“Vernice” milanese con Vincent Chaperon e I piatti “planetari” di Paco Roncero
Paco Roncero e Vincent Chaperon
Paco Roncero è uno di quei multi-chef policentrici, fantasiosi e innovatori (con tanto di proprio lab di ricerca tecnologicamente avanzatissimo) che costituiscono al momento una piccola ma specialissima tribù nel panorama dell’alta cucina internazionale.
Paco Roncero
Una tribù che opera con successo nel presente, e a largo raggio – Roncero a La Terraza del Casinò e il gastro-bar Estado Puro a Madrid, replicato a Shanghai e a Curitiba (Brasile); di nuovo a Shanghai al Barbarossa Roncero; e ancora a San Miguel de Allende (Messico), a Bogotà, in Colombia e, chicca delle chicche, a Ibiza, nello spettacolare Sublimotion dell’hotel Hard Rock, mini sala “esperienziale” da soli 12 coperti foderata da schermi dove la scelta è offrire una combinazione sinestetica tra immagini, suoni e gusto dei piatti – ma che punta vistosamente a proporsi come anticipatrice e indirizzatrice del futuro.
Dom Pérignon P2 2002
Proprio questo attitudine a sentirsi ponte tra oggi e domani deve aver convinto la raffinatissima “banda” Dom Pérignon e chi ne gestisce gli eventi a scegliere Roncero e le sue suggestioni di fine dining per la vernice in tournée del P2 (ovvero plenitude 2, la seconda pienezza e nuova maturità e fase di vita che i grandi millesimi del Dom, nella filosofia varata da Richard Geoffroy, penultimo e visionario chef de cave della maison “debbono” avere) targato nientemeno che 2002, fino a questo punto certamente l’annata top del secolo in corso.
E un’occhiata al menu, fitto d’ammiccamenti e in bilico tra esplorazioni spaziali e storia dell’universo dalla nascita al firmamento attuale (riprodotto anche nella illuminazione “siderale” del soffitto della location milanese scelta, il Salone dei Tessuti) rende al volo il mood della serata.
Officiata dal giovane, brillante, elegantissimo Vincent Chaperon, – successore di Geoffroy sulla tolda di comando in casa DP e autentico cavallo di razza dell’enologia champenoise – e dominata dalla qualità del protagonista: profumi luminosi e nitidi, tensione di lama e roccia al primo approccio gustativo, poi materia fitta ma affusolata, setosa, lunghissima nell’evolvere delle sensazioni. Uno dei migliori Dom apprezzati sin qui – e sì che non ne mancano di grandi… – vicino oggi già alla perfezione ma, al tempo stesso, lontanissimo dal limite temporale in cui questo target inizierà a far parte del passato.