È la terra tra il Piave e le Prealpi trevigiane dove si pasteggia a Prosecco a regalarci una splendida serata, un paesaggio che non ha eguali in una terra antica, risultato del felice incontro tra il mare e la montagna. Le colline, patrimonio dell’umanità, sono un mosaico di vigneti e boschi che creano uno scenario unico che incanta gli occhi tanto quanto il vino il palato.
Partecipando all’incontro enogastronomico organizzato nell’Enoteca La Rosa dei Venti di Aprilia (LT), dal proprietario Simone Clazzer, in collaborazione con Francesco Fratticci di Calice & Gusto, abbiamo conosciuto una piccola realtà di questo straordinario territorio, la Cantina CastellAlta di San Pietro di Feletto in provincia di Treviso.
A presentare direttamente la serata il produttore, Benedetto De Pizzol, insieme ai compagni di viaggio Luca Antiga, enologo e consulente della cantina e di altre aziende della denominazione, che ci ha parlato in maniera dettagliata del Metodo Martinotti e Luca Dal Bianco, enologo e direttore tecnico della Cantina di Conegliano e Vittorio Veneto, che invece ci ha illustrato, data la sua profonda conoscenza, la terra del Prosecco.
Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg è il vino a base Glera che si produce in una zona limitata che si estende su 15 comuni per un totale di 8.674 ettari, ed ha caratteristiche molto particolari. L’area del Prosecco però è molto grande: l’uva Glera viene coltivata in due Regioni, Friuli Venezia Giulia e Veneto. La denominazione principale storica è il Conegliano Valdobbiadene, le colline che circondano la Docg producono il Prosecco Doc Treviso e infine ci sono le zone del Prosecco Doc generico.
È lo spumante più prodotto e consumato al mondo: la produzione del 2022 per la Doc è stata poco più di 638 milioni di bottiglie contro i 103 milioni per la Docg. Nella zona storica da diversi anni non si possono ampliare le superfici e i produttori sono gli stessi da 15 anni e rimarranno probabilmente questi anche in futuro.
Per la Doc invece che copre due Regioni, con una superficie importante nel Friuli, c’è ancora la possibilità di produrre perché l’obiettivo del mercato è quello di raggiungere per entrambe le denominazioni un miliardo di bottiglie all’anno.
Dal 7 luglio del 2019 le colline del Conegliano Valdobbiadene sono state riconosciute Patrimonio dell’Unesco per una serie di elementi molto importanti che lo hanno permesso.
La conformazione geo-morfologica detta “hogback” è sicuramente uno di questi elementi che caratterizzano il territorio rappresentato da rilievi scoscesi e allungati in direzione est-ovest intervallati da piccole valli parallele tra loro che sembrano dei binari, dove le pendenze in alcuni casi sono limitanti e si riesce a mantenere solo il bosco; come anche le terrazze a “ciglione” molto strette dove i filari vengono lavorati esclusivamente a mano e viene utilizzata la terra inerbita per mantenere l’assetto del terreno in pendenza al posto della pietra. Altro punto importante riguarda il paesaggio agrario a mosaico, composto da tanti piccoli appezzamenti fortemente parcellizzati e con un’elevata biodiversità.
Il suolo è una componente vitale che regala le diverse sfumature ai nostri calici dalla classica e decisa impronta aromatica. Il materiale che compone non solo questo territorio ma gran parte del Nord Italia è vulcanico: il raffreddamento del magma ha creato due pietre molto dure, il granito e il basalto, che stratificate in milioni di anni hanno generato i terreni attuali. Queste terre emerse, che un tempo erano coperte dal mare, hanno circa 50 milioni di anni e hanno subìto notevoli erosioni, modificandone l’altitudine che oggi arriva a punte massime di 550 metri.
