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Emidio Pepe – la longevità e la finezza dei suoi Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo

Torano Nuovo, cuore delle Colline Teramane. Qui, a dieci chilometri dall’Adriatico e venti dal Gran Sasso, il vento del mare incontra le correnti fredde di montagna. È in questo equilibrio che affonda le radici una delle storie più affascinanti del vino italiano: quella di Emidio Pepe, che negli anni Sessanta decise di scommettere su due vitigni considerati “da taglio” e li trasformò in icone di longevità e finezza.

Correva il 1964 quando Emidio, appena trentenne, fondò la sua cantina. Dopo aver osservato il padre e il nonno vendere le uve a peso, lui scelse un’altra strada: imbottigliare il Montepulciano e il Trebbiano d’Abruzzo con l’idea – allora giudicata folle – che potessero reggere decenni di invecchiamento. Una visione che gli stessi compaesani, al bar, liquidavano come “costruire castelli di carte”. Pepe rispose costruendo davvero castelli, ma di bottiglie, accatastate in piramidi di vetro che oggi custodiscono più di 350 mila esemplari.

Un’azienda familiare, tre generazioni

Oggi, a distanza di sessant’anni, la cantina è il ritratto vivente di una saga familiare. Emidio e la moglie Rosa sono ancora presenti, custodi di una memoria contadina che si intreccia con l’energia delle figlie Sofia e Daniela, protagoniste della fase di consolidamento, e delle nipoti Chiara ed Elisa,  ambasciatrici nel mondo e interpreti della contemporaneità.

Il passaggio generazionale non è mai stato un taglio netto, ma un fluire naturale. Sofia ha affiancato il padre per oltre dieci vendemmie, imparando in silenzio a leggere i segreti delle vasche di cemento e a gestire la delicata operazione di decantazione manuale, un rito che oggi continua. Dal 2020 Chiara ha assunto la guida della cantina, mentre Elisa gestisce l’ospitalità e l’agriturismo nella casa di famiglia.

Metodo invariato, spirito in evoluzione

La vinificazione segue ancora gesti antichi: il Trebbiano pigiato con i piedi, il Montepulciano diraspato a mano, la fermentazione in vasche di cemento vetrificato. Nessuna chiarifica, nessuna filtrazione. Solo tempo e pazienza, con una parte della produzione destinata al mercato e un’altra custodita in cantina per anni, in attesa di diventare “Riserva”.

Eppure, nonostante la fedeltà alla tradizione, l’azienda non ha mai smesso di sperimentare. Già dagli anni Duemila Sofia e Daniela hanno introdotto pratiche biodinamiche; oggi Chiara studia strategie per fronteggiare il cambiamento climatico, dal ritorno alla pergola per proteggere i grappoli, all’uso del latte per contrastare l’oidio. Nulla è imposto: ogni innovazione viene testata a piccoli passi, osservata nel tempo, e solo poi adottata su larga scala.

Dal sogno alla conquista

Una visione che andava oltre l’ovvio stato il motore di Emidio. Un fuoco che lo consumava dentro che negli anni Sessanta lo portò persino in Olanda, dove scoprì che un’azienda agricola può essere autosufficiente se lavora con metodo. Fu quello il punto di non ritorno: niente più uve vendute a peso, solo vino da imbottigliare.

Testardo, visionario, capace di sfidare l’inerzia di un’intera epoca, nel 1969 partì per New York con sei bottiglie in valigia. Non conosceva l’inglese, ma in due anni riuscì a costruire una rete di vendita internazionale. Oggi i vini della famiglia Pepe raggiungono 42 Paesi, con oltre metà della produzione destinata all’estero.

Il futuro nel segno della complessità

Camminando tra le vigne di Torano Nuovo, colpisce la varietà degli impianti, il gioco di equilibri tra tendone e filare, le vigne ultra sessantenni accanto ai reimpianti selezionati manualmente. Un mosaico che riflette la filosofia Pepe: la complessità come valore, la fedeltà al territorio come bussola.

«Ha portato nel mondo la grandezza di un vitigno», racconta l’agronomo Adriano Zago, che ha seguito la famiglia nell’ultimo passaggio generazionale. «Ha saputo farlo da solo, con energia, vitalità e una cura maniacale dei dettagli. Oggi la sua eredità è la capacità di ascoltare il vino in ogni singola situazione».

Sessant’anni dopo quella prima vendemmia, la cantina Emidio Pepe è molto più di un’azienda: è un laboratorio di resistenza, un esempio di come la tenacia di un uomo e il lavoro corale di una famiglia possano cambiare il destino di un territorio. Quel “sacro fuoco” non si è mai spento: vive oggi nelle mani di tre generazioni che continuano a custodire e reinventare un patrimonio unico, bottiglia dopo bottiglia.

