Mancava all’appello un’azienda importante nel racconto sulla mia visita fatta a luglio in Basilicata.
Last but not least dicono i colleghi anglosassoni e parlando di Basilisco la frase risulta perfettamente calzante.
Viviana Malafarina, volto e anima aziendale, è un’altra di quelle persone strappate violentemente ad altre occupazioni manageriali da quell’irresistibile passione per il vino che ha già fatto tante vittime illustri.
Dimentichiamo spesso quanto l’Italia sia essenzialmente un paese di orientamento agricolo; le statistiche sul numero di laureati a confronto con le altre nazioni europee non dovrebbe solo spaventarci per il gap di dispersione scolastica, ma spingerci ad una enorme opportunità per i giovani, ormai scoraggiati da una visione mai doma del posto fisso e di ruolo imprenditoriale a tinte foschissime.
Coloriamo di “verde” le nostre vite, riabbracciamo con forza il settore dell’agricoltura, fiore all’occhiello del nostro made in Italy, e vedrete che i numeri da impietosi si trasformeranno in virtuosi.
La storia di Basilisco narra proprio di un progetto nato dal nulla,ad inizio anni novanta, grazie ad un noto imprenditore delle acque minerali.
Ma è solo nel 2011, dopo vari passaggi di mano, che l’acquisizione (ed il rinnovamento) da parte di Feudi di San Gregorio, la salva da un destino segnato, riscoprendo la propria identità.
Il recupero delle antiche grotte laviche nello “Shesh”, lo storico Parco delle Cantine di Barile, è il segnale dato dalla nuova proprietà di voler puntare fermamente sul Vulture, dove già da due lustri stavano coltivando Aglianico.
Gli ettari odierni complessivi sono 25; le tecniche prevedono selezioni dei grappoli migliori con tavoli di cernita, macerazioni lunghe e botti grandi preferite a tonneaux e barrique comunque di diversi passaggi.
Eliminate arcaiche tradizioni produttive locali che ricorrevano anche all’uso del raspo, aggravando maggiormente quel carico tannico non sempre piacevole.
I vini di questa zona hanno già potenza intrinseca succosa, materia e tannini ben percepibili.
Il new mood (e qualche anno in più sul groppone dei vigneti) sta evolvendo verso prodotti più agili, che acquisiscano le migliori caratteristiche organolettiche dei terreni basaltici e delle buone altitudini e pendenze, in tema di aromi, senza però generare pesantezze e asperità eccessive.
“Nulla si crea, nulla si distrugge tutto si trasforma“, il motto di Lavoisier si applica con giustezza a tali visioni moderne enologiche, ideate anche in funzione del cambiamento climatico e dei gusti, con le quali tutti i produttori prima o poi dovranno confrontarsi.
Vengano avanti allora i protagonisti di giornata, compresi i CRU da terroir differenti dello stesso areale:
Sophia 2019 – Vino bianco biologico – prima annata nel 2011; all’epoca v’erano fiano, malvasia e traminer. Dal 2012 abbandonata malvasia e dal 2013 abbandonato traminer, resta un Fiano con la “F” maiuscola, in purezza. Ottima acidità, naso tropicale e di tostatura (nocciole). Molto fumé, in bocca si muove sinuosamente come un minerale tagliente. Decisamente verticale.
Teodosio 2017 – Aglianico del Vulture doc. Delicatamente floreale, vira presto verso amarene e speziature verdi. Bocca sapida, di frutta a pasta scura, calda e agrumata nel finale. Bella la dualità del frutto, giocata come il tavolo verde della roulette: olfatto (rosso) e palato (nero). Le jeux sont fait.
Basilisco 2013 – Aglianico del Vulture superiore Docg – attacco iniziale in forte riduzione. Poi cambia rapidamente passo verso un fruttato potente. Carnaceo, condito da more selvatiche, pepe nero, tabacco da pipa e cassis. Sorso equilibrato, ben piazzato tra altezza e larghezza. Tannino teso, necessita di calma ulteriore in vetro per essere domato. Votato alla longevità. Colpiscono entrambi i vini per i loro colori penetranti rosso rubino.
I CRU prodotti da differenti single vineyard in Loc. Barile:
Fiordimarna 2015 – Aglianico del Vulture Superiore Docg – una novità assoluta in casa Basilisco, assaggiata in esclusiva per voi lettori. Presenta già il restYling dell’etichetta che verrà applicata in futuro a tutti i vini aziendali, di un elegantissimo color bianco candido. Naso potente, terziarizzato su cuoio, cioccolato fuso e torrefazione. Palato rouge, da lamponi sotto spirito e scia finale salmastra.
Fontanelle 2015 – Aglianico del Vulture Superiore Docg – il più strano ed intrigante di tutti, con richiami sulfurei allo stato puro e bocca molto giovanile di ciliegie fresche e macchia mediterranea.
Cruà 2015 – Aglianico del Vulture Superiore Docg – da un vigneto di oltre 40 anni di vita. Molto piacevole, da frutta a pasta rossa e gialla di pesca e albicocca. Al sorso presenta la viola mammola tipica e nel finale pepe bianco e cannella; senza dubbio il più completo dei tre.
Manca all’appello lo “Storico” che non abbiamo potuto degustare, ripromettendoci di assaggiarlo alla prossima visita.
Luca Matarazzo Giornalista- Sommelier AIS - Degustatore Ufficiale - Relatore corsi per la Campania.. Ha partecipato a numerosi concorsi enologici e seminari di approfondimento. Vincitore del Trofeo Montefalco Sagrantino edizione 2021 e del Master sull'Albana di Romagna 2022, Wine Consultant collabora attualmente con testate giornalistiche e blog importanti a livello nazionale.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia