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Se ad un vino si attribuisce l’appellativo di “Santo” ci sarà un perché: un “tuffo” nel Vin Santo di Carmignano della Tenuta di Capezzana

Nelle terre del Carmignano viene creato e plasmato uno dei migliori Vin Santo mondiali. Questi sono i termini da utilizzare perché risulterebbe riduttivo parlare di “produzione”, infatti   alla stregua di un’opera d’arte, ci vuole amore, passione, estro e competenza per dar vita a questo biondo e fluido nettare dai riflessi dorati e dagli intensi aromi. La Tenuta di Capezzana, che dalle colline che sovrastano Prato  rivolge “il guardo” a Firenze, nasce negli anni venti con l’acquisto da parte del Conte Alessandro Contini Bonacossi della proprietà Capezzana, ampliata poi nel corso degli anni fino alla dimensione attuale che comprende tre fattorie e circa centoventi poderi. La gestione è tutta famigliare ed è  affidata ad una collaborazione tra la quarta e la quinta generazione. La   produzione   dell’Azienda è   incentrata sui vini e sull’olio extra vergine di oliva. Capezzana è una delle più antiche aziende vinicole toscane, è documentata la produzione del vino nel Carmignano sin dal 804; dal ritrovamento di alcuni manufatti la viticultura in quest’area sembra risalire addirittura ad oltre 3000 anni fa. L’olio extra vergine bio, ottenuto da cultivar Moraiolo e Frantoio (con una piccola percentuale di Pendolino e Leccino) è un fiore all’occhiello dell’Azienda. All’attività eno-olearia si affianca quella relativa all’attività di ospitalità nell’agriturismo della fattoria, la possibilità di visite e degustazioni: Classic Wine Tour, Wine & Food Pairing, Wine Tour Experience, Wine & Food Experience, e adattandosi ai tempi di Covid: Smart Tasting di vini toscani di Carmignano, nonché la partecipazione a corsi di cucina per scoprire e gustare la tradizione della cucina toscana. Passiamo  al  Vin  Santo, che appartiene alle tradizioni  toscane e umbre ma è diffuso anche in altre regioni italiane. L’origine del nome è stato oggetto di varie teorie. La più attendibile è quella associabile al suo uso durante la messa. Quelle più “romantiche” fanno risalire il nome alla peste del 1348 scoppiata nel senese quando un frate somministrava questo vino ai moribondi e si diffuse la convinzione che avesse proprietà miracolose; ovvero al 1439, quando durante il   Concilio indetto da Papa Eugenio IV, un prelato greco (il   Cardinale Bessarione di Nicea) assaggiando questo vino dolce toscano esclamò “Questo è Xantos” facendo riferimento ad un vino dolce che veniva prodotto nell’isola greca di Xantos, che venne trasformato poi dai presenti in “santus”. Un’ulteriore origine è riferita al ciclo produttivo,   periodo di raccolta e spremitura, messo in relazione alle ricorrenze religiose cristiane  più importanti. Le caratteristiche del Vin Santo, come di altri vini dolci,  sono l’elevato contenuto di zucchero e di alcol. Per ottenere tali risultati occorre disporre innanzitutto di uva surmaturata che permette una diminuzione del contenuto idrico e la concentrazione degli zuccheri. La raccolta viene effettuata manualmente per scegliere i grappoli più sani che vengono quindi  portati in un appassitoio, stanza ben ventilata, e adagiati su graticci di canne. La durata dell’appassimento dipende dal tipo di Vin Santo che si desidera produrre. Poiché i lieviti non ce la fanno a trasformare tutti gli zuccheri in alcol il vino risulterà più o meno dolce. L’appassimento di solito va da dicembre fino a febbraio/marzo e solo le uve sane, non marcite o troppo ammuffite, vengono diraspate  e spremute. La  fermentazione e il successivo affinamento avvengono solitamente  in caratelli costruiti con doghe di quercia o in caratelli di castagno, un tempo costruiti per il trasporto sul carro, da cui il nome. Oggetto di argomentazione è   l’uso o meno della cosiddetta “madre”, la feccia che rimane come sedimento sul fondo del caratello dopo la fermentazione. Si tratta dei lieviti più forti e quindi migliori per la loro attività in un ambiente caratterizzato da un alto grado alcolico ed una sensibile concentrazione zuccherina che garantisce, se non viene sostituita dai lieviti selezionati moderni, che la fermentazione non si fermi all’improvviso. Oggi comunque con l’ausilio di laboratori di analisi si possono individuare i caratelli con​ la madre migliore e microbiologicamente più sana che riduca i rischi di incorrere in processi microbiologici dannosi. Il Vin Santo si produce con uve che variano con il variare della località, le più adatte sono Trebbiano, Malvasia del Chianti, Canaiolo Bianco, Pinot Bianco o Grigio, Sauvignon, e   Chardonnay. Le uve migliori sono quelle ad acini radi ed a buccia spessa perché possono appassire senza marcire e provenienti da terreni secchi, ventilati, ben esposti con tralci aventi fogliame modesto e cresciute non troppo vicine a terra. È  uso comune associare il Vin Santo ai Cantuccini ma in realtà un buon Vin Santo, oltre che come vino da meditazione o da “benvenuto”, se secco è principe per accostamenti con i classici crostini di fegatini e con tagliere   di salumi, versioni più dolci si abbinano a formaggi stagionati ed erborinati e a fine serata a ricciarelli senesi, fave  dei morti perugine, crostate  di albicocche e noci, dolci al cucchiaio, pasticceria secca  e perché no al classico castagnaccio toscano. Per una migliore degustazione è preferibile lasciare “respirare” il vino almeno 15-30 minuti prima di servirlo, preferibilmente non troppo freddo (12-14 gradi).

Il  Vin Santo di Carmignano della Tenuta di Capezzana degustato è un DOC Riserva 2013, gradazione 14%. Uvaggio 90% Trebbiano e 10% San Colombano, vigne poste a 100-150 metri di altitudine su suoli ricchi di sciste e argilla. Raccolta effettuata nei primi giorni di settembre e appassimento naturale delle uve in appassitoio su stuoie fino a   febbraio,  poi vinificazione in piccoli carati di castagno, ciliegio e rovere e affinamento di 5 anni sempre in piccoli carati di castagno, ciliegio e rovere. I caratelli sono collocati sotto tetto e la fermentazione alcolica si svolge a freddo nei mesi invernali. Resa molto bassa da 1/4 a 1/5 del peso originale dell’uva. Alla vista  si presenta di un colore  ambrato, con lampi di giallo paglierino che  ne accentuano la luminosità. Al naso grande aromaticità, in primis una nota alcolica che affievolendosi lascia il posto a richiami di tabacco dolce e noci, sul finale si avvertono rimandi a sentori di amarene e albicocche.

Dolce, ma non stucchevole, con eccellente equilibrio fra il livello zuccherino e la freschezza del vino. Corpo consistente, riempie il palato di aromi che si fondono in ampiezza e morbidezza lasciando una piacevole persistenza in tutta la bocca. L’ultima sensazione ricorda  un sapore di scorse d’arancia e soprattutto lascia il desiderio di …. berne un altro calice.

A testimonianza dell’eccellenza di questo Vin Santo fra i molteplici premi ricevuti a livello mondiale il prestigioso Champion Wine Award nella categoria vini da dessert.

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