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Krug 2006, il Vintage dal cuore “caldo”

Figlio di un millesimo complesso al debutto però piace e convince

Vai a dire a qualcuno, di questi tempi, con tutto quel che è capitato e capita sul fronte clima e con Greta e i mirabili Greta’s girls & boys in piazza ogni settimana (chi scrive li ama ed è di parte, pur con qualche perplessità sui rischi pure qui non escludibili di fondamentalismo) che un’annata mooolto calda è  roba buona. Tanto più in un posto come la Champagne, dove la freschezza, la tensione, l’acidità è (a dir poco) mezza bellezza.

Ci vuole un certo coraggio dunque (che in casa Krug, con buoni motivi e la forza della storia in pugno, non latita di certo) per presentarsi 13 anni dopo a proscenio con un Vintage 2006 che è figlio della vendemmia con più giornate estive dalle temperature over 30° (inusitate un tempo in zona, ora sempre più frequenti e con record battuto proprio dall’appena chiusa 2019) e portarlo come nulla fosse in degustazione a confronto diretto con la classica armonia in levare (ascensionale e luminosa) del gustosissimo fratellino 2004 (tenetevene, se l’avete, una boccia in casa, che ne dirà in futuro ancora delle belle).

Eric Lébel

Ma lo chef de cave Eric Lébel & soci hanno di sicuro idee chiare, e un bel mazzo di prove (per così dire) da produrre a discarico. Primo, il dato – rovescio della medaglia dell’estate calda, bagnata prima, ma asciutta e costante da metà agosto in poi – sulla sanità diffusa e grande delle uve, replicata peraltro anche quest’anno. Poi la bellezza dei Meunier, la varietà (delle tre) cui la contingenza è più convenuta. E infine il fatto che gli Chardonnay (i più minacciati, invece, sulla carta) una dignitosa quota acida (7.07 con quasi 10° di alcol svolti i dati ufficiali) l’hanno alla fine salvata.

Grande Cuvée n.162,

Come teste di difesa conclusivo (anche qui con cuore davvero impavido) il team Krug ha convocato poi addirittura all’assaggio la Grande Cuvée n.162, quella avente appunto per base i prodotti targati 2006 (Pinot Noir 44% Chardonnay 35% Meunier 21%) pur con debita e meditata “correzione” di vini di riserva. E con sorridente souplesse ne ha abbinato l’opulenza speziata, curvy, matura (la sboccatura è ormai di un pezzetto fa), in parte barocca ma non ridondante (forme gustative in bilico tra Velasquez, Giorgione e Botticelli, ma senza tracimare nel Botero) nientemeno che con il dessert – ovviamente poco dolce – a base di mandorla, gelato allo zafferano, salsa all’acqua di pomodoro e fragole che ha chiuso il menu proposto all’uopo dal sempre più magico Antonio Guida, chef del Seta – Mandarin milanese.

Ma veniamo alla disamina del protagonista

Krug 2006 Vintage

Krug 2006 Vintage, blend al 48% di Pinot Noir (Montaigne quasi tutto), Chardonnay 35% (più “dorato” che “verde” nella circostanza) e 17% di Meunier di grande completezza e spessore, debutta con un poutpourry floreale generoso e seduttivo insieme. Ma poi pepe e frutta matura (anche agrume, ma senza unghie affilate, e soprattutto piccoli frutti rossi e note di marasca) guadagnano la prima fila; che, in bocca, illuminata da un pérlage intenso, fitto, fine ma ben presente, vede sfilare matericità, speziature generose e ricordi di erbe officinali, ma soprattutto morbide ondate fruttate e un finale che ricorda un po’ i funghi. Da bere, bene e con gran godimento, forse – ma forse il futuro dimostrerà che sbagliamo i pronostici: capita… – un attimo prima dell’ultimo 2004 (e dell’ultimissimo 2002…). Ma con un sorrisone stampato in bocca. Tanto più se ad allietare quest’ultima ci fossero, in ambo, cose come le ostriche con tartare di dentice, acqua di mare, daikon marinato e ammiccanti friggitelli, o la Royale di fagiano al mirto, salsa d’ortiche e funghi (eh già: giusto loro…) mandate in tavola dal già elogiato Guida a far pairing col 2006 il giorno del debutto meneghino…

PS per i “suiveurs” sempre più numerosi della “transparency” Krug, il codice ID della 2006, da cui risalire a ogni suo segreto, è 118014. Buona caccia…

 

 

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