Trebbiano d’Abruzzo 2022

Un giallo paglierino che sfuma verso l’oro, con riflessi luminosi. Al naso colpisce subito per la sua intensità: una leggera sfumatura ossidativa che si intreccia con erbe officinali e agrumi freschi, in particolare cedro, poi ginepro, sentori di sottobosco e una mela matura. In bocca è pieno e succoso, con una trama tannica sorprendente per un bianco, una scia salina e tanta energia. Il finale è lungo, vibrante, di grande vitalità. 92/100

Trebbiano d’Abruzzo 2019

Colore dorato brillante. Il naso si apre lentamente, con delicate note di tè e camomilla, poi agrumi maturi come il pompelmo e un accenno di melone, con fresche sensazioni balsamiche di eucalipto. In bocca è avvolgente e morbido, ampio, succoso e con una leggera vena sapida che si integra alla perfezione. Il finale è pulito, elegante e persistente. 94/100

Trebbiano d’Abruzzo 2004

Un dorato intenso e limpido introduce un naso complesso: burro appena accennato, dolcezza di miele, resina e macchia mediterranea, con un tocco speziato di pepe bianco e cenni di tabacco. Al palato sorprende per nitidezza e freschezza: una vena acida brillante che sostiene una bocca succosa e vivace. Un bianco che dimostra la sua incredibile capacità di attraversare il tempo.96/100

Montepulciano d’Abruzzo 2022

Colore porpora brillante e limpido. Profuma di frutti di bosco freschi – more di rovo e mirtilli – con note di mirto, erbe di montagna e un tocco di liquirizia, inchiostro e terra umida. In bocca ha energia e freschezza, tannini ben fusi e un’acidità viva che gli dona ritmo e coerenza. Giovanissimo ma già promettente. 91/100

Montepulciano d’Abruzzo 2020

Porpora intenso, quasi impenetrabile. Il naso è ancora in fase di crescita: note iniziali di erbe officinali, tabacco e cuoio, che poi lasciano spazio a frutti scuri come more e prugne. In bocca scorre fluido, con un’acidità vibrante e un grip tannico appetitoso. Succoso, fresco, dal finale caldo e saporito che invita al sorso successivo. 93/100

Montepulciano d’Abruzzo 2000

Granato luminoso, segno dell’evoluzione. Il naso è ampio e terziario: tabacco, cuoio, ciliegia sotto spirito, spezie come cannella e chiodi di garofano, fino a sfumature ematiche e fresche. In bocca è pieno e goloso, con tannini ormai setosi e una freschezza sorprendente che bilancia il calore. Il finale è intenso, avvincente, con un retrogusto che rimane a lungo. Con il tempo nel bicchiere, si apre in un bouquet fine e affascinante. 94/100

Montepulciano d’Abruzzo 1998

Granato chiaro e limpido, di rara trasparenza. Al naso sprigiona note intriganti: canfora, fungo, cuoio, marzapane, prugna secca, chiodi di garofano e pepe nero. Al palato mostra ancora energia e vitalità, con una freschezza incisiva, tannini perfettamente integrati e una grande succosità. Finale lungo, elegante e scorrevole, da vero fuoriclasse. 95/100

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Leonardo Romanelli, fiorentino, superate nozze di diamante con la vita, ha un lavoro difficile da descrivere, visto che ne racchiude tanti: ha deciso da tempo di voler fare il moderno Anton Ego, critico gastronomico modello “Ratatouille”, seduto nelle tavole di ristoranti di tutta Italia. Da sempre si occupa anche del vino, che insegna a degustare e lo presenta in eventi pubblici, oltre ad avere insana passione per le arti, che coltiva con passione sfrenata, da quella dell'insegnamento a quella del teatro con incursioni musicali e televisive, senza scordarsi della sua vera attività, professore alla scuola alberghiera e docente in Master Universitari. Organizzatore di eventi gastronomici ad ampio raggio, come i pellegrinaggi a tema alimentare o le session di cuochi che si fanno convincere a partecipare ad eventi imperdibili, riesce, non dormendo quasi mai, ad essere scrittore curioso, cronista del gusto. Ha scelto con gioia di passare le sue giornate a tavola o in cantina, attività che volge con piacere inaudito. Ultima attività messa in ponte è quella di artista performer per eventi legati al vino, con la presenza di sue opere di riciclo creativo.

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