“On montait chez le poète Anselme Mathieu à Châteauneuf-du-Pape, fameux par ses vignes qui furent logntemps les plus renommées de France. Oh ! Le vin des papes, le vin doré, royal, impérial, pontifical, nous le buvions là-haut sur la côte, en chantant des vers de Mistral, des fragments nouveaux des Iles d’Or”
Del poeta châteaunevois Anselme Mathieu ci è stato tramandato poco ma dell’autore dell’appunto contenuto in Les lettres de mon moulin, scritto attorno al 1867 molto di più.
Sappiamo così che Alphonse Daudet, nimese, scrittore e drammaturgo, autore della trilogia delle vicende di Tartarin de Tarascon apprezzava il vino dei papi.
In effetti bisogna ringraziare papa Giovanni XXII per lo sviluppo del vino in questione. Portò nella residenza pontificia di Avignone a partire dal 1317 dei vignaioli occitani di Cahors. Questi ricuperarono delle tenute abbandonate dai templari nella loro fuga e già nel 1325 abbiamo circa otto ettari con una produzione di 12 tonnellate di Châteauneuf-du-pape. Un vino quindi con oltre 700 anni di storia e che migliora di qualità attraverso i papi che si susseguono, Clemente VI, Innocenzo VI, Clemente VII… Fino ad arrivare ad un’altra data importante: nel 1748 lo Château La Nerthe edificato dodici anni prima dal marchese Jean-Dominique de Tulle de Villefranche, e che attualmente opera su 90 ettari di vigneto, comincia ad esportare il proprio vino all’estero in barili dai porti di Marsiglia, e Amburgo tramite un commerciante di Brema, e nel 1785 quando si comincia ad imbottigliarlo, fu la prima azienda a spedire vino in vetro nel mondo. Arrivava in Italia, nel Regno Unito a Londra in barili, a Boston negli Stati Uniti nel 1786, e in Germania. I registri dell’epoca ci parlano di circa una settantina di barili da 275 litri quindi una produzione attorno ai 190 ettolitri.
L’arrivo della fillossera metterà in crisi i vigneti, combattuta grazie al proprietario di Château La Nerthe, Joseph Ducos. Nel 1893 fece nuovamente impiantare i primi sei vitigni innestati, che successivamente entreranno a far parte dei tredici consentiti dal disciplinare di produzione, vale a dire: Grenache, Counoise, Mourvèdre, Vaccarèse, Cinsault, Syrah.
Superata la crisi, già l’anno seguente si costituisce il primo sindacato viticolo che nel 1923 diventerà il Sindacato dei proprietari viticoltori dei Châteauneuf-du-pape (il barone Pierre Le Roy de Boiseaumarié dello Château Fortia ne fu il primo presidente) allo scopo di proteggere il vino dalle contraffazioni e per giungere ad ottenere il riconoscimento della Appellation d’origine protégée.
L’A.O.P. arriva il 15 maggio 1936 prevedendo oltre a quelli già menzionati: Clairette, Bourboulenc, Roussanne, Muscardin, Picpoul, Picardan, Terret Noir, per un totale di tredici. Però, considerando alcuni aventi sia la versione blanc che rouge, si arriva a diciotto.
Siamo parlando di un vino del Rodano, prodotto nel dipartimento Vaucluse situato all’interno della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, che include cinque comuni: Châteauneuf-du-Pape e parte di quelli di Orange, Bédarrides, Sorgues e Courthézon.
La denominazione prevede 330 produttori e 220 cantine private, con una media di 95 mila ettolitri per anno, vale a dire 12 milioni di bottiglie, le quali sono essenzialmente di vino rosso, 92% (con tannini levigati, carichi di frutto, potenti e generosi), mentre il bianco, pur essendo interessante, nel 2023 si attestava al restante 8%.
Su queste terre molto assolate il vento del Maestrale, menzionato anche da Alphonse Daudet anche se lui qui gioca riferendosi al poeta Frédéric Mistral, soffia sui vigneti per oltre un terzo dell’anno, esattamente 130 giorni.
3150 sono gli ettari vitati, situati per circa il 60% su terreni di argilla rossa e sabbiosi, e il restante su ciottoli arrotondati, quarzite, ghiaioni e poco calcare.
