Carmignano può oggi essere considerata uno dei simboli di un mondo vitivinicolo che trova la sua storia nell’epoca preromana (come dimostrano i vasi da vino e le coppe da degustazione trovati nelle tombe etrusche).
Da lì all’anno 804 le antiche origini hanno trovato testimonianza in alcuni documenti che dimostrano come questo territorio sia uno dei più antichi con riferimento alla nascita del vino in Italia.
Nel 1475 Monna Nera Bonaccorsi dava vita alla Tenuta di Capezzana costruendo la casa patronale e ben nove case poderali con i relativi impianti viticoli, destinate, allora come oggi, ad alloggio per coloro che lavoravano queste terre.
Altre generazioni e famiglie si sono avvicendate nella proprietà della tenuta: i Cantucci, imparentati con i Medici, e in seguito i Marchesi Bourbon del Monte.
Nel XVIII secolo una Cantucci sposata Bourbon ingrandì la fattoria e acquistò nuovi poderi.
Dopo i Bourbon del Monte l’azienda passò agli Adimari Morelli e poi ai Franchetti Rothschild, per poi arrivare ai Contini Bonacossi nel 1920.
Oggi la proprietà è gestita dall’ultima generazione dei Contini Bonaccorsi, Beatrice, Benedetta, Filippo, Serena (colei che mi ha accolto durante tutto il periodo della visita) e Gaddo.
Hanno concentrato il loro impegno nella coltivazione di alberi di olivo, ben 30.000, coltivati con il sistema della mezzadria e con una produzione interna dell’olio che vede questo oro riposare in vasi di coccio, alcuni con oltre 100 anni di età, e in particolare nelle viti sfruttando al meglio i terreni e mantenendo viva quella tradizionale che è stata per millenni simbolo della viticoltura di questi luoghi.
Emblema di quel passato che vede ancora una sfavillante luce in questi luoghi, il Vin Santo che si produce ci mostra un passato che sembra essere ancora attuale.
La grande sala dove le uve di Trebbiano Toscano e Colombana (una varietà quasi in estinzione) rimangono per diversi mesi ad appassire sui quei tralicci sapientemente assemblati, come facevano gli antichi viticoltori di una volta, con un alternarsi di colori che passano da note verdi a quelle aranciate e dorate.
Infondendo tutt’intorno profumi dove le note di fichi secchi e miele la fanno da padrone.
Ci accompagna in questo viaggio Benedetta, colei che seleziona con attenzione i grappoli facendo caso alla integrità e grado di maturità degli acini, scegliendo insieme a quelli perfettamente maturi anche quelli che risultano essere leggermente in ritardo ma che conferiranno al vinsanto che ne uscirà, una spiccata acidità che diverrà elemento determinante per farlo amare ed apprezzare in tutto il mondo.
Dopo la pressatura quel nettare ancora grezzo verrà riposto nei vecchi caratelli che riempiono la Vinsantaia.
Il luogo ideale per il riposo di questo vino nel pieno rispetto della tradizione, ubicato nel sottotetto sovrastante il Wine bar adibito ad ospitalità per coloro che decidono di addentrarsi in questo bellissimo viaggio nel passato.
Troviamo caratelli di forme e tipologia diverse, dal rovere al castagno per passare al ciliegio. Legni che per la loro età sanno raccontare la storia di questo luogo e della famiglia, perché proprio qui, l’attuale generazione dei Contini – Bonaccorsi, veniva a passare il tempo insieme a nonni e genitori, ascoltando storie che oltre ad essere insegnamento di vita diventano oggi anche ricordo dei bei tempi che furono.
Alcuni dei caratelli sono vecchissimi e prima dell’attuale utilizzo contenevano vini diversi, come quelli adibiti a far invecchiare il Marsala.
Benedetta è molto attenta alla gestione di questi particolari recipienti, sia se son colmi sia quando hanno già fatto il loro dovere, perché solo se perfettamente efficienti saranno ancora in grado di ospitare per ancora tanti anni il Vinsanto.
Li troviamo disposti nel sottotetto senza un ordine preciso riguardo all’annata. Sono posizionati in ogni angolo della Vinsantaia e quando ne chiediamo la motivazione ci vien detto che così si faceva in passato perché la temperatura che si ha nelle diverse parti del locale sottotetto non è uniforme e si rischierebbe di ottenere vini che oltre a dipendere dall’andamento dell’annata sarebbero anche influenzati dalla temperatura presente nelle diverse zone del sottotetto.
Un lavoro continuo per controllarne umidità e temperatura, sopratutto nel periodo estivo, attraverso l’apertura delle finestre presenti che permettono un maggiore o minore passaggio di aria e il controllo dell’umidità.
Poi l’assemblaggio dopo sette anni, tutti i diversi caratelli contenenti il vino della singola annata trovano posto in una vasca alla quale si può aggiungere un 10% di Vin Santo proveniente da vecchie annate per dare, qualora ce ne fosse bisogno, manforte al vino che verrà.
