La storia di Vietti comincia alla fine del XIX secolo, quando Carlo Vietti fonda la cantina nel cuore delle Langhe, nel borgo medievale di Castiglione Falletto. Da allora sono trascorsi più di cent’anni, eppure quella visione iniziale – credere nella terra, nell’uva, nella cultura del vino – non si è mai interrotta. Negli anni ’60, con l’incontro fra Alfredo Currado e Luciana Vietti, la cantina ha aperto le finestre sul mondo, esportando i suoi vini oltre oceano. Nel 2016, un nuovo capitolo: l’ingresso della famiglia americana Krause, che non ha cancellato la memoria, ma l’ha rilanciata con investimenti e la stessa ostinata fiducia in queste colline. Oggi Vietti è una delle cantine simbolo del Piemonte, con 75 ettari vitati tra Langhe, Roero, l’Astigiano e i Colli Tortonesi. Produce mezzo milione di bottiglie l’anno, di cui l’80% vola all’estero, soprattutto in America ed Europa del Nord. Ma nonostante la dimensione internazionale, Vietti resta profondamente legata al suo teatro originario: la Langa.
La Langa come palcoscenico
Le colline di Barolo e Barbaresco non sono soltanto vigneti: sono un palcoscenico naturale. Qui ogni MGA – Menzione Geografica Aggiuntiva – è un personaggio distinto, con voce propria, carattere irripetibile. La trama di questo grande spettacolo è fatta di marne bianche e sabbie, esposizioni al sole, nebbie mattutine e pendenze impervie. In questo teatro, il Nebbiolo recita la parte del protagonista, capace di trasformarsi da vigoroso guerriero a poeta melanconico. Fra queste colline sorge il Villero, cru di Castiglione Falletto. Non è un vigneto qualsiasi, ma un attore principale che cambia volto a ogni annata. Degustare le sue riserve significa assistere a una saga in più atti, in cui ogni millesimo porta in scena un nuovo personaggio, figlio del tempo e della terra.
Una verticale interessante è quella che ha permesso di seguire lo sviluppo del Barolo Riserva Villero, annate che vanno dalla 2004 alla 2016.
Barolo Riserva Villero 2004 – l’Highlander
Un’annata calda e generosa, manna dopo i travagliati 2002 e 2003. Nel calice appare rosso granato, con riflessi vivi e un cuore profondo. Il naso esplode in un corteo di ribes rossi e neri, ciliegie mature e un tocco esotico di pesca. Poi incenso, viole, cacao e caffè. In bocca è un gigante buono: volume, ricchezza fruttata e una dolcezza finale intrigante, quasi sensuale, ma sorretta da un tannino sferzante e vivo. Un vino che resiste al tempo con fierezza, da cui il soprannome aziendale : un vero “Highlander”. 95
Barolo Riserva Villero 2007 – il Dandy Internazionale
Annata calda, solare, considerata la più internazionale. Rosso granato elegante e limpido, profuma di viola e mora, fichi e cioccolato, tabacco e spezie dolci. Al palato è carezzevole, con un tannino levigato e una persistenza lunga. Ha l’eleganza di un cosmopolita che si muove sicuro tra salotti europei e grattacieli americani, senza mai dimenticare le radici langarole. È il Villero vestito di seta. 93
Barolo Riserva Villero 2010 – il Principe Luminoso
Una vendemmia tardiva, eppure equilibratissima. Il colore è granato puro, trasparente come un cristallo. Al naso un caleidoscopio: anice stellato, cardamomo, liquirizia, frutti rossi lucenti – ciliegia, ribes, fragola – e un soffio di cacao. In bocca è di una grazia rara: elegante, verticale, vibrante. Frutti di bosco e pepe nero si intrecciano in una struttura monolitica che però non perde mai finezza. È il vino che invita all’applauso, il principe che illumina la scena con passo leggero ma deciso. 97
Barolo Riserva Villero 2013 – il Professore del Bosco
Rosso rubino con riflessi granato, è figlio di un’altra vendemmia tardiva. Il naso racconta di boschi e autunni: tartufo, anice stellato, prugna matura, ciliegia, piccoli frutti rossi e neri, spezie e liquirizia. Al sorso è più introverso, con tannino profondo e un finale lungo che non si arrende. È il Villero che parla con voce calma e autorevole, che insegna pazienza e raccoglimento. Un professore che lascia il segno. 96
Barolo Riserva Villero 2016 – l’Artista Visionario
L’ultimo nato, uscito nell’ottobre 2024 con una veste speciale: l’etichetta creata dall’artista Richard Mosse con tecniche fotografiche innovative. Rosso granato luminoso, quasi scintillante. Al naso si muove fra sottobosco e balsami, frutti rossi e neri, prugna, viole e sambuco. In bocca è tannico, vibrante, lunghissimo, come una sinfonia che non finisce mai. È il Villero che guarda avanti, che unisce terroir e arte contemporanea, pronto a sorprendere chi lo berrà nei decenni futuri. 94
Vietti oggi cammina con due anime: quella antica delle radici e quella moderna della visione internazionale. Il Villero rimane il cuore pulsante, il vino che più di tutti sa raccontare la Langa nel suo farsi teatro del tempo. Ma attorno a lui la cantina continua a crescere, ampliando i vigneti, sperimentando nuove espressioni del Nebbiolo e dialogando con l’arte, come dimostra l’etichetta del 2016. Non è solo un gesto estetico, ma il segnale di una cantina che vuole farsi interprete di un mondo in trasformazione. Così, mentre i cru storici conservano il ruolo di pilastri, Vietti appare pronta a scrivere nuovi atti di questa saga. Atti che si svolgeranno ancora sulle colline delle Langhe, dove ogni vendemmia è una storia da raccontare e ogni bottiglia una memoria che non smette di vibrare.
Leonardo Romanelli, fiorentino, superate nozze di diamante con la vita, ha un lavoro difficile da descrivere, visto che ne racchiude tanti: ha deciso da tempo di voler fare il moderno Anton Ego, critico gastronomico modello “Ratatouille”, seduto nelle tavole di ristoranti di tutta Italia. Da sempre si occupa anche del vino, che insegna a degustare e lo presenta in eventi pubblici, oltre ad avere insana passione per le arti, che coltiva con passione sfrenata, da quella dell'insegnamento a quella del teatro con incursioni musicali e televisive, senza scordarsi della sua vera attività, professore alla scuola alberghiera e docente in Master Universitari. Organizzatore di eventi gastronomici ad ampio raggio, come i pellegrinaggi a tema alimentare o le session di cuochi che si fanno convincere a partecipare ad eventi imperdibili, riesce, non dormendo quasi mai, ad essere scrittore curioso, cronista del gusto. Ha scelto con gioia di passare le sue giornate a tavola o in cantina, attività che volge con piacere inaudito. Ultima attività messa in ponte è quella di artista performer per eventi legati al vino, con la presenza di sue opere di riciclo creativo.
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