Il 35% della produzione è condotta in regime biologico e biodinamico.
La molto attiva A.I.S. Lazio grazie al suo attuale presidente Francesco Guercilena, ha organizzato nei giorni scorsi per la delegazione di Roma una importante degustazione di sedici vini Châteauneuf-du-pape (precisamente dieci versioni in rosso e sei in bianco) articolata raggruppando per tematiche a coppie, e con la presenza di nove su sedici derivanti da agricoltura biologica o biodinamica (quindi ben oltre il terzo relativo alla produzione della denominazione).
Sono intervenuti Michel Blanc, direttore della Federazione dei sindacati dei produttori di Châteauneuf-du-Pape, e Manon Missongé, responsabile della promozione e comunicazione dei produttori del vino.
La degustazione è stata invece guidata appassionatamente da Roberto Petronio, francese di origine italiana, esperto di vino d’oltralpe con un focus proprio sul Châteauneuf-du-Pape, ed autore per la prestigiosa rivista La Revue du vin de France.
Siamo stati fruitori dell’evento assieme al nostro direttore di testata Maurizio Valeriani, e queste sono le comuni impressioni sui sedici calici:
ESPRESSIONI: 2 TERRE, 2 STILI
Le Vieux Donjon Blanc 2023 13.5% (Clarette 70% – Roussanne 30%) di Michel Claire
Terreno situato interamente su suoli calcarei. Vinificazione in solo acciaio.
Freschezza da uva matura, mela renetta e pesca gialla, e buona sapidità, con sentori salmastri e minerali. Erbe aromatiche, timo e rosmarino. Sorso ricco e pieno e piuttosto persistente con una lieve evidenza alcolica.
Famille Isabel Ferrando Blanc 2023 13.5% (Clarette 70% – Roussanne 30%) di Isabel Ferrando. Biologico e Biodinamico.
Terreno composto da sabbie, marne sabbiose e ciottoli. Località Les Serres.Vinificazione in cemento, tonneau e altre botti. Maturazione di sei mesi per metà in botte e altra metà serbatoio di cemento.
Grande carattere, con la vaniglia del legno ben dosata. Morbido ed elegante, con toni minerali e note di lime ed erbe officinali. Equilibrio in un finale molto lungo e piacevolmente amaricante.
POTENZA E DELICATEZZA: DUE PROFILI DI UNA DOC
Domaine André Brunel – Les Cailloux – Rouge 2022 14.5% (Grenache Noir 70% – Syrah 15% -Mourvèdre 15%) di Fabrice Brunel.
Terreno composto da ciottoli 70% e calcare 30%. Località La Crau. Vinificazione solo cemento.
Presenza di frutta di piccola bacca rossa in un vino sapido, con acidità volatile piuttosto alta, alcool in scissione e tannini ancora da ammorbidire.
Mas de Boislauzon 2021 Rouge 15% (Grenache Noir 70% -Mourvèdre 30%) di Daniel e Christine Chaussy. Biodinamico.
Terreno di ciottoli, sabbia e marne. Località di Boislauzon, Cabrières, Palestor, Les Brusquières, La Gardiole. Vinificazione in cemento. Maturazione in vasche di cemento 80% e barrique usate 20%.
Vino piacevole, polputo, denso con piccola frutta a bacca rossa, lampone, e note officinali e garrigue. Sorso scorrevole e sapido, abbastanza persistente e con tannini levigati.
CHÂTEAUNEUF-DU-PAPE SULLA SABBIA
Clos du Caillou Rouge – Les Safres – 2022 15% (Grenache Noir 85% – Mourvèdre 15%) di Sylvie Vacheron. Biodinamico.
Terreno di sabbia e marne sabbiose. Località Les Bédines.
Vinificazione a grappolo intero in botte troncoconica. Maturazione in barrique 80% e botte da 600 litri per il 20%.
Fine ed elegante, succoso e profondo. In progressione troviamo note fruttate rosse, di agrumi rossi, minerali, e speziate tipo zafferano, con un apporto lieve del legno ben dosato. Muscolarità che indossa guanti bianchi. Abbastanza persistente con tensione finale.
Domaine Fort de Courtedune Rouge 2021 13.5% (Grenache Noir 99% – Mourvèdre, Cinsault, Terret Noir 1%) di Caroline Charrier.
Terreno di sabbia al 90%, suolo bruno 5% e calcare 5%. Località di La Crau, La Guigasse, Saint Georges, Le Cristia, Le Pointu. Vinificazione in cemento. Maturazione in cemento per 15 mesi.
Fresco ed elegante, con tannino da svolgere. Piacevoli note minerali e fumé. Ulteriori sensazioni di piccoli frutti a bacca rossa. Finale di media persistenza e amaricante con alcol leggermente in scissione.
I PIONIERI DEL BIO
Domaine de Marcoux Blanc 2023 14% (Roussanne 70% – Bourboulenc 30%) di Sophie Armenier e Vincent Estevenin. Biologico dal 1991.
Terreno in argilla bianca, deposito colluviale e calcare.
Vinificazione in acciaio 60% e tonneau 40%. Maturazione 9 mesi in acciaio 60% e botti da 500 litri per il restante 40%.
Mosaico di florealità e di un fruttato maturo tendente all’esotico, ananas e banana in evidenza, con note minerali e lievemente di legno. Pieno al sorso con alcol evidente e finale abbastanza persistente.
Domaine Pierre André Blanc 2023 14% (Bourboulenc 60% – Clairette 40%) di Jacqueline André. Biologico dal 1980, biodinamico dal 1992.
Terreno di sabbia e marne sabbiose. Località Les Bédines, Étang Saint Georges.
Vinificazione e maturazione in acciaio.
Un vino che fa della sapidità e delle note iodate la sua forza. Di grande materia e progressione fruttata di mela renetta e pesca bianca, e delle leggere note speziate, chiude con un amaricante di mandorle secche e dei sentori minerali.
LA RINASCITA DELLO CHÂTEAUNEUF-DU-PAPE
Clos du Calvaire Rouge 2022 15% (Grenache Noir 70% – Syrah 15% – Mourvèdre 10% – Cinsault 3% – Counoise 2%) di Françoise Roumieux. Biologico.
Terreno di sabbia, calcareo, ciottoli, arenaria rossa e marne sabbiose.
Vinificazione in cemento. Maturazione 12 mesi in botte 70% e acciaio 30%.
Il profilo aromatico del vino è molto profumato e fragrante, con note di frutta piccola a bacca rossa, minerale, speziato, e con incursioni fumé e l’apporto del legno integrato. Il sorso è teso e prolungato, con tannini delicati, fresco e di grande beva e con un lungo e persistente finale. La suggestione d’insieme ci ha rammentato i migliori (e sono oramai tanti) vini dell’areale del Mandrolisai in Sardegna.
Domaine Santa Duc – Habemus Papam – Rouge 2021 13.5% (Grenache Noir 70% – Syrah 30%) di Yves Glas. Biologico.
Terreno sabbioso all’80% e ciottoli arrotondati per il 20%. Località La Font du Pape, Les Saintes Vierges, Pradel.
Vinificazione in cemento. Maturazione per 18 mesi per il 90% in botte e il 10% in anfora.
Sottile ed elegante. La fragolina di bosco è uno dei marcatori principali dei piccoli frutti a bacca rossa che percepiamo, sorretti da una acidità volatile abbastanza evidente. Molta materia e dinamicità, con note fumé e vanigliate, balsamiche e di frutta secca, e tannini setosi. Il lungo finale è minerale e iodato.
ESPRESSIONI DI GRAPPOLO INTERO
Domaine Charvin Rouge 2018 14.5% (Grenache Noir 82% – Mourvèdre 5% – Syrah 5% – Vaccarèse 4% – Counoise 4%) di Laurent Charvin. Biologico.
Terreno ciottoli 50% e sabbia e sabbie marnose 50%. Località Cabrières, Maucoil. Vinificazione in cemento. Maturazione per 21 mesi in cemento.
Vino con decise note di frutti rossi e iodate. Né mancano spezie e delle erbe officinali aiutate da una acidità volatile ben presente e una nota alcolica non perfettamente integrata. Il suo finale mediamente persistente e con tannino un tantino polveroso, tende al vegetale, con suggestioni leguminose.
