Il giorno successivo e la mattina di quello seguente è stata l’occasione per visitare alcune aziende.
SALVATORE TAMBURELLO
Estesa per circa 24 ettari, dei quali 13 dedicati alla vite, si trova a Poggioreale in provincia di Trapani a 200 metri di altezza, dove si coltivano uve Nero d’Avola, Grillo, Catarratto e Trebbiano, ma anche uliveti di Nocellara del Belìce. Si producono 15.000 bottiglie all’anno, ma il potenziale sarebbe molto più elevato, fino a 90.000, se non si vendesse l’uva a una fidata cantina sociale di zona. Nove sono le etichette finora prodotte da un cortese e disponibile Salvatore con il pallino della qualità, anche nella produzione dell’uva che non verrà vinificata per se stessi ma ceduta. L’azienda si tramanda da cinque generazioni ma la prima annata in bottiglia è la 2014.
Dalla vendemmia 2017 viene inserita la linea N ovvero quella di vini biologici con tre criteri in negazione: non filtrati, non chiarificati e non stabilizzati, offrendo ai consumatori anche la possibilità di scelta tra quelli integrali e i più naturali.
Abbiamo visitato l’azienda, che dispone di dieci nuove tonneau da 500 litri, parimenti divise fra rovere francese e americano, e assaggiato i seguenti vini:
30 mesi Metodo Classico Igt Terre Siciliane 2019 11%. Trenta mesi sui lieviti. Dosaggio Zero (65% Grillo e 35% Catarratto). Tiratura 1970 bottiglie.
Cremoso e fruttato, sentori di lievito, floreale di gelsomino. Al palato è citrino ma soffice, affatto tagliente. Altra peculiarità è la sua lunghezza gustativa a dispetto della bassa alcolicità.
756 N Rosato metodo ancestrale (100% Merlot)
Succoso, fruttato di albicocca. Sorso vivace, pieno, ritorni di pesca, molto piacevole e gastronomico.
204 N Grillo 2024 Sicilia doc.
Succulento, elegante, agrume di un citrino delicato. Bocca succosa, cedrata dolce, sorso teso e di gran beva.
797 N Catarratto 2023 Igt Terre Siciliane.
Floreale e citrino, fresco, con frutta croccante. Palato ricco di polpa di frutta gialla e dotato di buona persistenza.
Trebbiano N 2023 Igt Terre Siciliane.
Elegante, floreale, lieve, bocca succosa e golosa, finale floreale e persistente.
204 Grillo Bio 2024 Sicilia doc.
Fresco, minerale, sapido, elegante, molto intrigante. Al palato si rivela asciutto, con buona persistenza citrina.
Primo Blend 2023 Igt Terre Siciliane da uve Trebbiano (vigna del 1986) per il 75% e Catarratto (la vigna è del 2011) per il 25%.
Minerale, fragrante, molto fresco, floreale giallo, ginestra, limone giallo, dovendo scomodare un colore è un vino interamente giallo. Al palato è pieno, grasso, persistente.
306 N Nero d’Avola 2024 Sicilia doc.
Fermentazione in cemento, sei mesi in vasca e successivamente bottiglia. Subito una croccante mora, ricorda alcuni Gamay, frutta a bacca rossa, e palato fruttato con tannini ancora un po’ ruvidi da svolgere meglio, ma è noto come questo vitigno abbia bisogno di un lungo tempo di affinamento per definirsi, ingentilirsi ed essere espressione di morbidezza e setosità.
