In arrivo il via libera ai Blanc des Blancs
E intanto, a sorpresa, in degustazione…
Sembra un po’ una edizione di “Cosa succede in città” (chi ricorda la canzone?) virata qui in “Cosa succede sul vulcano”.
Il vulcano, enologicamente parlando, più ambito e corteggiato d’Italia e dintorni, pur essendo con chi ci lavora tutt’altro che tenero, come ben si sa.
Molto di quel che succede in questa sorta di Shangri-la iscritta in quella California del mediterraneo (o continente in miniatura, se preferite) che è la Sicilia è peraltro ben noto. Enclave (senza mezzi termini: miniera di biodiversità con piede franco, vigne più che vecchie antiche o ancestrali, suoli unici, modalità di coltura, di impianto e rinnovo della vigna speciali, isola di neve nell’isola del sole col vulcano che ogni tanto ci tiene a ricordarci che non è andato in pensione e che parlare qui di viticoltura e agricoltura eroica non è la solita iperbole retorica, ma la quotidiana semplice realtà), l’Etna ha visto sbarcare – attratti dalla sfida ma anche dalla posta in gioco – produttori della “altra” Sicilia e grandi della produzione italiana, in cerca di una qualità con un marchio speciale.
Di bianchi e rossi etnei si sa, si è detto e scritto molto. Meno però dell’ultimo vagoncino (ancora poco carico, ancora fresco di vernice, pur se con anticipatori di tutto rispetto) agganciato al trenino che scala il monte: le bolle.
Per ora il disciplinare concede la Doc (che prevede il Metodo Clasico obbligatorio) solo a quellle da Nerello Mascalese. Ma l’aumento palpabile di interesse per l’Italia spumante, l’allargarsi della pratica a uve e zone davvero fino a poco fa insospettabili, non poteva non indurre a meditare anche chi, qui, ha quota, mesocllima e uva (il Carricante, con il partner eventuale Catarratto e le varie piccole e piccolissime varietà indigene ancora presenti) che è difficile, in combinazione, definire non vocati alla bisogna.
Ecco dunque aleggiare l’allargamento della targa Etna Doc anche ai … blanc des blancs delle Contrade.
Ed ecco dunque il test (alla cieca, senza sapere cosa si stesse assaggiando e perché) voluto dal Consorzio e introdotto dal direttore Maurizio Lunetta
(sorta di “Google map” vivente, poi, nel geolocalizzare la provenienza delle uve di ogni campione),
con il flessibile supporto di Gina Russo, produttrice, ma anche presidente della Strada del Vino e dei Sapori dell’Etna, e dunque anche ambasciatrice del territorio.
Sei i vini in defilé, poi svelati a fine test.
1 Etna Spumante DOC Gaudensius Blanc de Noir di Firriato. Provenienza,
Castiglione di Sicilia; e dunque Verzella, 650 metri di quota e versante nord: vigne di 35-45 anni, oltre 32 mesi sui lieviti, 6 grammi di dosaggio, e un risultato aereo e giovanile; frutta bianca ma anche susina, fiori, giusta concretezza in bocca, ma soprattutto bolla fine, bella chiusura leggera, appena amarognola (il filo rosso, è proprio il caso di dire visto il colore dell’uva, di tutti i 100% Nerello, qui peraltro molto discreto). Bolla da festa, aperitivo “accompagnato”, molto pop.
2 – Etna Spumante DOC Brut Re Befè di Al –Cantàra
Primo appoggiato ufficialmente su una sola vendemmia (la 2016), sboccatura maggio 2020 con sei mesi di vetro successivi, ancora versante nord e oltre 600 metri (ma a Randazzo stavolta, Santa Anastasia per la precisione), vigneti meno anziani (15 anni in media), dosaggio minimo (4 grammi). E carattere più stagliato, spinta e tensione poggiate su un riscontro tattile (grappolo pressato intero) intenso e bouquet assortito di fiori, ma soprattutto poi futta gialla, erbe officinali, la “grattata” tipica e il sale del suolo di lì, e la finale conferma amarognola. Molto da cibo, molto interessante.
3 – Etna Spumante DOC Blanc de Noir di Nuzzella
Ci si sposta a Piedimonte (nord-est, 550 metri, vigne trentenni, terreno lavico alluvionale, no millesimo, ma 36 mesi sui lieviti e sboccatura dichiarata ottobre 2020). La bolla è un po’ più vivace (anche la sboccatura più vicina) e le note prevalenti si instradano su due binari: da un lato l’agrume, dall’altro i fiori di camomilla, con un esito comunque mantenuto in limpida tensione dalla quasi rinuncia al dosaggio. Incisivo.
4 – Etna Spumante DOC Saxanigra 2014 della Azienda Vitivinicola Destro
Un millesimato, e di millesimo particolare. Dichiara 36 mesi almeno sui lieivti, che qui sono ben di più (sboccatura novembre 2020!). Arriva da Randazzo (nord dunque) e mescola i richiami al terreno con evidenti note minerali e prensilità tattile a una cremosità diversa dai precedenti, più avvolgente e di stoffa un tantino più spessa. Aleggiano lievi note di pasticceria, temperate dalla “vulcanicità” che riaffiora decisa in fondo di beva, ma avvolta anche (oltre che dall’apporto della lisi e della lunga sosta pre sboccatura) dagli 8 grammi di dosaggio. Una prova intrigante, da riverificare nei millesimi succesivi.
5 – Etna Spumante DOC Sosta Tre Santi Brut 2017 delle Tenute Nicosia.
Si sale, con questo millesimato a quasi 700 metri di quota; ma si viaggia verso sud-est, in contrada Monte Gorna ; il vino fa 30 mesi di lieviti, è figlio di vigne diciottenni,, e nel calice si presenta al naso leggermente (e delicatamente) nocciolato, con le note di frutta secca confermate da sentori di buccia di mandorla, poi frutta gialla (nespola) e toni appena lievitosi. La tensione è quella giusta per avallare la rinuncia al dosaggio.
6 – Mon Pit Blanc de Blancs Metodo Classico Brut delle Cantine Russo
Ed ecco dunque la (pur intuibile) sorpresa: il poulain che potrebbe essere il prototipo del nuovo pezzo di Doc. Un B. de B. targato 2016, sboccato nel 2019, versante nord-est, 700 metri quasi, contrada Crasà, 80% Carricante e 20% Catarratto, vigne quasi quarantenni, 6 grammi di zucchero, 15.000 bottiglie prodotte (contro le poco più di mille di altri esemplari presentati). E un carattere floreale e seduttivo (zagara, limone, gelsomino) completato da frutta delicata ma succosa. Il timbro al palato è asciutto il giusto, ma festoso, con note lievi di mandorla bianca, arancia bionda, buonissima lunghezza.
Verdetto? Esperimento intelligente – quello del Consorzio, non di casa Russo che non è certo al suo primo cimento – e disco assolutamente verde per la futuribile – a breve, si auspica – bolla Etna Doc in bianco.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia