Del tema del viaggio abbiamo più volte accennato e di come riteniamo sia un importante e utile contributo a migliorare il proprio lavoro, per via delle contaminazioni, oseremo dire inevitabili, con altre culture, che per uno chef, o un barman, sono fondamentali alla creazione delle pietanze da proporre, o dei cocktail da servire.
Ogni volta che menzioniamo il viaggio facciamo altrettanto con le parole del cineasta che più amiamo, Andrej Tarkovskij:
In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare.
Quindi esplorare altri luoghi è nient’altro che un modo per approfondire la propria intimità.
Di viaggio siamo ancora qui a parlare poiché siamo stati testimoni della presentazione in anteprima (sarà disponibile dal 19 di aprile) della nuova drink list del ristorante Follis , la quale ha per soggetto proprio questo tema, e con tanto di passaporto descrittivo dei drink speciali proposti in assaggio.
Del resto viene a proposito, poiché ci troviamo in un luogo di partenza, un porto: a Fiumicino.
Il ristorante e american bar Follis nasce esattamente il 4 febbraio 2023, ad opera di tre ristoratori romani, Mattia Molica, Francesco Matteucci e Marco Tosti. Un locale da ampi spazi, circa 600 mq (in precedenza era una filiale bancaria), con circa 115 coperti complessivi tra ristorante (una cinquantina di posti), molto attraente con uno studio architettonico preciso e riferimenti all’art déco ma anche attenzione al recupero dei materiali (come avviene per tre tavoli circolari la cui base di vetro poggia su tronchi di ulivi dismessi), american bar (36 posti designati) e patio esterno che può ospitare una trentina di clienti.
Un luogo dichiaratamente dalla doppia anima, di ristorante di cucina tradizionale elevata in chiave contemporanea, opera dello chef Daniel Celso, con trascorsi di tutto rilievo (la carta dei vini è in progressione, attualmente conta 750 referenze italiane e straniere, delle quali, con gran sorpresa stando in un luogo di mare, oltre 150 etichette di rossi rinomati), e di cocktail bar, che è il motivo della nostra visita.
Questa dualità è alla base della scelta del nome Follis, una moneta di rame argentato di epoca romana, comparsa con Diocleziano alla fine del sec. III d.C. in sostituzione del precedente antoniniano e, ci è stato detto, essere stata la prima (o tra le prime) ad avere oltre un volto interamente su un lato, anche in parte dell’altra faccia.
Ci accoglie una figura quasi scomparsa, tuttavia molto importante, il restaurant manager Mauro Di Vilio, il vero autoctono della compagine poiché natio di Fiumicino, con esperienze passate in vari alberghi di un certo livello come Sheraton, Baglioni e Hilton, il quale spiega dettagliatamente i concetti ai quali Follis si è ispirato. Mauro ci mostra il locale per intero e infine ci accompagna al bancone dove attende la Bar Manager Samantha Parente dietro a una bottigliera che al momento consta di un centinaio fra distillati e liquori ma che obbligatoriamente saranno destinati ad aumentare, stante la vocazione e ambizione del luogo e il successo riscontrato in appena un anno di vita.
Siamo felici di trovare nuovamente un elemento femminile a capo di una équipe di barman, poiché ce n’è sempre più bisogno. Nella capitale, dopo un inizio incoraggiante, figure molto promettenti hanno abbandonato questo lavoro certamente di fatica (purtroppo, per il nostro pensiero) trovando sbocchi e incarichi in altri ruoli. Samantha è stata affianco dei soci del Follis in esperienze del passato per oltre dieci anni, appena uscita dalla scuola alberghiera, ed è visibilmente emozionata, come lo siamo anche noi dopo trenta anni di degustazioni condotte, poiché è sempre la prima volta. Questa cosa ci è piaciuta tanto.
A completare un gruppo equamente composto, Samantha è affiancata dalla giovane Claudia Bonavita, da Damiano Bosco e Tiziano Moscioni.
Abbiamo accennato al passaporto che si compone di 15 drink, 12 alcolici (ognuno riporta la gradazione alcolica, saggia decisione per chi volesse prenderne più di uno e optare per la suggerita progressione alcolica) e 3 mocktail (“finti” cocktail privi di alcol) con ispirazione ad alcuni paesi del mondo, dal quale l’ingrediente principale proveniva o per richiami riscontrabili nella complessità di aromi.
Abbiamo così Italia, Olanda, Francia, Messico, Giappone, Egitto e infine un suggestivo e ironico Triangolo delle Bermuda (nella dizione anglosassone) dove, contrariamente all’infausta notorietà del nome, siamo convinti che nulla possa accadere giacché di tratta proprio dei tre cocktail non alcolici.
Alla proposta si aggiungono molti altri drink presenti in carta che trovate anche sul sito del locale.
Il passaporto ha illustrazioni di Riccardo Torti, avete presente il fumettista di Dylan Dog? Proprio lui.
Svariati cicchetti (ovverosia piccoli snack di pietanze) hanno accompagnato l’assaggio dei drink, soddisfacendo il nostro palato, per qualità della materia prima e preparazione ben eseguita, come la bruschetta con alici fresche disidratate con stracciatella del caseificio di Ammano, vale a dire l’azienda agricola biologica De Angelis a Tragliatella, oppure la mazzancolla fritta, e soprattutto un riuscitissimo piatto creato appositamente per l’evento, variando uno presente sul menu, i ravioli del plin ripieni di robiola caseificio Ammano con mazzancolla locale e asparagi, ottimo per contrasti e con armonia tra dolcezza ed acidità (che a questo punto consigliamo di inserire definitivamente in lista).