CANTINA POSSENTE
Gestita dai fratelli Maria e Antonio assieme a Stefano Cammarata marito di Maria, è un’azienda che nasce nel 1982 e dispone di 37 ettari di filari, inclusivi dei nuovi impianti, che danno vita a 9 etichette per una produzione tra le 65.000 e le 85.000 bottiglie l’anno. I terreni sono suddivisi tra Alcamo (situati fino a 500 metri di altezza) e Salaparuta (fino a 400 metri di quota), nella Valle del Belìce, in un luogo dove il vento costantemente accarezza le colline composte di argilla e tufo. Il focus aziendale è il Catarratto; altri vitigni coltivati sono Grillo, Zibibbo, Nero d’Avola, Syrah. Ogni etichetta è frutto ella provenienza di un solo vigneto. Visitando la nuova sede dell’azienda creata nel 2009 a Salaparuta, abbiamo avuto modo di assaggiare tre vini a base di Catarratto, tutti non filtrati e che effettuano la fermentazione spontanea con pied de cuve.
Kima 2023 Terre Siciliane Igp (Catarratto).È di gran lunga il vino più prodotto dall’azienda a Salaparuta, la cui quantità varia in funzione dell’annata e attualmente si attesta a 30.000 bottiglie l’anno, con una media di un terzo del complessivo. I terreni della vigna sono una tessitura di calcare tufaceo. Olfatto intrigrante che promette una trama sugosa e fruttata, sensazioni di crema di mela per bambini, floreale di ginestra, minerale. Sorso agile, si conferma la sugosità, è pieno, sapido, minerale, molto gradevole e persistente, convince senza dubbio. Sul finale una piacevole nota amaricante, endemica del vitigno.
Bunifat 2023 Alcamo doc (Catarratto). Prodotto ad Alcamo su terreni calcareo rocciosi. Subisce un lieve passaggio in legno per quattro mesi per il 20% della massa in tonneau usati. All’olfatto è convincente e declinato al giallo, ginestra, limone, granita di limone, poi erbe officinali, timo al limone, elicriso, minerale. Tuttavia al palato esplode la vaniglia e un agrume declinato all’esotico che ci fa pensare il vino abbia ancora bisogno di tempo di sedimentazione. Buona la freschezza e la persistenza.
Cinque inverni 2017 Terre Siciliane Igp (Catarratto macerato). La versione che abbiamo assaggiato era l’ultima immessa nel mercato. Prodotto a Salaparuta su terreni con ancora più argilla e vigne anziane poste a 350 metri di altezza. È lo stile tradizionale del vino che si faceva fino agli anni ’50-’60 e ora recuperato con una realizzazione di maggiore pulizia. Macerazione delle uve per 15 giorni in tini di acciaio, dopo sei mesi viene messo in tonneau per tre anni, successivamente trascorre un ulteriore anno di affinamento in bottiglia. Note di miele, di frutta secca, nocciole sotto miele, cuoio, crema allo zabaione, cipria. Sorso glicerico, minerale, con una misuratissima e integrata volatile, e di grande lunghezza minerale.
Menzione speciale per un ottimo olio extra vergine di oliva, da cultivar Cerasuola e Nocellara del Belice, che inizia con note vegetali amare per poi virare e convergere sul piccante.