Domaine du Bienheureux Rouge 2018 14% (Grenache Noir 85% – Cinsault 15%) di Eugénie Avias.
Terreno di ciottoli arrotondati.
Vinificazione a grappolo intero (unicamente poiché l’azienda non possiede la diraspatrice) in acciaio. Maturazione in acciaio.
L’agrume rosso (arance tarocco), i piccoli frutti a bacca (mirtillo), la carruba e ulteriori sentori balsamici, corredano un vino che ha un sorso succoso e pieno, e una grande profondità. Scorrevole la beva con tannini setosi e levigati, e un lungo morbidissimo finale che insiste sul frutto, gli agrumi e una speziatura dolce. Sintetizzando, un vino straordinario.
DUE TENORI DELLA STESSA DOC, CON E SENZA FERMENTAZIONE MALOLATTICA
Clos des Papes Blanc 2020 14% (Grenache Blanc 17% – Clairette rose 17% – Picpoul 17% – Clairette 17% – Picardan 16% – Bourboulenc 16%) di Paul Vincent Avril. Biologico e Biodinamico.
Terreno di suolo bruno 80% e sabbia e marne sabbiose 20%.
Vinificazione in acciaio. Maturazione di 6 mesi in acciaio, senza svolgere la fermentazione malolattica.
Empireumatico con note iodate e di petrolio. Morbido, materico, glicerico e polposo pieno di frutto, sapido e scarsamente acido. Finale abbastanza persistente con ritorni di frutta bianca e di erbe aromatiche.
Domaine du Vieux Télégrafe Blanc 2020 14% (Clairette 40% – Grenache Blanc 25% – Roussanne 25% – Bourboulenc 10%) di Frederic e Daniel Brunier.
Terreno ciottoloso. Località La Crau.
Vinificazione in botti foudres 30%, demi-muid da 600 litri 30%, barrique usate 30%, barrique nuove 10%. Maturazione di 10 mesi nelle medesime botti della vinificazione.
Estremamente morbido con un dosaggio del legno equilibrato e non invasivo. Le percezioni vanno dalla vaniglia, alla frutta come la pesca gialla e una mela red delicious matura, e a quella esotica di melone e papaya, passando per le erbe officinali di salvia e rosmarino. Sorso dinamico e glicerico, elegantemente vanigliato e molto persistente.
I TENORI DELLA DENOMINAZIONE
Domaine de la Janasse – Chaupin – Rouge 2022 15.5% (Grenache Noir 100%) di Isabelle e Christophe Sabon.
Terreno di sabbia e marne sabbiose.
Vinificazione in tino di cemento. Maturazione per 12 mesi in barrique 70% e botte da 600 litri 30%.
Intenso e variegato profilo, con di note di frutta a bacca rossa, amarena, erbe aromatiche, garrigue, spezie dolci. Molte elegante nel sorso che è pieno, polputo, con tannini levigati e ritorni agrumati amaricanti. Equilibro quasi perfetto se non fosse per un alcol un pochino troppo evidente, ma il lungo finale riscatta il tutto con una suggestione di un cioccolatino alla ciliegia.
Clos du Mont-Olivet – La Cuvée du Papet – Rouge 2020 16% (Grenache Noir 90% – Syrah 5% – Mourvèdre 5%) di Céline, David e Thierry Sabon.
Terreno sabbioso all’80% e ciottoli arrotondati per il 20%. Località Bois Dauphin, Montalivet, La Crau.
Vinificazione in tino di cemento. Maturazione in foudres 70%, acciaio 10%, botti da 600 litri 8%, anfore 7%, barrique usate 5%.
Un vino molto intenso con note agrumate e di frutta a bacca rossa, coadiuvate da erbe aromatiche e sentori speziati. Vibrante e materico, ha un tannino che rasenta la perfezione. Il sorso scorrevole malgrado una presenza alcolica non indifferente ma mai invasiva, ha dei ritorni inchiostrati e di mirtillo. Il finale è molto persistente e piacevolmente sapido. Un vino davvero convincente.
Concludiamo l’excursus con una notizia a margine che ci fa molto piacere rilevare: su sedici prodotti assaggiati sei avevano una mano al femminile e in altri quattro era coabitante, segnale di una parità di genere che va ad affermarsi.
Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.
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