In 15 comuni della Docg avere tre suoli dalle origini differenti e dalle caratteristiche estremamente eterogenee non è una cosa da tutti. Il suolo Marna, composto per circa il 30-40% di argilla e resto carbonato di calcio calcare, è un terreno nato dalla sedimentazione prima marina in immersione e poi in emersione eroso dall’attività meteorica come da venti, piogge e soprattutto dall’ultima glaciazione che ha interessato tutta la parte europea 15/18 mila anni fa. Il successivo è un suolo conglomerato, di ardesia, molto diverso dalla marna che appare ai nostri occhi come una miscela di calcestruzzo e sassi. Non è altro che la roccia conglomerata che a causa della pressione sottostante esercitata dalla spinta si trasforma in sabbia cementizia e “clasti” o ciottoli incassati dove la vite affonda le proprie radici per non più di 30-40 centimetri.
Il suolo morenico, invece, ha tre colorazioni: la parte più scura è argilla, limo quella più chiara e sabbia a metà da un punto di vista cromatico. Sono dei fronti di terreno che si sono depositati grazie ai fiumi originati dallo scioglimento dei ghiacciai che hanno invaso tutta la parte collinare, dalle Alpi alle Prealpi verso la Pianura Padana. Si tratta dei terreni più giovani di questo territorio.
CastellAlta è un’azienda a conduzione familiare che lavora vigneti di proprietà di piccolissime dimensioni (il più grande ha meno di un ettaro) situati sulle colline che vanno dai 160 ai 270 metri di altezza, prevalentemente a San Pietro di Feletto e Solighetto, nel cuore pulsante della Docg, con una produzione molto limitata. Hanno età diverse, da meno di un anno con i nuovi impianti fino ai cento anni, ma la particolarità è che sono cloni differenti con profondità radicali e portainnesti dissimili.
Le uve, raccolte a mano vigneto per vigneto, separate, non vengono pigiate ma vanno intere in pressa subendo una pressatura soffice.
Il mosto ottenuto viene travasato nelle vasche di prima fermentazione aperta che dura 10-12 giorni. Al termine, il vino viene decantato e si separano i torbidi per ben due volte per una limpidezza misurata e per non produrre cattivi odori che possono influenzare il prodotto nella seconda fase. Si aggiungono i lieviti selezionati e alla fine si ottiene una base spumante di circa 10° di alcol, ovvero un vino tranquillo a bassa gradazione pronto per un’ulteriore fermentazione. Le vasche, per provenienza vengono fatte fermentare separatamente, rimangono colme di vino sulle fecce nobili in sospensione fino al loro utilizzo (dai 4, 6 fino anche a 8 mesi), all’interno delle quali ci sono quei precursori aromatici che hanno bisogno di tempo poi per esprimersi.
La seconda fermentazione o rifermentazione o spumantizzazione avviene in autoclave, dove si aggiungono lo zucchero in base alla tipologia e nuovamente i lieviti. Il tutto ermeticamente a pressione in autoclave dove il vino sosterà poi sui suoi lieviti per circa 4 mesi.
Una seconda fermentazione molto lenta al termine della quale il vino una volta pronto viene filtrato, preparato con il minimo di solforosa e dopo l’imbottigliamento si aspetta quella fase di maturazione che consente l’uscita sul mercato.
Tre le tipologie di Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg prodotte da questa Azienda: extra dry, brut e extra brut.
“È un vino, mi piace dirlo, con una bella anima” – racconta il Produttore – “perché ha questa base molto sapida, molto minerale, molto importante, ha questa piacevolezza nella beva che non è stucchevole, è molto presente al naso, ha la classica presenza floreale e le note fruttate della mela.”
Ma andiamo a raccontare i piatti della cucina raffinata della Rosa dei Venti preparati con materie prime di ottima qualità che secondo noi si sono abbinati bene ai vini in degustazione.
Prima pietanza baccalà fritto con riduzione di miele e castagne, accompagnata dal Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg “Col Candùt” Extra Dry, con residuo zuccherino il più alto della batteria (13,1 g/l). Il nome richiama il vigneto principale posto al di sopra di una sorgente chiamata Candùt in latino o condotto, dove la Famiglia di Benedetto si riforniva di acqua potabile.
Nel bicchiere risalta il colore giallo paglierino non molto carico, dalle bollicine fini e gradevoli. Spettro aromatico intenso finemente affastellato da frutta fresca evocante mela golden, pera, piccola pasticceria, melassa, fiancheggiato da echi floreali di gelsomino. In bocca penetra un sorso sicuramente fresco e minerale, con una certa consistenza grassa, scorrevole, permissivo, morbido ed anche piacevolmente dolce. Nonostante il residuo zuccherino importante non lascia mai la bocca pesante risultando pulita e appagata.
