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Cantina Romanelli – Una certezza della viticoltura di Montefalco

Devis Romanelli e i suoi vini sono un punto di riferimento a Montefalco. O meglio, lo sono diventati negli ultimi anni come risultato di un profondo e appassionato lavoro, fatto di dedizione, studio e tecnica.

Devis Romanelli

La cantina è stata fondata nel 1978, dal nonno Amedeo e oggi gli 8 ettari coltivati a vigneto sono un piccolo tesoro che viene trasformato in vini espressivi, attuali e identitari.

Vi è sempre molto da imparare nelle visite in cantina con Devis, che diventano interessantissimi seminari con spunti di riflessione nuovi e mai banali.

La degustazione dei vini ed il racconto dei vini, infatti, sono un pretesto per ragionare sulle scelte di vinificazione, sulle intuizioni che man mano sono state introdotte in un processo di miglioramento continuo nell’interpretazione del territorio e nella ricerca qualitativa.

In occasione dell’evento “A Montefalco, Anteprima dell’annata 2020 del Sagrantino”, abbiamo assaggiato alcune bottiglie, ricavando da ogni calice, oltre ad un’esperienza gustativa memorabile, preziose pillole di saggezza enologica.

IL TREBBIANO SPOLETINO

Sulla vinificazione

La 2015 è stata la prima vinificazione del Trebbiano Spoletino, in un’epoca in cui già altre cantine si erano avviate nel promettente recupero del vitigno.

La particolarità di queste uve è che provengono da un vigneto in cui troviamo alcune piante a piede franco maritate, quasi centenarie. Insieme vi sono anche viti più giovani, di circa vent’anni, coltivate a filare.

La scelta di vinificazione cade subito su una macerazione lunga: l’idea è quella di poter estrarre il più possibile ma anche recuperare con i dovuti accorgimenti una tecnica di vinificazione tradizionale. I presupposti tecnici sono una acidità alta ed un pH basso, fattori che consentono di poter cercare equilibrio e struttura e, ovviamente un bagaglio aromatico estremamente ampio e complesso.

Trebbiano Spoletino Le Tese Doc 2015. 9 anni dalla vendemmia. Il colore vira verso l’ambra chiara. Il nitore nei profumi conferma già la longevità di questo vino. Fiori essiccati, camomilla, erbe aromatiche, timo, cereali, un’idea di whisky torbato, con una evidente nota fumé, poi miele che ritorna all’assaggio in un ricordo di idromele, avvolgente morbido, carezzevole, testardamente sostenuto da una acidità agrumata che ne conserva agilità e struttura. Memorabile.

Trebbiano Spoletino Le Tese Doc 2017. Ambrato chiaro, leggermente velato. I profumi si snodano tra richiami floreali, tè, camomilla, poi miele, frutta tropicale, resina e accenti salmastri. Il sorso è coerente, pieno, denso, ben definito ed equilibrato. I ricordi fruttati si espandono in chiusura su note di tè alla pesca, agrume candito e cera d’api. Lunghissimo.

Trebbiano Spoletino Le Tese Doc 2019. Dorato. Papaya e agrume disidratato, poi cenno fumé, tè nero, elicriso, salvia, resina e aghi di pino. Balsamicità che torna al sorso, in un impianto succoso e strutturato. Lunghissima parabola gustativa con acidità spiccata, perfettamente integrata nel sorso.

IL SAGRANTINO

Sulla Vinificazione

Le scelte di vinificazione hanno l’obiettivo di esaltare la muscolarità del Sagrantino cercando fin da subito equilibrio e complessità. La raccolta è tipicamente tardiva per avere una piena maturazione delle uve. In cantina seguono macerazioni prolungate per massimizzare l’estrazione, mentre l’affinamento avviene sempre in legni di varia grandezza per levigare le asperità, arricchire il patrimonio aromatico. Segue sempre un periodo prolungato di affinamento in bottiglia per permettere la giusta maturazione ed integrazione tra le componenti prima di essere immesso in commercio.

