Il 7 settembre nel borgo caudino a confronto i rossi “indigeni” e quello prodotto agli antipodi dal “paesano” Charlie Scalzi
Roccabascerana, è un po’ meno famosa di Sidney o di Melbourne. Poco meno di 2500 abitanti, 430 metri di quota (giusta alta collina), provincia di Avellino, 50 chilometri da Napoli, fa territorio (meglio: è limitrofa) con le più note Ceppaloni, per qualche tempo uno dei punti marcati con un segno sulla mappa della politica “politicata” italiana, e soprattutto con la Valle Caudina, quella delle forche divenute proverbiali sotto cui Gaio Ponzio, generale dei Sanniti, fece passare i soldati e gli ufficiali romani per una volta sconfitti e umiliati.
Da lì, passando sotto la forca della necessità, è partito – ragazzino – Carmine “Charlie”Scalzi. Emigrava in Australia (come tanti, ancora allora, dal Sud) seguendo la famiglia. Ma portando nel cuore straordinari ricordi – mai abiurati – della sua terra. A cominciare da quello del nonno, Carmine come lui e vignaiolo, che da quando il nipote aveva appena compiuto cinque anni lo faceva partecipare al rito della pigiatura (con i piedi… ovviamente Scalzi…).
Una laurea in ingegneria, una scintillante ascesa personale e sociale e varie iniziative imprenditoriali dopo, oltre al ricordo, “Charlie” Scalzi ha importato in Australia, Barossa Valley (niente forche in giro, e terra anzi consacrata da fama internazionale alla produzione vitivinicola) anche l’uva che nonno Carmine gli faceva pestare: l’Aglianico, facendone uno dei vini di punta (80 dollari australiani a bottiglia, circa 50 euro) della sua ampia e variegata produzione aziendale, che include una decina di varietà, più distillati etc., e che spesso è contrassegnata da nomi italiani.
Ora, l’Aglianico di Charlie Scalzi torna a casa.
Il 7 settembre, in una manifestazione denominata non a caso “Così lontani, così vicini”, si confronterà – affettuosamente, ma con tutti i crismi di una degustazione professionale – con gli Aglianico “eredi” di quelli di nonno Carmine, prodotti in loco da tre aziende, la già ben nota e affermata Bellaria e le rampanti Barbati e Tenuta Virgilia. Sarà una festa, certo, ma anche un’occasione di discussione e riflessione, che a Roccabascerana si vorrebbe far diventare appuntamento annuale: di confronto, appunto, tra la produzione (limitata ma qualitativa) e la vocazione vitivinicola (certa) dell’area e prodotti, tendenze, idee di altre, magari distanti quanto Barossa ma in qualche modo legate da analogia, aree produttive del mondo. Ovviamente, con l’Aglianico “arminuto” di Charlie come immancabile ospite d’onore.