È una storia insieme “normale” e molto speciale quella di casa Hugel. Normale, a suo modo, per un contesto, quello dell’Alsazia da vino, dove come nelle “affini” per certi versi Rheingau e Mosella accade con relativa frequenza che lunghe serie di generazioni si avvicendino nella conduzione di aziende dalla profondità epica e dal blasone rassicurante.
Speciale però comunque, e non poco, vuoi per l’abbrivio – il primo Hugel non era “du pays”, ma ci arrivò dalla Svizzera nella prima metà del ‘600 dedicandosi subito a quel che voleva assolutamente fare: produrre vini – vuoi soprattutto per i risultati. Che parlano ad oggi di una bandiera alsaziana assoluta e di assoluta fama mondiale, tanto da vedere distribuito fuori dai confini il 90 e passa per cento in valore della sua produzione, ottenuta da vigneti in Grand Cru come classificazione, e alla cui perpetuazione nella qualità la famiglia si è dedicata sin dalla prima acquisizione fatta da Hans-Hurlich, il capostipite, nella area pregiata di Riquewhir.
Hugel è anche membro di Primum Famiiae Vini, una associazione esclusiva che mette insieme 12 aziende-famiglia (tra gli altri membri Pol Roger, i Rotschild, Vega Sicilia, gli Antinori e gli Incisa della Rocchetta in Italia) di assoluto rilievo mondiale nel contesto della produzione enoica.
Da tempi del fondatore, ovviamente, il cono si è allargato un bel po’. Oggi la gamma Hugel è articolata in cinque linee differenti, e ai 30 preziosissimi ettari di proprietà affianca le uve prelevate da altri cento circa, condotti da fornitori partner di rodata e provata fiducia, impegnati (come del resto il loro acquirente) a rispettare capitolati di conduzione in biologico o comunque con accertati requisiti di sostenibilità.
Tre dei comparti dedicati ai vini secchi (tutti contrassegnati, come del resto gli altri, dalla ormai celebre etichetta gialla che Jean Fréderic Hugel varò dopo, si direbbe oggi, uno stage presso un’azienda di tutt’altra natura, la Maggi, produttrice di dadi da brodo e all’avanguardia nei processi di marketing, dove il “visitor” dall’Alsazia imparò che rosso e giallo or sono appunto i colori più istintivamente attraenti e “impressive” per la maggioranza delle persone, e quindi dei potenziali acquirenti delle sue bottiglie); due, rinomatissimi, a quelli dolci (Vendange Tardive e Selection de Grains Nobles). Tutti monovitigno, i vini, tranne il Gentil, blend erede di una tradizione profonda – e chiaramente contadina, da campo misto e consumo prossimale – che nasce dal mélange di tutte, nessuna esclusa, le varietà indigene di zona.
Al centro della gamma, perno e a loro modo sunto della produzione, i due Estate: il Riesling e il Gewurtztraminer (i reucci del terroir) figli entrambi di vigneti ubicati nella “originaria” area di Riquewhir, ed entrambi proposti al momento nella versione targata 2016.
Ampio, intenso, avvolgente già al debutto olfattivo – imperioso, ma non ridondante – il secondo, che sciorina poi in bocca con energia e matericità una complessità speziata e floreale che sfocia sinfonicamente in un finale appena “patissier”, temperato dalla minima nota di contrasto amarognola tipica del vitigno.
Lungo, più lineare – ma non affilato – il primo, che debutta con note di frutta fresca, “verde” e integra, prima di virare sui sentori classici della tipologia che ribadisce (senza asperità, ma niente affatto cedevole) anche al palato, dove la tenuta è importante e la persistenza di bella soddisfazione. Entrambi hanno ovvi margini di progresso, particolarmente avvertibili e configurabili per quanto riguarda il Riesling.
Tutta la gamma Hugel in Italia è importata e distribuita dalla Compagnia del Vino.
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