Fabio Mecca, enologo lucano classe 1982, è un nome di spicco nel panorama dell’enologia italiana. Ha iniziato il suo percorso in Basilicata, dopo aver studiato Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche a Conegliano. Cresciuto in una famiglia di vignaioli, i Paternoster, oggi è l’enologo dell’omonima cantina della Famiglia Tommasi e offre consulenze a diverse aziende in varie regioni d’Italia, con un occhio particolare alla riscoperta di vitigni locali che erano stati dimenticati.
Mecca è al fianco delle cantine in ogni fase della produzione del vino.
Durante un incontro dedicato al vino, è stato presentato il suo lavoro sui vini del centro-sud, seguito da una passeggiata tra i produttori che hanno condiviso le loro storie. L’evento ha messo in luce vitigni unici e caratteristici, capaci di evocare emozioni e raccontare le tradizioni dei loro territori e le filosofie di produzione. Gli otto vini degustati si sono distinti per la loro personalità, evidenziando le peculiarità naturali grazie all’arte della vinificazione, suscitando riconoscibilità anche in assaggi alla cieca.
“Nerida”, vino bianco spumante extra dry, Cantina Sociale Cellinese BR in Puglia
È una cooperativa situata a Cellino San Marco che attualmente accoglie 300 soci che conferiscono le loro uve coltivate nel cuore della Penisola Salentina. Producono tutte le Doc del territorio: la Doc Brindisi, la Doc Salice Salentino e la Doc Squinzano. Nonostante le sue dimensioni, a partire da quest’anno, l’intento è quello di creare vini che si allontanino dalla muscolarità e dall’eccesso di alcol con estratti più equilibrati.
Grazie alle idee produttive di Mecca e all’apertura mentale di tutti i soci e del presidente nel voler esplorare una nuova direzione, è nato uno spumante Charmat a base di Negroamaro vinificato in bianco, da vigne giovani e una vendemmia anticipata. Le uve, raccolte in cassette, vengono pressate senza bucce e il mosto è trasferito in autoclavi per una fermentazione di circa 30 giorni, seguita da un contatto con le fecce fini per 45-50 giorni. L’imbottigliamento è avvenuto a fine gennaio.
La presentazione di questa bottiglia costituisce un banco di prova per un vino concepito come ambasciatore del vitigno, mantenendo intatta la versatilità caratteristica del Negroamaro.
Nerida, dal nome della contrada, si presenta con un colore delicato. Ha un profumo floreale elegante, con note di glicine, che accompagna senza predominare la mela. Al palato, la piacevolezza e la delicatezza si mantengono, con bollicine che esaltano la freschezza, mentre una nota salina finale aggiunge dinamicità e coerenza al sorso esaltandone la struttura.
“Akra” Terre di Cosenza Pecorello Doc 2024, Tenuta Santa Venere
Quando pensiamo alla Calabria, spesso ci vengono in mente il Gaglioppo e il Cirò, senza renderci conto che esistono molti altri vitigni da scoprire. L’azienda, creata cinque anni fa da Luciano Sposato e Giuliana Gagliardi, è situata a Castrovillari, nell’entroterra del Cosentino. Immersa in un paesaggio di frutteti, agrumeti, uliveti e vigneti, gode di una posizione privilegiata, protetta dalle montagne della Sila e con vista sul mare, in un clima mediterraneo e su un terreno ricco di sostanza organica.
Akra ovvero sommità, è un Pecorello che rappresenta un impegno nella ricerca di vitigni autoctoni, precedentemente trascurati per la loro bassa produttività e difficoltà di coltivazione. Grazie a un approccio innovativo, è stato avviato un recupero di questw varietà.
Le uve vengono raccolte al giusto grado di maturazione, diraspate e pressate con ghiaccio secco per evitare l’ossidazione e una colorazione eccessiva, tipica del vitigno Pecorello. Il mosto fermenta in vasca per circa venti giorni a 12 gradi e poi affina sui lieviti. La vera potenza di questo vino di montagna deve ancora rivelarsi, essendo stato imbottigliato da poco, ma le sue prospettive sono promettenti.
Note di agrumi e una marcata salinità marina conferiscono al vino una gradevole complessità aromatica. Il bouquet include fiori bianchi e frutta a polpa bianca come pesca e pera, risultando coeso ed elegante. La salinità aggiunge una reattività e una piacevolezza, leggermente contenute dall’inizio del processo evolutivo.
