Rimani in contatto con noi
[the_ad id="81458"]

News

Roma – Il ristorante Pipero per una sera gemellato con Gambero Rosso

Percorsi gustativi: vino e cibo in abbinamento con grandi cantine e cucina d’autore

Esploriamo l’armonia con le proposte di Pipero, ristorante stella Michelin, per una sera gemellato, diciamo anche felicemente, con Gambero Rosso, per unire il buon cibo al buon vino.

Serata pensata dalla mente arguta e sinusoidale, un po’ come il vino, del genio della Guida Tre Bicchieri, Giuseppe Carrus. Meditando sulle proposte di quest’anno, ha individuato quattro cantine, da varie regioni che poi vi diremo, che mantengono alta la qualità nelle versioni spumante, bianco fermo, rosso e vino dolce. Insieme però ai calici, ci ha messo lo zampino il cibo, le versioni gastronomiche in questo caso nate dall’istrionico animo di Alessandro Pipero e della sua squadra in cucina.

Quattro numero perfetto è qualcosa di nuovo, normalmente è il tre. In questo caso invece i sedici calici proposti nelle varie versioni delle quattro cantine, hanno abbondantemente avuto qualcosa di unico da raccontare. Soprattutto perché partendo dal Piemonte, passando per Verona e le Marche si arriva in Sardegna con vini che davvero raccontano la storia del nostro paese, le tradizioni vitivinicole, i passi in avanti verso una ricerca sempre più attenta al prodotto e al consumatore.

Dalle brezze marine e i terreni profondamente calcarei tipici della Sardegna e delle sedimentazioni millenarie dell’isola, il Torbato è un unicum nel suo genere, uguale solo a sé stesso. Spumantizzato da Sella&Mosca da sempre con metodo Charmat, dal 2016 si affaccia a Metodo Classico, e assaggiamo Alghero Torbato Brut Oscarì 2022.

Il Torbato è arrivato con gli Spagnoli nel 1300, poi è stato abbandonato perché dal carattere difficile. Dopo molte prove con l’arrivo della famiglia Moretti a Sella&Mosca (siamo ad Alghero con un’azienda che vanta la più grande estensione mono vigna d’Europa con 520 ettari tutti in un’unica parcella), questo metodo classico rimane sui lieviti per 24 mesi, mantiene una buona freschezza, la mineralità immancabile che poi diventa camomilla, arancia candita e sbuffi floreali. La vicinanza al mare lo giustifica ma anche la natura stessa della varietà.

Che cosa ci colpisce? La sperimentazione sul Torbato da Charmat a Metodo Classico che non è affatto scontata. Mantenere la tradizione sembra il filo conduttore e anche la volontà di non scalfire la bella aromaticità del vitigno, con una sosta sui lieviti non troppo lunga.

Per l’abbinamento al cibo vi raccontiamo il Trento brut Nature Dèkatos Riserva 2013 di Roeno. Azienda di grande tradizione, nella Valdadige, in una stretta lingua di terra tra Monte Baldo e la Lessinia. La famiglia Fugatti qui trova la propria casa, per produrre vini dalla forte componente aromatica, sostenuta da una imponente struttura e complessità. Tra Trentino e Bardolino, una zona di non-confine su terreni limo-sabbiosi e in parte argillo-calcarei, si esprime con ostentazione nel Dèkatos Metodo Classico che fa sosta sui lieviti per ben 130 mesi. Progetto importante a livello famigliare, qualcosa che andasse a riconoscere la terra d’origine. Decimo/Dèkatos è l’anno in cui avviene la sboccatura, da sole uve Chardonnay, bollicina che, nonostante gli anni, rimane abbastanza intatta, sfidando il tempo e le mode.

Al fianco un magnifico piatto composto da due portate: zolla di manzo (tartare) affumicata con mayo di mandorle, una carne freschissima e docile che con la bolla fine del vino si amalgama, a seguire una ricciola glassata in pastella realizzata con sifone (la struttura della pastella è sottile e soffice, quasi priva di consistenza e grassezza), condita con soya, miele e ‘nduja che come dice Pipero pochi sanno essere un condimento perfetto e assolutamente non invasivo. Dona quella piccantezza raffinata e piacevole col vino spumante.