TERRE GARCIA
La tenuta si trova nel comune di Monreale, città sede della cattedrale di origine Normanna patrimonio dell’UNESCO, in Contrada Garcia, al confine con la provincia di Trapani, sul versante di una collina ventosa che è esposta a levante dove dimorano i vigneti, a 350 di quota. I terreni di 10 ettari complessivi dei quali 8 destinati a vigneto, sono ciottolosi, argillosi-calcarei, con presenza di rocce di carbonato di calcio affioranti, dal suolo chiaro, ben drenanti e fertili. Terre Garcia nasce nel 1951 come azienda agricola e dieci anni dopo viene piantata l’uva per fare vino. A partire dal 2019 l’azienda è gestita dai fratelli Calogero e Gaetano Aloisio, innamorati del luogo e del lago dove hanno passato la loro infanzia, supportati dal padre Giuseppe e da mamma Annamaria. La gestione dei vigneti è in regime biologico, in conversione. Coltiva essenzialmente Grillo, poi Nero d’Avola e del Syrah. Si ha anche del Sauvignon Blanc di cui si vende l’uva. Le bottiglie prodotte all’anno sono attorno alle 10.000 per le sole due etichette del momento. Abbiamo visitato questa piccola realtà molto isolata, percorrendo una strada asfaltata, in alcuni tratti malridotta e con bisogno di sistemazione, che si avventurava addentrandosi nella profondità della valle. E questo era nulla: ci attendeva un altro cammino bianco e ciottoloso che si inerpicava impervio e scosceso sul colle dove dimoravano i vigneti, i cui grappoli di Nero d’Avola erano ancora molto lontani dalla maturazione. Giunti finalmente in cima, con gran fatica e difficoltà per i nostri mezzi di trazione, e non per ultimo con un sole che batteva i 36 gradi, lo spettacolo visivo ci ha ricordato una frase a noi nota del matematico John G. Bennett (ripresa in un brano da Robert Fripp nella sua carriera solista all’esterno dei King Crimson): It is impossible to achieve the aim without suffering. Sofferenza ripagata da quello che sotto i nostri occhi faceva bella mostra di sé. La collina a 350 metri di altitudine è circondata dal lago Garcia da un lato e dal pizzo del Gallo dall’altro, e offre una veduta mozzafiato su Rocca di Entella, Monte Genuardo, Rocca Busambra, il bosco di Ficuzza, il Monte Jato e i monti di Piana degli Albanesi. Siamo rimasti sul serio con poche parole, ma con la bocca chiusa per evitare che i moscerini che ci attendevano gioiosi scegliessero l’orifizio per un giro di perlustrazione. Uno degli importatori, un indiano, ci ha pregato vivamente agitato di controllare il suo orecchio con la telecamera del proprio cellulare se ne dimorasse uno. Non ci è sembrato e comunicata la notizia si è finalmente rilassato. Ma forse ci siamo sbagliati, ed ora l’insetto si trova stupito a Nuova Delhi. Una volta ripresici, dallo stupore e dalla tirata, Gaetano il fratello minore di anni 28 (Calogero ne ha due di più), con la passione per la natura e per il tennis, per fattezze però lontano dal numero uno del mondo, ci ha proposto una piccola ma preziosa verticale del vino a base Grillo e il Nero d’Avola corrente. Per seguire il processo si avvalgono dell’enologo Salvatore Zichichi.
Contravènto 2024 (Grillo) Sicilia doc Proveniente da un singolo vigneto di 1.5 ettari. Fermentazione in acciaio con affinamento sulle proprie fecce per sei mesi, più due mesi in bottiglia. Aromatico, fruttato, floreale di ginestra, e decisamente declinato al minerale. Sorso piuttosto acido ma non tagliente e sapido, in un persistente finale di frutta gialla.
Contravènto 2023 Sicilia doc (Grillo) Fruttato con maggior polpa e sentori minerali. Sorso più maturo e leggermente più magro del 2024 ma godibile che termina ancora su una trama minerale.
Contravènto 2022 Sicilia doc (Grillo) Capolavoro. Molto intenso, polpa matura, succoso. Sorso vivace, pieno e avvolgente, glicerico, grasso. Ci ha rammentato i toni di alcuni Chenin Blanc per la mela e l’acacia. Il finale è piuttosto citrino con l’aggiunta di lievi note di cipria. Insomma ci ha assolutamente convinto per pienezza e vitalità: un Grillo parlante.