“Fescine”, Asprinio di Aversa Doc 2023 – Azienda Caputo 1890 di Agro Aversano CE
Mario Caputo, noto per il suo impegno nell’Asprinio, ci racconta il terzo calice. La sua azienda, attiva nella viticoltura campana da quattro generazioni, ha una produzione annuale di circa 400.000 bottiglie raggiungendo l’obiettivo di esportare in 42 paesi.
L’Asprinio di Aversa è il vino simbolo della Cantina, che produce anche nove etichette diverse che abbracciano i principali territori della Regione Campania. Proviene da vigneti ad alberata, un sistema di coltivazione tradizionale che raggiunge i 15 metri di altezza, ispirato al cesto per la raccolta delle uve, chiamato “fescina” in dialetto.
La vendemmia 2023 ha comportato un prolungamento dell’affinamento in bottiglia per migliorarne l’equilibrio. Qui la mano dell’enologo ha avuto un ruolo fondamentale, poiché la maturazione delle uve non è uniforme e richiede interventi specifici. È stata utilizzata una macerazione pellicolare più intensa per una maggiore estrazione dalle bucce, con una fermentazione prolungata fino a 30 giorni a temperature di 12-13 gradi.
Vino moderno con un’intensità di colore superiore rispetto al suo predecessore, presenta note fresche e una maggiore rotondità, pur conservando l’acidità tipica dell’Asprinio. Si avvertono distintamente sentori di drupa gialla e pere, in particolare quelle verdi, accompagnati da accenni di scorza di limone e fiori di campo, dando vita a un quadro organolettico interessante che invita alla degustazione.
La freschezza, moderata ma presente, rappresenta il fondamento del sorso, su cui il vino si dipana in maniera vellutata. Esprime sapidità, struttura e profondità, ed è un vino capace di affrontare il passare del tempo senza alcun timore.
“Vocatio” Primitivo Puglia Igt 2023, Tenute Bonora
Giovane realtà di dieci ettari dai quali nasce questo Primitivo coltivato a Laterza, situata nella parte interna della Puglia, nel cuore della provincia di Taranto. La viticoltura in questa zona è presente da diversi decenni, ma l’idea di portare il vino dalle tavole a chi desidera degustarlo è relativamente recente. Questo percorso è iniziato grazie al lavoro di Fabio Mecca, e nel 2024 è avvenuta la prima etichettatura.
L’interpretazione dei vini in questa area di produzione si distingue per l’assenza di surmaturazioni e alti livelli di alcol, puntando sull’equilibrio come elemento chiave. La vinificazione avviene secondo il metodo tradizionale per i rossi, con circa venti giorni di fermentazione e un affinamento di 14 mesi in legni nuovi con tostatura media, durante il quale svolge anche la fermentazione malolattica.
Si tratta di un vino realizzato in sole 2000 bottiglie, che rappresenta una sfida e un forte impegno emotivo, evidenziando l’importanza del lavoro enologico. Le uve provengono da terreni permeabili con molti ciottoli, fondamentali per riflettere la luce solare e favorire la maturazione dei grappoli.
Il profumo è caratterizzato da sentori di cioccolato e ciliegie mature sotto spirito, arricchito da delicate sfumature di arance rosse. Come anche da fiori freschi e mineralità, con accenni salmastri e vegetali tipici della macchia mediterranea, senza invasività derivante dalla torrefazione del legno. Presenta una buona concentrazione al palato, senza risultare eccessivamente muscoloso, garantendo così una discreta bevibilità. In evidenza note agrumate e una costante salinità, particolarmente importante nel Primitivo, che contribuisce a mantenere freschezza e piacevolezza.
“Argiòra” – Grottino di Roccanova Dop Riserva 2019, Cantine de Biase (Sangiovese, Cabernet, Malvasia Nera di Basilicata e Montepulciano)
A Grottino di Roccanova, in Basilicata, c’è una piccola denominazione vinicola istituita nel luglio 2009. Secondo il disciplinare, le uve Sangiovese devono costituire tra il 60% e l’85% del blend, mentre il resto è diviso tra Malvasia Nera, Montepulciano e Cabernet Sauvignon. Il territorio della Doc è un’area selvaggia e poco conosciuta. La famiglia De Biase ha creduto in questo progetto, che in passato è stato spesso sottovalutato, e ha investito nella costruzione di una cantina e nell’ampliamento dei vigneti, arrivando a quasi 10 ettari. Quest’anno hanno anche lanciato una Riserva, un passo importante per il loro progetto.
