specializzati (una rarità all’epoca); al figlio Gastone, che negli anni Trenta del Novecento, complice la fillossera e la crisi di Wall Street, andò in bancarotta e fu costretto a cedere il marchio (“Casa E. di Mirafiore”) ai Gancia e la cantina, che nel frattempo si era espansa a tal punto che disponeva di duecento dipendenti (con 40 famiglie che vivevano nella tenuta), al Monte dei Paschi di Siena.
“E tutto sommato la banca ha gestito bene l’azienda, per quasi ottant’anni”, è il giudizio di chi l’ha rilevata nel 2007, riportandola in mani piemontesi: Andrea Farinetti, figlio di Oscar, stesso timbro di voce e stessa brillantezza sciolta del padre, ripercorre la storia di Fontanafredda prima di dare il via a una verticale “storica” della Riserva aziendale di Barolo, in occasione del 160° compleanno, organizzata nell’ambito delle Master Class dell’ultimo Merano Wine Festival.
Assieme a lui, ha condotto la degustazione l’enologo aziendale Giorgio Lavagna (che però non ha lavorato su nessuno dei vini presenti nell’occasione). “Fino agli anni Novanta – ha detto Lavagna – l’azienda produceva Barolo molto classici, poi, con l’affermazione travolgente della tecnologia moderna e delle barriques, i vini sono cambiati e si sono anche un po’ appiattiti. Oggi il nostro approccio coi legni è laico, usiamo sia barriques che botti grandi”. Con una postilla interessante: secondo Lavagna “non esiste il Barolo classico e il Barolo moderno, tutto dipende dal territorio, dalla zona di provenienza delle uve e dalla loro maturazione”.
Oggi Fontanafredda è un colosso da cento ettari di vigna e 8,5 milioni di bottiglie all’anno, di cui 780 mila di Barolo (il 6% dell’intera Docg). Con un export che ormai supera la metà delle vendite e un fatturato che si attesta sui 60 milioni di euro. Da quest’anno l’intera produzione è biologica certificata; per la fermentazione si utilizzano (dal 2010) lieviti indigeni e contenitori in cemento, come accadeva fino a trent’anni fa.
Ma ecco le mie impressioni sulla degustazione della Riserva di Barolo (che di solito utilizza le uve di vari cru tra cui Lazzarito, La Villa, La Rosa, La Delizia), precedute dalla valutazione dell’annata da parte di Lavagna.
LA VERTICALE
Barolo Riserva Docg 2010 – Fontanafredda.
“Grande annata, classica, abbastanza fresca, buona acidità e bel tannino tosto”.
Naso gentile, nota balsamica, quasi mentolata, terroso e molto floreale; pieno e succoso in bocca, tonico, bella progressione, profondità gustativa, sapido, fruttato e dal tannino equilibrato. Non la migliore bottiglia della giornata, ma di certo sul podio. 93
Barolo Riserva Docg 2000 – Fontanafredda.
“Molto diversa dalla precedente, calda, con i cambiamenti climatici ci sono più annate grandi ma anche più problemi nella fase di maturazione delle uve, diventa più difficile incrociare la maturazione zuccherina e quella fenolica”.
Olfatto lievemente fruttato, rosolio, alloro; il frutto al palato è maturo, i tannini dolcissimi (ricordano quasi più un Merlot che un Nebbiolo) e un po’ sabbiosi, suadente ma non molto contrastato. Persistenza media. Col passare dei minuti tende a irrigidirsi. 86
Barolo Riserva Docg 1999 – Fontanafredda.
“Annata calda ma con più acidità della precedente. Si sentono già i terziari, all’olfatto è speziato, animale, un po’ selvatico”.
Profumi balsamici, simili alla 2010, con una decisa nota di liquirizia, cuoio, tabacco e radici. Sorso fresco e reattivo, che tende a perdere un po’ di integrità a contatto con l’aria, però ha una bella dinamica al palato, acidità quasi straripante, lungo finale agrumato. 89
Barolo Riserva Docg 1998 – Fontanafredda.
“Prima di quattro annate bellissime, 98-99-00-01. Qui le caratteristiche sono diverse, fu più fresca, ha ancora più acidità della 1999 ed è meno evoluta, simile alla 1996 che vedremo”.
Naso silvestre e speziato, prugna, porcini secchi; la beva è splendida, è il suo momento, ha grande allungo e tensione gustativa, è ricco di frutto, tonico. E migliora stando nel bicchiere.92
Barolo Riserva Docg 1996 – Fontanafredda.
“Tanto colore, tanta acidità, tanto tannino. Per me è un po’ come Peter Pan, rimarrà sempre così, dieci anni fa era uguale ad ora, è incredibile. Annata unica, poca quantità ma avrà lunga vita”.
Molto espressivo all’olfatto, spezie (cannella, chiodi di garofano), tabacco, scia minerale ed eterea. In bocca è quasi monumentale, puro, il tannino è ancora giovane, succoso, sapido, quasi piccante, con una buona corrispondenza retro-olfattiva nella lunghissima chiusura. 96
Barolo Riserva Docg 1982 – Fontanafredda.
“Vendemmia esagerata quantitativamente e qualitativamente. Chi ha lavorato bene ha tirato fuori grandissimi vini”.
Il naso è corretto ed elegante, non molto intenso, con una traccia di piccole bacche, liquirizia e terra bagnata del sottobosco; ma è al palato la sua vera forza: equilibratissimo, dalla beva slanciata e fresca, con deliziose note di fragolina e arancia in persistenza. Una splendida trentaseienne. 95
Barolo Riserva Docg 1961 – Fontanafredda.
Qui non parla più Lavagna ma solo il bicchiere…
Giustamente terziarizzato, salmastro, con sentori di cuoio, fiori secchi e cassetto della nonna. Sorso sulle prime un po’ stanco e scomposto, toni da distillato, via via si ripulisce per un finale tutto sommato lungo e ancora vivo e fragrante. Non male per un vino di quasi 60 anni… 91
Nato nel Luglio del 1969, formazione classica, astemio fino a 14 anni. Giornalista professionista dal 2001. Cronista e poi addetto stampa nei meandri dei palazzi del potere romano, non ha ancora trovato la scritta EXIT. Nel frattempo s’innamora di vini e cibi, ma solo quelli buoni. Scrive qua e là su internet, ha degustato per le guide Vini Buoni d’Italia edita dal Touring Club, Slow Wine edita da Slow Food, I Vini d’Italia dell’Espresso, fa parte dal 2018 della giuria del concorso Grenaches du Monde. Sogna spesso di vivere in Langa (o in Toscana) per essere più vicino agli “oggetti” dei suoi desideri. Ma soprattutto, prima o poi, tornerà in Francia e ci resterà parecchi mesi…
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