Kalatalì 2023 Sicilia doc (Nero d’Avola 85% + Syrah 15%) Prodotto in 3.300 bottiglie da un singolo vigneto di due ettari. Macerazione delle uve per 12 giorni, fermentazione malolattica spontanea, affinamento in acciaio per sette mesi e ulteriori tre mesi in bottiglia. Frutta rossa croccante, melagrana, succo di fragolina di bosco, arancia sanguinella. E ancora mora e mirtilli. Al palato è polputo, di gran beva e decisamente gastronomico. Nel suo persistente finale torna con gaudio l’arancia sanguinella. Terminata la visita abbiamo preferito scendere a piedi, per osservare da vicino i vigneti, cercando di combattere la calura incessante con la certezza il nostro sangue è interamente sudista. Ci siamo emozionati ad assistere a una danza di alcune farfalle macaone di grandi dimensioni, nere e gialle, che affatto timide della presenza dell’uomo sembravano volessero indicarci la strada a ridosso del vigneto. La memoria è andata alla casa che ne ospita a migliaia nel giardino di Burggarten poco fuori Vienna. Ma è anche un sintomo e simbolo di una conduzione non interventista, che concilia la natura con il lavoro dell’uomo. Plauso ai fratelli Aloisio, anche per l’impegno necessario alla conduzione dell’azienda (con la speranza d’esser perdonati se abbiamo celiato troppo).
Prima di tornare in albergo, c’è stato il tempo per una visita culturale di cui serberemo il ricordo (quindi grazie a Stefania Petrotta che ci ha fin lì condotti). La Valle del Belìce è tristemente nota per il disastroso terremoto di metà gennaio del 1968 che rase al suolo i paesi di Gibellina, Salaparuta e Montevago e causò dalle 300 alle 400 vittime.
Alberto Burri, artista e pittore umbro del ‘900, progettò un gigantesco monumento di arte ambientale chiamato Cretto di Burri, che riproduce le vie della vecchia città di Gibellina, sorgendo nell’esatto luogo dove una volta vi erano le macerie, ora cementificate dall’opera. Difatti gli agglomerati sono stati realizzati accumulando e ingabbiando i frantumi degli edifici crollati.
Ogni fenditura è larga dai due ai tre metri, mentre i blocchi sono alti 160 cm., il tutto per una superficie di circa 80.000 mq, una delle opere più estese al mondo di arte contemporanea. Dall’alto l’insieme appare come una serie di fratture di cemento sul terreno, il cui valore artistico risiede proprio nel frammentato e spezzato, sia riguardo al territorio che alle vite troncate, una epifania della memoria storica di un paese. È stato difficoltoso nel pomeriggio di metà giugno molto assolato (35 gradi) percorrere i vicoli in ertissimo pendio e giungere in cima della struttura (e ridiscenderne) che finora conoscevamo come ambientazione di un’opera teatrale di Marco Paolini per raccontare un altro dramma siciliano: quello di Ustica. Un nostro piccolissimo contributo al dolore che si respira nel luogo, un’inezia al confronto di quanto provato da chi ne subì le conseguenze.
Il giorno dopo, prima di recarsi da Serra Ferdinandea, non ha guastato al nostro morale un pit stop e tornare a Chiusa Sclafani per visitare il caseificio I sapori del latte della famiglia Pollichino, attivo dal 2011. Si produce interamente a partire da latte ovino crudo, proveniente da un gregge di circa 500 capi di razza Belicina che pascola in stato semi brado a circa 600 metri di altitudine. Si effettuano due mungiture al giorno, lavorandone il latte la mattina successiva, adoperando il caglio di pecora. La produzione spazia dalla ricotta (opulenta, profumata e sapida), ai formaggi primo sale (anche nelle versioni farcite di erbe aromatiche o peperoncino), semistagionato (4 mesi) e infine stagionato (12 mesi).
SERRA FERDINANDEA
A proposito di luoghi difficoltosi da raggiungere ma una volta arrivati ricompensano il sacrificio, non da meno è stata la visita a Serra Ferdinandea. La vista a 360 gradi che si gode al vertice, sferzati dai venti provenienti sia dal mare che dall’entroterra, osservando dall’alto i vigneti, veduta che arriva in profondità a intravedere il mare, è struggente. Nasce da una visione di un progetto condiviso della famiglia francese Oddo, con proprietà in Francia e in Sudafrica, e della celebre siciliana Planeta.