Abbinamento armonioso tra la dolcezza delle castagne e del miele e il salato del baccalà.
Il Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg “Canàgo” Brut, con residuo zuccherino di 7 grammi/litro, si sposa perfettamente con la grassezza della tartare di tonno, la dolcezza dell’avocado e l’acidità della stracciatella.
Intrigante il colore giallo paglierino brillante dalle striature verdoline, ottimo perlage così leggero, duraturo, divertente ed affascinante. Bouquet molto raffinato, legato ai profumi di pera, agrumi, con una piccola parte di rosa, pesca a polpa bianca e una nota vegetale che lo caratterizza. In bocca fa il suo ingresso un sorso sapido, verticale per poi espandersi con la dolcezza, vivace, fresco, voluttuoso, immediato, autentico ed elegante. Ha un’acidità leggermente più alta del precedente calice, bilanciata dalla morbidezza legata alla dolcezza. Palato pulito, netto, agile, leggero, goliardico e ben equilibrato. Imbottigliato da poco più di sei mesi, è già nel massimo nell’espressione, risultato di un gran lavoro ben cadenzato con un frutto raccolto a piena maturazione.
Il nome simboleggia Rua di Feletto, frazione del comune di San Pietro di Feletto, in provincia di Treviso, sede del Monastero Camaldolese dei Benedettini. Nel 1665 un patrizio veneziano donò un palazzo signorile alla congregazione dei monaci circondato da 50 campi (trevigiani) di terreno e da una piccola chiesa. Il complesso architettonico dell’Eremo prevedeva al suo interno ben 14 celle, molto povere e spoglie, e varie dipendenze, officine, servizi, oratori e mura claustrali entro le quali i monaci conducevano la loro vita. Con l’arrivo dei Camaldolesi prese il nome di Rua di Feletto, ma prima la frazione si chiamava Canàgo, in particolare la zona più a Est e aveva il confine sulla sorgente del condotto.
Il Prosecco Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg Ergine millesimato 2022 extra brut (0,12 grammi/litro) ha un perfetto colore giallo paglierino lucente ed attraente. Il suo perlage mette in mostra tutto l’ampio potenziale, ricco com’è di bollicine sottili, affusolate, continue e numerose. Il bouquet dispensa al naso copiosi e persistenti profumi di pera più matura, caramello, camomilla e una fragrante nota balsamica come il timo. Sorso di incisiva e piacevole sensazione acida, accattivante, armonioso che declina finezza, eleganza, rotondità, voluttuosità. Un vino dal grande bilanciamento.
L’etichetta è dedicata al papà di Benedetto che nel suo dialetto veneto – che rientra sicuramente tra i dialetti italiani più simpatici e irriverenti – quando era ora di lavorare tirava giù i santi e al posto di dire Vergine diceva ‘Ergine.
L’abbinamento ai panciotti di capesante e gamberi mantecati con burro Alveti, timo e limone è risultato il nostro preferito per l’armonia tra le parti acide con la grassezza del piatto.
Sono un'Archivista Digitale nel campo editoriale, dedico la mia vita ai libri perché come dice Kafka "un libro rompe il mare ghiacciato che è dentro di noi". Così lo è anche il vino. Lui mi ha sempre convinto in qualsiasi occasione ed è per questo che dal 2018 sono una Sommelier Fisar, scrivo e racconto con passione sui miei canali e in varie testate giornalistiche la storia dei territori, gli aneddoti e il duro lavoro dei Produttori in vigna e in Cantina. Ho seguito un corso Arsial al Gambero Rosso Academy sulle eccellenze enogastronomiche del Lazio e presto servizio in varie eventi per il Consorzio Roma Doc e per il Consorzio Tutela Vini Maremma. Inserita con orgoglio in Commissione Crea Lab. Velletri come membro esterno per le degustazioni, sogno e aspiro a diventare con il tempo una vera giornalista.
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