Ci preme arrivare a uno dei vini migliori della degustazione, Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Historical 2020, Umani Ronchi. Etichetta giovanissima di un’azienda che è vera storia delle Marche vinicole, a Cupramontana dove pulsa il cuore del Verdicchio Classico. Massima espressione di vino da invecchiamento, giallo oro brillante, spinta verticale al naso che lancia direttamente sulle sponde delle terre dove si produce quest’uva. Il carattere è minerale, sapido, salmastro sul finale pulito. Complesso ma anche scorrevole nella beva, senza cadere nella banalità, si arricchisce di note agrumate profonde e cedro. Abbinato al riso con burro aromatizzato al whisky e alici, e poi alla famosa Carbonara di Pipero dove il rosso d’uovo è una crema burrosa e piena, il guanciale croccante ha la struttura di una caramella, un dado sapido che si scioglie in bocca, accompagnato dal sorso ampio del vino, è un vero susseguirsi di ampiezza gustativa e piacevolezza.

Di Umani Ronchi vi raccontiamo anche il Metodo Classico, la Hoz Nature 2018. Il progetto dello Spumante è nato nel 2008, non con la scoperta di nuove uve ma sul solco di una spumantistica che nelle Marche affonda parecchio indietro nel tempo. Non stiamo a dirvi troppi dettagli ma basta sapere che nel 1500 fu scritto nelle Marche un volume sulla rifermentazione in bottiglia, il metodo Scacchi (autore del libro), ancor prima di Don Perignon. Si infonde eleganza come cifra aziendale, utilizzano uve Verdicchio all’80% e il resto Chardonnay che affina in tonneau. L’affinamento sui lieviti è di 50 mesi. Un vino che rompe gli schemi, il primo Nature nella regione, espressione di una matrice territoriale marcata, a livello olfattivo si sente pienezza, materia, struttura, giocato su freschezza sapida. Una silhouette molto equilibrata, grandissima bollicina.

Il manzo (frisona laziale) agli spinaci viene servito con aglio nero e olio all’alloro, e si abbina bene a Amarone della Valpolicella Classico Cima Caponiera Riserva 2017, Cà Rugate. L’azienda racconta un secolo dell’Italia vinicola, a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona. Un albero genealogico che parte da Amedeo, e fino ad oggi, con circa 90 ettari, produce etichette tra Soave Classico, Valpolicella e Lessini Durello. L’annata è già stata una bella sfida ma questo Amarone cerca di trovare un’altra strada, cioè un vino, pur frutto dell’appassimento, che va per un percorso proprio senza snaturare quella che è la sua tendenza. Si esprime con sentori di ceralacca, smalto, note eteree, non mancano i piccoli frutti rossi, la ciliegia e a seguire note speziate (zenzero e pepe), piacevoli le sensazioni di agrume. Quello che stupisce è la bocca, fresca, con tannino sottile, un sorso fragrante e raffinato, che mantiene intatto il frutto maturo ma non arriva a confettura. Un “ritorno alle origini”, agli anni ’70 (quando la maturazione non arrivava mai grazie a un clima più clemente ed i produttori non cercavano a tutti i costi vini eccessivamente morbidi), fatto dalla testa di un produttore che cerca tensione e attitudine alla snellezza. L’altitudine della vigna (anche lontana dalla cantina) aiuta e qui si sceglie di valorizzare l’eleganza e meno la potenza, arrivando a maturazioni complete.

