Il grande Abruzzese nel ricordo di un amico e “compatriota”
Oggi Roma, la Roma dove abito, un po’ a intermittenza ora come nei primi sette-otto anni (per motivi diversissimi), da circa mezzo secolo, e che inevitabilmente, senza togliere un filo al mio essere abruzzese e aquilano, seconda patria per forza è diventata; oggi Roma – dicevo – onora un abruzzese speciale (e per me prima di tutto una persona speciale, un affetto sincero, uno più grande di te di cui ammiri le doti specialissime, osservi i comportamenti stupendoti a volte come guardando un film o leggendo un racconto fantasioso e geniale, studi la personalità complessa, frastagliata, e scorgi, massì, pure il cosiddetto lato umano, i tic, le piccole manie, le debolezze minime sorridendone con divertimento e calore), dedica un parco a Edoardo Valentini, e io – maledetto me, direbbe il grande Veronelli – non ci sono.
Francesco Paolo Valentini insieme al padre Edoardo
Lo so, sono giustificato (mi perdonerebbe anche lui, che del resto rifuggiva di regola e mal tollerava ogni ufficialità formale, e arrivò a simulare una colica renale, una volta, per non andare a ritirare un pur ambitissimo premio). Sono a Milano a presentare una Guida di cui condivido una parte di responsabilità e dunque (come direbbe qualcun altro/a, ma io lo dico prendendomi in giro da solo) vado a metterci la faccia. Ma il cuore, un bel pezzo di cuore, resta là: in viale Giustiniano Imperatore, incrocio Via Galba, dove alle 10,30 stamane, alla presenza del vice sindaco di Roma Luca Bergamo, che rappresenterà la città, sarà scoperta la targa che dice: “Parco Edoardo Valentini: vignaiuolo e cantiniere (1933 – 2006)”. Edoardo Valentini, il pensatore/facitore di vino (e olio eccelso, che amava del pari, e grano e frutta eccelsa che “abbiamo smesso di fare quando ho capito che mon potevo dare la paga sindacale a chi lavorava: e io meno mai darei e mai avrei dato”) che ha saputo – e cito l’ANSA e condivido – portare nel gotha della viticoltura mondiale i vini abruzzesi. Ma, di più, portare l’Abruzzo su un red carpet (un white carpet o un pink carpet, secondo che colore di calice preferiate) senza mai svenderne l’anima e difendendone come un leone l’eccellenza profonda celata dentro una terra dura e fonda e soprattutto sotto cumuli di incuria, cinismo, indifferenza di chi ben più di lui avrebbe dovuto (pre)occuparsene (avevo detto di lui durante una celebrazione a Vinitaly, e qui ripeto, che «Edoardo era tutto e il contrario di tutto; estremamente orgoglioso, in modo pure violento, ma anche autoironico in maniera altrettanto tagliente. Come nella canzone di Lucio Dalla “Nuvolari”, anche per lui tre più tre faceva sempre sette, ma anche cinque quando c’era da prendersi in giro)…
Ai Valentini (la moglie, straordinaria; il figlio, erede, ma non solo: autore e artefice a sua volta, e per mia fortuna a sua volta amico; il nipote già in pista e sua madre Elèna, pilastro anche lei) il mio abbraccio, la soddisfazione a condividere la loro, un ciao e una certezza: che andrò prestissimo – pochissimi giorni, non di più – a scolarmi la mia bottiglia di Trebbiano nuovo davanti a quella toponomastica così speciale. Grato sempre. Dei vini, delle parole, dei fatti, e soprattutto dei fastosi coriandoli di vita condivisi.
Ecco dove sorgerà il parco