Circa il viaggio, alcuni dei presenti invitati si sono lasciati consigliare dal preferito di Samantha, il cocktail Il Brigante, a base di amari, vermouth e ginger italiani e che subisce affumicatura, ma noi abbiamo preferito recarci direttamente all’estero. Riferisco tuttavia che è stato apprezzato da chi ha avuto modo di assaporarlo.
Pertanto abbiamo scelto di andare in Francia, in Egitto e, attingendo dalla carta fuori del passaporto, in Messico.
MADAME
Un bicchiere Old Fashioned accoglie del bourbon (Wild Turkey), vermouth (Antica Formula Carpano) il liquore scozzese Drambuie a base di whisky, bitter (Fusetti) e angostura orange bitter.
In realtà all’inizio, leggendo il passaporto, rimaniamo a dir poco sorpresi poiché qui di Francia non c’è nulla e pensiamo che il garnish di peel d’arancia facesse da magia. Invece scopriamo che il cocktail è affinato per un mese in botte nuova di rovere francese. Questa consente un marriage che lo personalizza (parafrasando è come una squadra di calcio italiana con giocatori tutti stranieri), con l’arancia come primo sentore che percepiamo. Un drink ben realizzato che ci ha convinto, bilanciato fra le componenti vanigliate e amarostiche, con un finale di radice, di angostura misurata, e speziatura appena accennata. Una sorta di Boulevardier elegante e gradevole, che indossa guanti bianchi, e con 27 gradi alcolici ben portati, anzi di ottima beva (ci torna in mente il termine dangerous drinkable attribuito al Maestro di tutti noi bevitori Michael Jackson). Pur non sentendoli affatto ci rendiamo conto di aver commesso un errore iniziando con questo drink e che per la serata l’effetto rollercoaster (le montagne russe della successione alcolica, che qualcuno ricerca appositamente, noi quasi mai) è assicurato.
HABIBI
In arabo significa “il mio amore”, termine appreso da Samantha in un viaggio sentimentale con la sua compagna in Egitto e parola a cui è molto affezionata divenuta intima… in sostanza il cocktail è pensato anche per lei. Ecco che cos’era che ci aveva colpito nella barlady, oltre a non nascondere le emozioni: il suo essere cristallino e trasparente, qualità che poniamo al primo posto nelle persone.
Il drink è servito riscaldato, versato da una teiera di ghisa in un basso e spesso bicchierino circolare. Gradazione alcolica 18%. Ingredienti sono rum (il cubano Eminente di sette anni), rye whiskey (Wild Turkey), ginger Falernum, tè al karkadè, sciroppo di pepe di Sichuan e cannella, succo di pompelmo. Piacevolmente caldo, suadente e confortevole, con la speziatura in evidenza e il ginger molto delicato. Al sorso è morbido, con alcol misurato, il rum è presente solo in aromaticità e il rye anche, incrementando il lato delle spezie che in sostanza sono le protagoniste della bevanda. Un drink da suggestioni pomeridiane, quando vorresti uscire a fare una passeggiata ma improvvisamente cala la temperatura e piove e preferisci trovare una coccola.
CENTRO DEL MONDO
Servito in bicchiere da long drink approdiamo in Messico, scendendo ancora di gradazione alcolica con 17%. Abbiamo un mix 2 a 1 di Tequila (Cazadores) e Mezcal (Vida), dello sciroppo di camomilla fatta in casa, dell’estratto di pompelmo, e infine della soda di pompelmo ancora home made. Un cocktail centrato in equilibrio per chi non ama troppo i sentori affumicati, sia per le proporzioni della composizione che per la scelta dei prodotti. Infatti il Mezcal è presente senza invadere il campo del palato, e il pompelmo è delicato e poco agrumato in acidità. Piacevole e dissetante con un unico neo riscontrato, nella massiccia presenza del sale in guarnizione a bordo bicchiere, e probabilmente anche nella scelta di tipologia, che dopo qualche sorso invita a cercare il lato del calice dove non è presente.
Il nostro viaggio è così terminato e usciti dal Follis ci ritroviamo nella celebre via della Torre Clementina a respirare l’aria iodata della darsena e di frittura dei ristoranti limitrofi.
Pino Perrone, classe 1964, è un sommelier specializzatosi nel whisky, in particolar modo lo scotch, passione che coltiva da 30 anni. Di pari passo è fortemente interessato ad altre forme d'arti più convenzionali (il whisky come il vino lo sono) quali letteratura, cinema e musica. È giudice internazionale in due concorsi che riguardano i distillati, lo Spirits Selection del Concours Mondial de Bruxelles, e l'International Sugarcane Spirits Awards che si svolge interamente in via telematica. Nel 2016 assieme a Emiko Kaji e Charles Schumann è stato giudice a Roma nella finale europea del Nikka Perfect Serve. Per dieci anni è stato uno degli organizzatori del Roma Whisky Festival, ed è autore di numerosi articoli per varie riviste del settore, docente di corsi sul whisky e relatore di centinaia di degustazioni. Ha curato editorialmente tre libri sul distillato di cereali: le versioni italiane di "Whisky" e "Iconic Whisky" di Cyrille Mald, pubblicate da L'Ippocampo, e il libro a quattordici mani intitolato "Il Whisky nel Mondo" per la Readrink.
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