Diverse volte lo abbiamo scritto su questa testata ma vale la pena ribadirlo: la Sardegna è la nuova regione vinicola emergente italiana. Oltre ad una qualità molto diffusa su tutta l’Isola, assistiamo con piacere alla nascita di nuovi giovani produttori che si mettono in gioco credendo nella possibilità concreta di esaltare il proprio territorio attraverso la produzione di vini che lo rappresentino pienamente.
Uno di questi nuovi protagonisti è Francesco Mariotti, classe 1979, un ettaro di vigna a Tempio Pausania a circa 500 metri sul livello del mare, 5 mila bottiglie prodotte. L’azienda, che si chiama Davitha, è certificata bio ed ha avviato il percorso per la certificazione Demeter (biodinamica).
A destra Francesco Mariotti in compagnia del fratello (sulla sinistra)
Quattro i vitigni su cui Francesco sta lavorando: Vermentino, Caricagiola, Pascale e Moscato (sul Moscato Francesco sta ancora facendo delle prove di vinificazione e quindi il vino non è ancora in commercio).
Ma veniamo ai vini che abbiamo assaggiato:
IGT Colli del Limbara Bianco 2017: da uva Vermentino, vinificata con 24 ore di macerazione e fermentazione spontanea (lieviti autoctoni). Sapidità e mineralità sono al centro dell’assaggio, insieme a sentori iodati e salmastri e ad un lungo finale su ricordi di frutta gialla. Francesco non è ancora convinto del livello raggiunto da questo vino, ma a noi pare già un buon risultato.
IGT Isola dei Nuraghi Rosso 2017: da 50% Caricagiola, 40% Pascale, 10% Muristellu. La vinificazione avviene con 40 giorni di macerazione e fermentazione in tino aperto, tre rimontaggi manuali al giorno e affinamento successivo per 5 mesi in tonneaux usati. In evidenza eleganza, personalità, succosità, speziatura e scorrevolezza del sorso. Piacevolissima la chiusura su note di macchia mediterranea.
IGT Isola dei Nuraghi Rosso 2016: da uva Caricagiola in purezza. La vinificazione avviene con 40 giorni di macerazione e fermentazione in tino aperto, tre rimontaggi manuali al giorno e affinamento successivo per 12 mesi in botti da 550 litri e poi 5 mesi in acciaio. Note ematiche e di frutti rossi si uniscono a toni speziati e agrumati, mentre la beva è agile nonostante struttura e persistenza.
Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.
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