 

Sul Terroir

Se da una parte il Sagrantino è espressione del vitigno, al contempo l’annata ed il terroir ne plasmano il profilo. È così che il vino diviene messaggio e messaggero: racconta se stesso e al contempo recapita precise informazioni sull’annata ed il luogo dove sono piantate le vigne.

L’annata 2011 ha permesso di mettere a fuoco il vigneto, dopo annate in cui l’andamento climatico aveva prevalso nella caratterizzazione.

Viene così identificata una linea di discontinuità nel terreno della vigna identificando due terroir distinti. Sono i terroir che oggi danno origine a due Sagrantino differenti: il Terra Cupa ed il Medeo.

Il Terra Cupa proviene da un terreno argilloso e calcareo con la presenza di piccoli ciottoli.

Mentre il Medeo da un terreno franco-argilloso, calcareo.

Rese bassissime – 50 quintali per ettaro – e un percorso di vinificazione analogo con due anni in legno grande per il Medeo e legni di varia dimensione per il Terra Cupa, portano a due risultati distinti: più fruttato e morbido il Terra Cupa, più scuro, speziato e profondo il Medeo.

Sagrantino di Montefalco Docg 2011. Rubino concentrato con unghia granata. Frutta surmatura, note fungine e terra bagnata, carrube, oliva nera, soffi balsamici. Sorso impeccabile, succoso e vivido, con tannini levigati e ben presenti. Finale lungo e mentolato.

Montefalco Sagrantino Medeo Docg 2016. Ciliegia e spezie scure, poi violetta, sorso dinamico, agile e potente, equilibrato con una ricca scia sapida.

Montefalco Sagrantino Terra Cupa Docg 2016. Mora, boero, pepe, liquirizia. Sorso largo, pieno e muscolare. Tannini sottili, che accompagnano sensazioni prevalentemente fruttate, sottolineate da una buona acidità.

Montefalco Sagrantino Medeo Docg 2019. Elegante: florealità ed erbe officinali, impunture balsamiche e iodate, infine macchia mediterranea. Sorso equilibrato con accenti sapidi ed una tannicità vellutata.

Montefalco Sagrantino Terra Cupa Docg 2019. Intenso nei profumi di caramella alla violetta, rabarbaro, resina, cardamomo, un’idea di vermouth. All’assaggio rivela un tannino compatto ed un sorso ampio, voluminoso e saporito.

Sull’evoluzione

Il Sagrantino 2007 smentisce la ragionevole ipotesi di una parabola evolutiva del vino per così dire lineare. L’evoluzione del vino, infatti, frutto di processi complessi e in parte misteriosi, segue cicli talvolta non prevedibili. Capita così di trovare una 2007 sorprendentemente giovanile, nonostante i 17 anni dalla vendemmia – la prima per Devis Romanelli allora venticinquenne – e incredibilmente dopo aver dimostrato maggior evoluzione in assaggi pregressi.

L’episodio fa riflettere su come il vino sia mutevole e plastico nel raccontarsi. Di come sia permeabile a fattori esterni, come il tempo che ne declina l’evoluzione e non solo.

Sagrantino di Montefalco Docg 2007.  Incredibilmente di color rubino, compatto, come se il tempo non avesse scalfito il suo smalto. Anche nei profumi si riscontrano tracce di una giovinezza ormai lontana: sensazioni di amarena e more in confettura si fondono a note di tabacco, foglie secche, humus, cenni fungini. Sorso voluminoso, succoso, con una acidità ancora energica e tannini delicatissimi, levigati dal tempo.

 

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Scritto da

Michelangelo Fani, da oltre 15 anni appassionato di vino, distillati e gastronomia. Nel 2010 scrive occasionalmente su Dissapore. Nel 2012 collabora alla guida Bibenda 2013. Negli anni successivi partecipa ai panel per le Guide “ai sapori e ai piaceri regionali” di Repubblica (Lazio, Abruzzo, Marche Umbria, Puglia, Sardegna) e collabora con l’associazione Ateneo dei Sapori. Dal 2019 scrive sulla guida ViniBuoni d’Italia, edita dal Touring Club. Degwineandspirits.com è il suo taccuino di viaggio nel mondo del vino e dei distillati. Perché in fin dei conti, “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla” (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento – Novecento, A. Baricco).

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