I ricordi hanno bisogno di molto tempo per sparire. Ma gli basta un nulla per riaffiorare. Una voce, un suono, un’immagine, un profumo, un odore.
Giorgio Faletti
Farò il bastian contrario, ricordando il passato per arrivare al presente. Una bottiglia di vino che mi fu regalata da un amico per il Natale 2010. Fu uno degli ultimi vini che bevvi con mio padre e mi rimase impresso per svariati (nonché ovvi) motivi, sia emotivi, che per quello che riuscì a trasmettermi e oggi a rievocare. Così l’anno scorso (Dicembre 2016), quando scorsi la bottiglia in uno scaffale di un’enoteca, mi avvicinai e vedendo che quel vino era quello dell’ultimo Capodanno passato con mio padre, neppure chiesi il prezzo, dissi subito: “lo prendo!” Lo assaggiai a Capodanno, insieme a mia madre senza dire nulla, per poi spiegargli il perché lo abbia voluto bere e con lei condividere un ricordo che rimarrà per sempre nel mio cuore.
Dopo avervi raccontato in breve una piccola parte di me è arrivato il momento di svelare l’arcano, si tratta di un Brunello di Montalcino, il Donna Olga 2004 di Tenuta Donna Olga
Lo degustai nel Gennaio 2011 e dopo sei anni posso avere la fortuna di assaggiare un vino che si conferma sempre al top, più ingentilito (come è giusto che sia). Sei anni fa lo ricordavo più muscoloso e con un carattere ancora non domo. Nel 2017, riscontro sempre una bella trama tannica, ma lo trovo agile e scattante, con una struttura ed una complessità che lo contraddistinguono.
Così come diceva il grande Tachis
Un vino è eccezionale, quando ci si siede in poltrona, si degusta, si chiudono gli occhi e si vede l’immenso
a fine pranzo chiudendo gli occhi immagino mio padre che è seduto vicino a me e sento la sua voce che mi dice “Buono questo vino”.
Dal passato ci muoviamo verso il presente.
Negli ultimi anni ho potuto constatare che per il periodo natalizio, uno dei vini maggiormente richiesti per fare un regalo è l’Amarone. Ma vi voglio parlare invece di una tipologia di vino, lo Sforzato, che è realizzato con lo stesso procedimento (appassimento delle uve) in una zona di viticoltura eroica: la Valtellina. Il vitigno principe della zona è il Nebbiolo (localmente chiamato Chiavennasca) e l’etichetta è Sfursat 2010 di Nino Negri.
Ho avuto modo di degustarlo un paio di sere fa in una cena con degli amici, rimanendone positivamente colpito ed avendo modo di cogliere le impressioni dei commensali seduti con me. Le uve vengono lasciate ad appassire per tre mesi, vinificate in rosso con una lunga macerazione, per poi avere un affinamento in botti di rovere. Tutto questo fa dello Sfursat un vino potente ma non stancante, piacevole che si lascia bere senza se e senza ma, nonostante complessità e struttura. I tannini sono vellutati, accompagnati da una gradazione alcolica importante (15.5% vol.) ed un bouquet intrigante. Riuscire a coniugare bevibilità con materia non è cosa facile, Nino Negri c’è riuscito. La sua eleganza in bocca e la piacevolezza a naso ne fanno veramente un regalo prestigioso.
Come per tutte le cose importanti si inizia per gioco e poi... si fa sul serio. È dal 2006 che mi sono appassionato e sono stato introdotto nel mondo del vino, GRAZIE a MIO PADRE. Poi per capire qualcosa in più ho seguito un corso e..... nel 2013 ho conseguito il diploma di sommelier. A tutti coloro che sono appassionati di vino, dico che bisogna sempre provare e degustare vini diversi, cercando di capire quello che il vino ci trasmette, soffermandoci sulle sensazioni e sulle emozioni che può dare.
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