Le uve, in blend, provengono dal vigneto più antico dell’azienda e hanno epoche di maturazione diverse, portando a fermentazioni distinte. Si utilizzano piccole quantità di uva, circa 35-40 quintali per tipo, permettendo una micro vinificazione precisa. Dopo la fermentazione, il prodotto viene assemblato con percentuali leggermente variabili. Successivamente il vino viene affinato in grandi botti per 36 mesi e, dopo l’imbottigliamento, riposa per altri 14 mesi prima di essere commercializzato a Natale. Solo 4.000 bottiglie vengono prodotte, a fronte di un totale di 60.000.
Un assaggio alla cieca potrebbe far pensare a un vino toscano, ma il profumo rivela caratteristiche diverse. Al naso si percepiscono note boschive, more, ciliegie, con elementi del sottobosco, corteccia, foglie secche, erbe disidratate, creando un bouquet molto gradevole. L’impatto aromatico è degno di nota, con sentori di legno, liquirizia, pepe, tabacco scuro, grafite, corteccia di china e note ferrose. Alla beva è potente, e presenta una sensazione agrumata e di frutto scuro. Dominato da un’acidità vigorosa, il finale è leggermente salino, bilanciato da un tannino di buona qualità, e una leggera sensazione di liquirizia.
Rispetto agli altri, richiede più tempo in bottiglia per esprimere appieno il suo potenziale. Una caratteristica di questi suoli, molto calcarei, è quella di conferire una certa astringenza.
“Gratena Nero” Toscana Rosso Igt 2019, Fattorie di Gratena
L’azienda Fattorie di Gratena, situata in provincia di Arezzo e di proprietà della famiglia Ambrogi, gestisce 18 ettari di vitigni autoctoni, tra cui il Sangiovese e il Gratena. Quest’ultimo, originariamente piantato dal precedente proprietario per conferire colore al Chianti, è particolarmente sensibile alla siccità e alle alte temperature, richiedendo molta acqua per evitare che gli acini si rimpiccioliscano e compromettano la produzione.
Nonostante le sfide nella produzione, questo calice si distingue per la sua unicità. Si utilizza un approccio poco interventista. Le vasche di acciaio della stessa annata non vengono mescolate, rendendo ogni lotto diverso, e non si impiega legno. È importante mantenere gli acini coperti fino quasi alla vendemmia, evitando cimature e limitando le lavorazioni del terreno per favorire il deflusso.
Il profilo olfattivo è complesso e ricco, con un bouquet che include profumi di ribes, succo di mirtillo e amarena, insieme a note di bosco, muschio, humus e una balsamicità vegetale tipica della macchia mediterranea. Mantiene una gioventù enologica, essendo stato imbottigliato nel 2024 dopo un lungo affinamento (vendemmia 2019). Il finale è straordinario, con note agrumate, di grafite, mineralità e liquirizia fresca che si fondono ad un tannino quasi impercettibile, vellutato e molto delicato.
“Centorami” Aglianico del Vulture Doc 2019, Tenute Agricole Santojanni, Rionero in Vulture
Il Centorami è la quercia secolare che appare sull’etichetta, maestosa nel vasto bosco che la circonda e custode del territorio. Essa rappresenta il forte legame che unisce i tre fratelli alla loro terra sin dall’infanzia, fungendo da ponte tra passato e presente. Santojanni è un’azienda guidata da questi tre giovani, che hanno scelto di tornare alle loro radici, rinunciando alle opportunità altrove.
A narrare la loro storia è Antonio Santojanni, che ha ricevuto l’azienda in eredità dai suoi predecessori. Siamo a Forenza, un caratteristico borgo lucano, a circa 800 metri di altitudine, nella regione del Vulture, dove si erge il Monte Vulture, un antico vulcano ormai inattivo, situato nella parte settentrionale della Basilicata.
“La Tenuta, il cui logo riporta l’anno 1894, ha sicuramente origini che risalgono al XIX secolo. Fin da giovane ho vissuto a Roma, con il desiderio di tornare un giorno in Basilicata per prendere in mano l’azienda di famiglia. Tuttavia, negli ultimi anni, mentre lavoravo a Castelfranco, ho sempre rimandato questa decisione, convinto che avrei potuto farlo l’anno successivo.
A Roma ho incontrato quella che oggi è mia moglie, anch’essa lucana, che mi ha motivato ulteriormente a tornare in Basilicata. Nel 2015, purtroppo, mia zia Rosangela Santojanni, che si occupava dell’azienda, è venuta a mancare. L’anno successivo, dopo la nascita di mia figlia a Roma, abbiamo deciso che era giunto il momento di agire e partire.”
