«Tutte le strade portano a Roma» per bere il vino della sua DOC. Così vorremmo, in un prossimo futuro, fosse completato il celeberrimo antico proverbio che trae origine dall’efficiente sistema di viabilità dell’antica Roma, su cui, in buona parte, si basa l’attuale sistema viario italiano. Perché il legame che unisce la città eterna al vino ed alla vite è inscindibile e affonda le sue radici – è proprio il caso di dire – in un lontano passato.
Infatti, fin dall’epoca dei re, i Romani appresero dagli Etruschi le tecniche vitivinicole. Già nel II° secolo a.C. la vitivinicoltura raggiunse livelli molto elevati ed il vino era consumato anche in locali pubblici di vendita (thermopolia).
In questi luoghi la vite è sempre stata una pianta amata e rispettata come testimoniato anche dal fatto che fino all’Unità d’Italia la città era disseminata di un numero, ora inimmaginabile, di filari di vite che convivevano con le strutture urbane, segno di una cultura ed un legame che oggi andrebbe recuperato e valorizzato.
In un’ottica così delineata nasce nel 2011 il Consorzio Tutela Vini Roma Doc con l’intento di tutelare e promuovere un marchio simbolo del made in Italy, espressione di un’area di produzione ricadente nella parte centrale del Lazio che comprende i territori litoranei, la Sabina romana, i Colli Albani, i Colli Prenestini e parte della campagna romana. Attualmente, ben 78 produttori sono coinvolti in tale progetto.
Malvasia del Lazio, Bellone, Bombino bianco, Trebbiano Giallo e Verde per i vini bianchi e Montepulciano, Cesanese di Affile, Cesanese Comune, Sangiovese per i vini rossi sono le uve su cui il marchio fonda la sua identità.
Abbiamo partecipato ad un mini tour organizzato dal Consorzio presso alcune aziende associate per scoprire i passi compiuti e le prospettive future della denominazione, assaporando la consapevolezza del potenziale espressivo, ma anche la permanenza di alcune criticità e percependo, tuttavia, il condiviso intento di porre in essere nuove strategie per una costante crescita.
La prima tappa ci porta a Casale Vallechiesa della famiglia Gasperini, una moderna ed innovativa realtà di Frascati, in località Pietra Porzia, contrada storica per la produzione dei vini frascatani.
Nell’arco di un secolo abbondante di storia vitivinicola qui si è passati dalla vendita del vino con il «carretto» all’utilizzo della Blockchain per il miglioramento dell’esperienza del cliente e della produzione, espressione evidente di una visione moderna e lungimirante. L’azienda produce tre etichette Roma DOC che abbiamo assaggiato, riscontrando tratti comuni rappresentati da una delicata verve minerale e piacevolezza di beva. Queste le nostre impressioni.
Caspide Roma Doc Bianco 2022
Malvasia e Bellone per questa etichetta prodotta, dal 2021, da uve raccolte a mano e fermentate in vasche di acciaio a temperatura controllata. Esprime al naso delicati profumi di frutta bianca con cenni floreali. Vivace e fresco all’assaggio si connota per un buon equilibrio ed una piacevole chiusura su note sapide. Di spiccata bevibilità. Matura in acciaio sui lieviti prima dell’imbottigliamento.
Caspide Roma Doc Rosso 2019
Affina in acciaio sui propri lieviti prima dell’imbottigliamento questa espressione della denominazione prodotta per il 60% da uve Montepulciano e per il 40% da Cesanese, con un leggero passaggio in legno, connotata da nuance olfattive concentrate su frutti rossi croccanti ed erbe aromatiche. Il sorso è incisivamente morbido, ben sorretto da freschezza e sapidità che rende agevole la beva.
753 Roma Doc 2019
Ottenuta da uve Montepulciano e Cesanese provenienti da vigne di 30 anni, affina 4 mesi in acciaio, 10 mesi in tonneau nuovi ed ulteriori 2/3 mesi in bottiglia. Frutti rossi maturi, accenni balsamici e richiami floreali anticipano un sorso fresco, potente ma garbato, un tannino incisivo ed integrato con una piacevole chiusura su note sapide.
La seconda tappa del tour ci conduce a pochi chilometri di distanza nella Tenuta di Pietra Porzia e nella sua incantevole villa – dimora storica del XX secolo – che conserva un paesaggio intatto con vista panoramica a 360° su Roma. Un suggestivo viale di cipressi separa la villa dal complesso della cantina costruita nel 1892 che si erge su quella originaria scavata nel tufo 2000 anni fa. Si ritiene che quest’ultima, ubicata a 15 metri di profondità nei sotterranei della cantina moderna, svolgesse la funzione di cisterna terminale dell’acquedotto Claudio. Ancora oggi la grotta conserva una serie di gallerie per un totale di 400 metri scavate nel tufo. Ai lati delle gallerie sorprendono le circa 120 nicchie che un tempo erano usate per conservare le botti di legno.
Assaggiamo, tra l’altro, l’unica etichetta aziendale della Roma Doc, proveniente da uve Montepulciano per il 50%, Cabernet Sauvignon per il 35% e per il restante 15% da una varietà autoctona laziale, Lecinaro, riscoperta recentemente ed iscritta nel 2010 nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite da vino.
Questa la nostra impressione gustativa.
Roma Doc Rosso Lecino 2020
Solo acciaio per questa interpretazione della denominazione, caratterizzata da un naso di incisiva percezione speziata (pepe nero), seguita da frutti rossi, erbe aromatiche ed accenni balsamici. All’assaggio è di piacevole beva, fresco, succoso e con un’intrigante chiusura sapida.
“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” In queste parole la condivisione di una nostra passione e la voglia di comunicarla. Salvatore Del Vasto, laureato in Giurisprudenza e da sempre appassionato di vino, diventa prima sommelier, poi frequenta il Bibenda Executive Wine Master di Fis e poi consegue il diploma di Master presso l’Università di Tor Vergata in “Cultura dell’alimentazione e delle tradizioni enogastronomiche”. Sabrina Signoretti, laureata in Scienze Politiche, coltiva la sua passione diventando sommelier del vino, assaggiatrice di oli di oliva vergini ed extra vergini e sommelier dell’olio extravergine di oliva dell’AISO. Una delle qualità nascoste, la spiccata attitudine per la fotografia.
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