Poco tempo fa ho appreso la storia di un ragazzo che per colpa di una brutta botta alla testa ha perso la capacità di percepire olfatto e gusto. Già è spaventoso avere un simile incidente, ma il solo pensiero di tali conseguenze mi ha fatto star male.
Con il lavoro che ho scelto (o è il lavoro ad aver scelto me?), ho un assoluto bisogno delle mie papille gustative e della mia sensibilità per i profumi.
In un certo senso, una professione che vede al centro gli odori e la degustazione potrebbe essere considerata come una forma d’arte sofisticata.
Di solito, quando vengo chiamata a parlare di vino inizio la serata dicendo: “Il vino è l’unica forma d’arte che possiamo bere!”. E non si tratta solo di vino: cosa ne pensate della cucina? Dov’è il confine tra arte, originalità e scienza? Me lo chiedo spesso…
Lo chef Jure Tomič ha assistito compiaciuto al nostro arrivo (e non solo del nostro) attraversando il salone nel suo ristorante Ošterija Debeluh a Brežice. Nato nel 1981, ha lasciato un segno in Slovenia vincendo il Barilla Pasta World Championship con la sua ricetta di fusilli con formaggio di capra e zucca. Ma chiaramente la sua cucina non è solo questo.
Il ristorante l’ha aperto nel 2002, all’età di 21 anni. A quei tempi Jure utilizzava la griglia del padre e la cucina era di matrice strettamente balcanica. Oggi Jure rappresenta un importante riferimento nei progressi della cultura slovena della tavola, con ingredienti di alta qualità, locali e stagionali.
È stato presidente dell’associazione Jeunes Restaurateurs d’Europe in Slovenia, ha studiato all’estero e ha una ricca carta dei vini. Bottiglie di Gravner, Movia, Sassicaia, Dom Perignon, Taittinger, Krug e molto altro ancora… sono esposte o si stanno raffreddando nel banco frigo.
Mentre gustavamo piatti preparati ad arte, abbiamo chiacchierato un po’ con Jure.
VINODABERE: Quando crei nuovi piatti, come scegli gli ingredienti, come combini sapori insoliti o audaci? Ti capita di sbagliare?
Jure Tomič : “Li combino stagionalmente e imparo attraverso le esperienze, che mi fanno guadagnare competenza”.
VINODABERE: Quando ha capito per la prima volta che voleva diventare uno chef?
Jure Tomič: “Riesco a malapena a descriverlo con precisione… forse quando sono capitato in una cerchia di miei buoni amici che già erano in questo settore.”
VINODABERE: Gli inizi?
Jure Tomič: “Nel 2002”.
VINODABERE: Se pensi a un piatto della tua infanzia, quali sono i ricordi più belli?
Jure Tomič: “Uova all’occhio di bue con ciccioli”.
VINODABERE: Sei un gourmet audace? Ci sono degli alimenti che non mangeresti e nemmeno proveresti?
Jure Tomič: “Mangio di tutto… e sono predisposto ad assaggiare di tutto”.
VINODABERE: Qual è il tuo comfort food preferito?
Jure Tomič: “Pane fatto in casa e lardo affumicato fatto in casa”.
VINODABERE: Il miglior ristorante in cui sei stato?
Jure Tomič: “La Pergola di Roma… e, naturalmente, devo citare i miei amici Tomaž Kavčič e Dvorec Zemono”.
VINODABERE: Come descriveresti lo stile della tua cucina?
Jure Tomič: “Creativo e innovativo in base alle stagioni, con una visione della tradizione e dell’ambiente in cui vivo”.
VINODABERE: Qual è il piatto in cui ti riconosci? Il piatto del cuore?
Jure Tomič: “Un tortino di tartare di bovino, fegato d’oca e uova di quaglia”.
VINODABERE: Cosa ti lascia la tua partecipazione ai JRE?
Jure Tomič: “Tanti vantaggi, ma soprattutto il riconoscimento internazionale”.
VINODABERE: Quali erano i tuoi obiettivi come presidente dell’associazione in Slovenia?
Jure Tomič: “Diventare uno Stato membro importante dei JRE, rispettato da un’associazione di valore internazionale, che è apprezzata molto più all’estero che in Slovenia”.
Jure utilizza le tecniche e le attrezzature più avanzate e innovative della cucina moderna. Con gli ingredienti che usa non prepara piatti nuovi, ma cerca di preservare la versione ideale dei “classici”. Le ricette tradizionali, sembra dirci, sono la nostra storia: possiamo solo interpretarle e riscriverle.
Ma ricapitoliamo. Ecco i piatti che ho provato all’Ošterija Debeluh:
Paté di vitello, avvolto nel carpaccio, e la tartare bovina, dove la carne viene macerata nella zuppa fredda di noce moscata, fegato d’oca e uovo di quaglia arricchito con caffè – questi sono due classici, che devono essere sempre nel menu, soprattutto per gli ospiti di Zagabria.
Non va assolutamente dimenticata, poi, la trota affumicata con pera arrostita, rafano e uova di trota. E neppure il semplice fegato alla griglia (il mio grande amore!).
Ogni piatto che mi è arrivato davanti ha conservato un tesoro di aromi meravigliosi. Anche se le persone possono riconoscere solo alcuni odori all’interno di un’ampia miscela di profumi, qui ogni sapore poteva distinguersi ed essere rilevato separatamente: ogni componente completava il piatto.
È proprio come scrivevo all’inizio: sì, la cucina è una forma d’arte che può essere consumata. Mangiata. Almeno i piatti di Jure lo sono!
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