Nel 2016 è iniziata una nuova avventura, proseguendo la tradizione familiare nel settore dei cereali. Sono stati dedicati cinque ettari al vigneto, le cui uve venivano in precedenza vendute a terzi. Dopo aver instaurato un contatto con Fabio Mecca, è stata avviata una collaborazione proficua e nel 2019 si è deciso di iniziare l’imbottigliamento, producendo ogni anno 10.000 bottiglie suddivise in quattro diverse etichette.
Il Centorami è un Aglianico in purezza che evolve nel tempo, coltivato senza meccanizzazione e con lavoro manuale. La vendemmia si svolge nella prima settimana di novembre, poiché la maturazione fenolica avviene con un certo ritardo rispetto a quella zuccherina. L’intero processo di affinamento è focalizzato sull’eleganza, che si manifesta al meglio a un’altitudine di 700 metri, ritenuta cruciale per la qualità del vino. L’Aglianico 2019 presenta una personalità propria dopo essere stato affinato per lungo tempo in tonneau e aver riposato in bottiglia per quasi 24 mesi.
Presenta un carattere snello, evidenziando le delicate doti aromatiche del vitigno e del suolo vulcanico. Al naso si percepiscono note complesse di frutta matura, come ciliegie, amarene e more, arricchite da sfumature affumicate di origine vulcanica. Ricco, complesso, sostenuto da una freschezza vivace e dinamica.
“Z’nurr” Rosso Basilicata Igt 2018, Azienda Agricola Anna Maria Laviola, Policoro – Matera
“L’azienda Laviola – racconta la produttrice – è il frutto di un sogno, quello di un visionario: mio padre, un uomo legato alla sua terra, che ha sempre desiderato tornarvi. Ha abbracciato questo progetto in modo totale, coinvolgendomi naturalmente. È un’azienda piccola, ma con una grande passione: ha iniziato a coltivare principalmente Aglianico, il vino che state degustando questa sera, insieme ad altri vitigni. Tra questi, abbiamo la Malvasia di Basilicata per il bianco, oltre a Merlot, Cabernet e Primitivo. Realizziamo anche alcuni blend. Questa azienda è gestita da me, da mia madre e da mia sorella. Siamo solo noi donne e abbiamo scelto di abbracciare una filosofia legata al territorio, che mi spinge sempre di più a tornare a casa, con sempre maggiore frequenza e riflessione.”
L’Aglianico di Policoro, in Basilicata, si distingue per il suolo sabbioso e la sua posizione a 200 metri sul livello del mare, a 15 chilometri dalla costa. Questa area, con una lunga tradizione vinicola, è stata tra le prime della Basilicata a produrre vino, influenzata dalla salinità del mare e dalla macchia mediterranea, che conferiscono al vino caratteristiche peculiari, diverse dalla mineralità vulcanica del Vulture. Policoro, costruita sulle rovine dell’antica Eraclea, ha una storicità vinicola legata anche a pratiche funerarie, come dimostrano le anfore trovate, utilizzate nei banchetti funebri e conservate nel museo della Siritide.
La vendemmia inizia anticipatamente a settembre, con una macerazione sulle bucce mirata all’eleganza piuttosto che allo spessore. L’affinamento prevede almeno 24 mesi in legno, seguiti da altri 24 in bottiglia.
Le note di prugna si accompagnano a spezie dolci come cannella e noce moscata, con un accenno di foglia di tè. Si percepiscono anche elementi vegetali e marini, come olive e lavanda. Il tannino si integra armoniosamente, mentre i ritorni aromatici di rabarbaro risultano di buona piacevolezza.

Sono un'Archivista Digitale nel campo editoriale, dedico la mia vita ai libri perché come dice Kafka "un libro rompe il mare ghiacciato che è dentro di noi". Così lo è anche il vino. Lui mi ha sempre convinto in qualsiasi occasione ed è per questo che dal 2018 sono una Sommelier Fisar, scrivo e racconto con passione sui miei canali e in varie testate giornalistiche la storia dei territori, gli aneddoti e il duro lavoro dei Produttori in vigna e in Cantina. Ho seguito un corso Arsial al Gambero Rosso Academy sulle eccellenze enogastronomiche del Lazio e presto servizio in varie eventi per il Consorzio Roma Doc e per il Consorzio Tutela Vini Maremma. Inserita con orgoglio in Commissione Crea Lab. Velletri come membro esterno per le degustazioni, sogno e aspiro a diventare con il tempo una vera giornalista.
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