Risultato: grande personalità e grande equilibrio che abbiamo potuto constatare nell’annata assaggiata, la 2012.
Si presenta con profumi di miele albicocca e frutta secca (fichi e datteri in evidenza) a cui si accompagnano note eteree che sembrano strizzaci l’occhio per invitarci all’assaggio.
Appena la bocca si avvicina al bicchiere e le prime gocce raggiungono il palato, il Vin Santo ci mostra tutto il suo potenziale, che si esprime poi pienamente all’assaggio con un sorso agile e una spiccata acidità che ne sa contrastare alla perfezione dolcezza e ricchezza glicerica.
Un solista più che una spalla, durante gli abbinamenti lo abbiamo provato con i tipici cantucci toscani e con un formaggio del posto stagionato ben 48 mesi ed è risultato vincitore della sfida. Forse sarebbe stato più opportuno spingerci ad accostamenti ben più ambiziosi, in particolare con i formaggi erborinati.
Pur esaltati dall’assaggio di questo vino non possiamo trascurare gli altri vini dell’azienda che hanno saputo, in alcuni casi, suscitarci forti emozioni.
Partiamo da:
Vin Ruspo Rosato 2019
Un vino che ha nelle tradizioni contadine il suo nome. Si narra che rappresenti il vino che contadino rubava al padrone alla fine della vendemmia e che fosse l’ultima spremitura del vino rosso con un colore rosato e sapori intriganti, utilizzato per la festa del dopo vendemmia organizzata proprio dai contadini a cui era invitato lo stesso padrone che consapevole del fatto lasciava fare come simbolo di buon augurio.
Si presenta con profumi floreali e di fragoline di bosco, una bella acidità e sapidità lo accompagnano durante tutta la beva. Bello il finale persistente su toni di frutti rossi.
Trebbiano 2018
Un vino che rimane per 6 mesi su legni, in parte nuovi e in parte usati, caratterizzato da una nota di vaniglia e frutta. Buona l’acidità e sapidità anche se ancora l’utilizzo del legno è in evidenza nelle sensazioni organolettiche. Aspettiamolo qualche anno e saprà dire la sua.
Barco reale 2017 – 70% Sangiovese 15% Cabernet Sauvignon, 5% Cabernet Franc e 10% Canaiolo
Carmignano Villa di Capezzana 2016 – 90% Sangiovese 10% Cabernet Sauvignon
Note di frutta sottobosco e spezia, bello elegante e dinamico anche se il tannino appare ancora un pochino indietro.
Villa di Capezzana 2009
Il vino che che ci permette di capire l’evoluzione del vino precedente, è rimasto in azienda per 10 anni prima di venir commercializzato in appena 300 bottiglie da quest’anno. Spezia, note di cioccolato, balsamiche e fumé. All’assaggio si mostra ricco e intrigante ma allo stesso tempo dinamico ed elegante con un finale lunghissimo.
Carmignano Riserva Trefiano 2015 – 80% Sangiovese 10% Cabernet Sauvignon 10% Canaiolo
Un vino creato dal padre di Serena quando in passato aveva deciso di intraprendere una strada diversa da quella attuale, ma oggi rientrato in Tenuta di Capezzana. Ci appare intrigante da subito con note di spezia, profumi di violetta e sentori di fiori appassiti a farla da padrone. Durante l’assaggio ci mostra tutta la sua eleganza, con un tannino vellutato e un bellissimo carattere. Piacevolissimo e lunghissimo il finale su note di pepe nero.
Ugo Contini Bonaccorsi 2015 – 100% Sangiovese
Il Supertuscan dell’azienda creato in onore del fondatore Ugo Contini Bonaccorsi. Sentori di frutta e spezia si mettono in luce da subito, il sorso ci appare non ancora equilibrato ma diamogli tempo e saprà sicuramente farsi valere.
Ghiaie della Furba 2016
Note di fiori appassiti accompagnano profumi speziati e di grafite, un tannino vibrante ed elegante allo stesso tempo ci introduce ad un finale speziato molto interessante.
Ha fondato Vinodabere nel 2014. Laureato in Economia e Commercio specializzazione mercati finanziari, si è dedicato negli ultimi dieci anni anima e corpo al mondo del vino. Vanta diverse esperienze nell'ambito enologico quali la collaborazione con la guida "I vini d'Italia" de l'Espresso (edizioni 2017 e 2018), e la collaborazione con la guida Slow Wine (edizioni 2015 e 2016). Assaggiatore internazionale di caffè ha partecipato a diversi corsi di analisi sensoriale del miele. Aver collaborato nella pasticceria di famiglia per un lunghissimo periodo gli garantisce una notevole professionalità in questo ambito.
Aggiornamenti continui sul mondo dell'enogastronomia