Una nota merita il Cabernet Marchese di Villamarina Riserva 2021 di Sella&Mosca. Un vino che mai ci aspettiamo da una terra dove in realtà il Cabernet è di casa, perché dove sorge l’azienda, all’inizio del ‘900, era presente un’attività vivaistica, che aveva certificate più di 1600 varietà commercializzate in pieno periodo post fillosserico. Molte varietà sono state abbandonate e alcune mantenute, come Torbato e Cabernet, che esprimono bene il territorio. L’ultima annata presentata è un quadro di mediterraneità indiscutibile, sfidando i grandi vini di Bolgheri, di Bordeaux e del Trentino. Un’etichetta spettacolare che gioca sulla parte di frutto mediterraneo, la grana del tannino ha il carattere della Sardegna, le uve sono raccolte molto mature ma non si eccede in alcolicità o surmaturazione. Non vuole potenza e struttura, anzi, la beva è di incredibile scorrevolezza. Pronto adesso ma anche proiettato al futuro, senza timore.

Senza timore anche 1865 Pre-fillossera, Enantio Riserva 2016, Roeno. Annata grandissima, equilibrata. La varietà è autoctona, su un vigneto di due ettari, interamente franco di piede. Il terreno è sabbioso, ricco di silicio, in etichetta si legge 1865 che è la data di nascita delle viti. La vinificazione è esatta e volta a esaltare ogni dettaglio del vino. Connotato da note speziate, il naso è intenso, complesso. Un vino concentrato di materia, sale, acidità e di trama tannica. La pulizia del gusto è perfetta, il frutto non cede, il tannino si allarga nella bocca, in maniera unica e originale. Integro, se pensiamo a quanta storia precede questa etichetta.

I vini dolci terminano questo percorso, e la premessa è “o ci credi o non li fai”. Marche Bianco Maximo 2020, Umani Ronchi, da uve Sauvignon Blanc. Naso speziato (zafferano), sensazioni di botrite, annuncia dolcezza e la sapidità finale dona al vino grande verticalità. Pensiamo anche che possa, perché no, iniziare il pasto.

Recioto di Soave Docg La Perlara 2013, Cà Rugate. L’olfattiva si inebria di albicocche di tutti i tipi, gelato allo zabaione (uscendo fuori dai sentori a cui siamo abituati), ma quello che più ci affascina è il richiamo alla salsedine. Sapidità e freschezza giocano benissimo una partita in cui questo vino vince facilmente. Il colore è ambrato, la consistenza è densa ma la bocca molto leggera e lieve.

 

I sassi di cioccolato al 70% con salsa di caffè e latte concludono il pasto, affianchiamo un magistrale Anghelu Ruju 2009 di Sella&Mosca.

Vino iconico e storico (prime vendemmie dal 1910), chiamato così dal nome della necropoli ritrovata all’interno della tenuta, durante alcune opere di scavo. Prevede l’appassimento delle uve Cannonau e anche l’aggiunta di alcol (fortificato, modello Porto), mentre la fermentazione si ferma col freddo. In un periodo indietro nel tempo si chiamava Porto Conte (è una località algherese). Ma a un certo punto i portoghesi hanno “alzato la mano”, nel 1920.

Il vero vino da meditazione, dove ogni descrizione diventa superflua.

avatar
Scritto da

Classe 1976, mi laureo in filologia classica alla Sapienza di Roma. Da sempre appassionata alla storia antica e alle lingue classiche, inizio a scrivere per giornali e testate online fin da molto giovane, occupandomi di costume e spettacoli. Divento prima pubblicista e poi professionista nel 2024, occupandomi di vino dal 2019, quando inizio a curare la rubrica Sulla Strada del Vino insieme al mio collaboratore Massimo Casali. Non ho ancora un blog e scrivo per chi ha voglia di approfondire e capire il vino non solo come consumatore, convinta che questo settore possa aprire scenari e mondi magnifici e inaspettati.

Iscriviti alla Newsletter

Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia

NELLA CLASSIFICA DEI 10 CAFFÈ PIU’ COSTOSI AL MONDO 4 DERIVANO DALLA MASTICAZIONE DEGLI ANIMALI

News

La classifica dei migliori 10 Panettoni d’Italia del 2019 secondo Vinodabere

News

La Classifica dei migliori Cannonau della Piccola Guida della Sardegna di Vinodabere – Seconda Edizione (assaggi effettuati nel 2019)

News

La classifica dei migliori 20 Panettoni d’Italia del 2021 secondo Vinodabere

News

Connect
Iscriviti alla Newsletter

Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia