Nella zona di Orvieto la produzione di vino interessa un numero molto elevato di aziende. Tuttavia quelle che raggiungono l’eccellenza in termini qualitativi sono veramente poche. Tra queste un posto d’onore spetta senz’altro a Palazzone di Giovanni Dubini, autore di due dei vini migliori del territorio: Campo del Guardiano e Terre Vineate, entrambi Orvieto Classico Superiore.
La produzione di Giovanni si è da poco arricchita di una etichetta, il Musco, realizzata in una grotta etrusca da 50% Procanico, 20% Verdello e 20% Malvasia Toscana, provenienti da una piccola vigna di 3000 metri seguendo quello che era lo schema della vinificazione della tradizione: le uve raccolte tutte insieme vengono pressate con un torchio per poi fermentare spontaneamente in tini di castagno. Successivamente non avviene nessuna filtrazione e l’affinamento è abbastanza prolungato.
Grotta Etrusca dove viene fatto il Musco
Abbiamo partecipato con curiosità alla verticale di 3 annate (la 2015 è quella attualmente in commercio con numero veramente piccolo di bottiglie prodotte) di questa nuova etichetta.
Vino Bianco Musco 2015: sapidità e mineralità al centro dell’assaggio insieme a ricordi di fiori gialli e cedro. La chiusura è su toni salmastri. Il sorso non riesce ad essere progressivo, nonostante una discreta struttura;
Vino Bianco Musco 2014: il più convincente tra i tre con note di spezia e di agrumi in evidenza, seguite da una grande progressione minerale ed avvolgenza;
Vino Bianco Musco 2013: si avverte un po’ il legno nuovo e l’annata calda. È il vino che mostra meno carattere.
Sala di degustazione
Insomma un tentativo apprezzabile quello di Giovanni, quello di riportare in vita gli Orvieto della tradizione, ma tuttavia, contrariamente alla maggior parte dei presenti, continuiamo a preferire i vini della gamma storica di Palazzone. Poco ci convince l’argomentazione che in questo tipo di vini si senta la differenza delle annate e che interpretino meglio il territorio. Noi riteniamo che la differenza tra le annate si avverta anche nella gamma storica (e lo vedremo tra un attimo parlando degli altri vini assaggiati) e che il territorio venga interpretato mirabilmente ed in maniera più efficace dal Campo del Guardiano e dal Terre Vineate.
Ed allora non indugiamo oltre e vi parliamo degli altri vini degustati:
Orvieto Classico Superiore Terre Vineate 2015: note di pesche e frutti gialli accompagnano struttura e profondità ed un finale di erbe officinali;
Orvieto Classico Superiore Terre Vineate 2010: i sentori di frutta gialla matura sovrastano le altre sensazioni olfattive. Vino in fase calante;
Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano 2015: Freschezza, slancio gustativo, mineralità e sapidità sono al centro dell’assaggio, seguiti da avvolgenza e sorprendente lunghezza;
Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano 2013: teso e sapido, con ricordi di agrumi e frutta secca. Materia e sorso progressivo ci fanno pensare che è un vino che durerà a lungo;
Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano 2008: un piccolo capolavoro con quasi 10 anni sulle spalle. L’acidità è il tratto distintivo insieme a sontuosa struttura e alla classica mineralità e sapidità.
Orvieto Classico Superiore Campo del Guardiano 1997: altra grande sorpresa ad ulteriore dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, delle possibilità di evoluzione dei vini di Giovanni Dubini. Ancora una volta freschezza ad accompagnare struttura e lunghezza gustativa;
Orvieto Classico Superiore Terre Vineate 1996: annata di grazia per il Terre Vineate, che manifesta tutte le sue grandi potenzialità. Note di frutta secca e miele anticipano avvolgenza e freschezza ed un finale di pietra focaia.
I vini degustati
Cena alla Locanda Palazzone
Da ultimo un particolare plauso va allo chef Riccardo Mattoni della Locanda Palazzone che ci ha confortato con un cena veramente all’altezza. Ecco alcune delle portate della serata:
Petto d’anatra affumicato con misticanza di campo
Flan di Broccoli con fonduta di pecorino e guanciale croccante
Risotto allo zafferano di Norcia con rigaglie di pollo
Baccalà in tempura
Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.
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