La tenuta è di dimensioni di poco superiori ai 100 ettari dei quali 60 sono foreste, 5 destinate a maggese, 17 sono di vigneti circondati dai boschi, 15 riservati al pascolo delle 15 vacche a stato brado. È nota l’importanza della foresta e con l’occasione la si sottolinea, quando circonda parzialmente dei vigneti, per creare idonee peculiarità mesoclimatiche, soprattutto quando è vasta con in questo caso. Si accennava al mare che si scorge in lontananza: è il tratto dove nel giugno del 1831 comparve l’Isola Ferdinandea, che francesi, inglesi e siciliani del Regno delle Due Sicilie si contesero ostilmente, e che agli inizi di dicembre del medesimo anno si risolse con la saggia decisione dell’isola di inabbissarsi, prima che si giungesse al peggio, quasi rifiutando l’uomo e le sue stupide guerre. Un tema da portare ad esempio di questi tempi. La letteratura da sempre sensibile alla bellezza, le ha reso omaggio in numerosi libri di autori francesi (Flaubert, Verne) e italiani (Camilleri, Bufalino, Pirandello). I vini Serra Ferdinandea prodotti in agricoltura biodinamica, uniscono varietà siciliane a varietà francesi con una resa di circa 40.000 bottiglie all’anno, per sole tre etichette. Il casale sopra ai vigneti utilizzato anche a scopo abitativo dalla giovane e dinamica direttrice Cecilia Carbone, è privo di elettricità ma dotato di un gruppo elettrogeno. I vigneti molto giovani con sette anni di vita, esprimono vini promettenti. Le coltivazioni di Nero d’Avola, Sauvignon e Grillo sono poste a 411 metri di altitudine, mentre il Syrah è più in basso, attorno ai 220 metri. La cantina invece è situata nella città di Menfi.
Bianco 2023 Sicilia doc (50% Grillo vendemmiato a fine settembre, 50% e Sauvignon Blanc vendemmiato a fine agosto) circa 15.000 bottiglie. La tessitura del terreno del Grillo è di marne calcaree. La fermentazione avviene in acciaio per il 25%, in botte per il 60%, e per il restante 15% è suddiviso fra tonneau e barrique. Successivamente effettua 10 mesi di affinamento, per il 50% in botti da 25/35 ettolitri, e l’altro 50% in tonneau da 500 litri. La traccia aromatica è fruttata e floreale. Fresco ed elegante. Tuttavia al momento l’apporto del Sauvignon prevale in maniera decisa (tenendo pure conto che questo vitigno prorompente rappresenta la metà dell’uvaggio), con note di foglia di pomodoro e una frutta esotica come l’ananas. Poi avvertiamo iodio e note marine, quelle floreali, e di erbe aromatiche. Sorso teso, buon corpo, ottima lunghezza con del pepe bianco sul finale.
Rosé 2024 Sicilia doc (rosato da Nero d’Avola) circa 15.000 bottiglie. Intenso, fresco e minerale, con note fruttate di pesca, floreale di rosa e ginestra. Sorso gratificante, con note citrine contenute e un finale persistente, con ritorni salini.
Rosso 2021 Sicilia doc (50% Nero d’Avola e 50% Syrah) circa 10.000 bottiglie. Il Nero d’Avola effettua 6/8 giorni di fermentazione e un anno in botte da 25 ettolitri; il Syrah invece 12 giorni di fermentazione e un anno in tonneau da 500 litri. L’insieme affina altri due anni in bottiglia. Olfatto croccante di frutta a bacca rossa indietro di maturazione, vivace, e ancora mora e ciliegia cruda, note floreali, iris, ibiscus e viola, spezie delicatamente piccanti. Sorso confortevole forse un po’ caldo, seppur dotato di una buona acidità, note speziate, ma con tannini tipici del Nero d’Avola ancora indietro di maturazione, certamente da smussare, ma che in prospettiva sono molto promettenti.
Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.
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