Negli ultimi anni stiamo assistendo alle più svariate tecniche di affinamento del vino, che immancabilmente diventano oggetto di interesse mediatico. Tra le diverse forme del “famolo strano” quella che negli ultimi tempi ha riscosso più successo è senz’altro l’immersione delle bottiglie in mare.
Da ultimo anche l’azienda Terre di Talamo del gruppo di proprietà di Marco Bacci (gruppo che comprende anche Castello Bossi, Barbaione, Tenuta di Renieri nel Chianti Classico, Renieri a Montalcino e una proprietà nell’Etna che tra poco farà parlare di sé) ha lasciato per un anno in immersione nel mare dell’Argentario 9000 bottiglie del suo vino di punta Talamo (frutto di un blend tra Syrah, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot) a 35 metri di profondità in gabbie di ferro saldate. Da poco queste gabbie sono state recuperate e le bottiglie sono state lasciate asciugare in cantina, e sulle stesse sono rimaste delle concrezioni marine. Si tratta del primo esperimento su un vino fermo.
“Non solo la temperatura” dice Marco Bacci, “ma anche il movimento del mare, siamo sicuri, gioverà al nostro vino. L’ho notato perché i vini nella mia barca invecchiano meglio”.
Dal nostro punto di vista queste affermazioni andrebbero suffragate da validazioni scientifiche che per ora non sono disponibili anche se qualcosa si muove in altri territori. Il 10 luglio prossimo è previsto “l’affondamento” in mare di 2000 bottiglie di Etna Doc Rosso ed Etna Doc Bianco e 200 bottiglie di un Gin dell’Etna. Sarà il primo studio scientifico al mondo sull’evoluzione dell’affinamento sottomarino del vino, ideato dalla start up innovativa “Orygini”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania e due delle cantine etnee più rappresentative: Benanti e Passopisciaro.
Ma torniamo a Terre di Talamo. In una bellissima serata di inzio estate, approfittando della squisita ospitalità dell’azienda abbiamo avuto modo di assaggiare sia il Talamo 2019 (quello realizzato normalmente senza l’immersione, e che ha solo l’affinamento di 18 mesi in barrique +affinamento di un anno in cantina) sia il Talamo a Mare 2019 (quello che dopo i 18 mesi di barrique è stato lasciato in mare un anno).
Diciamolo subito, a scanso di equivoci, parliamo di due vini di eccellente qualità che superano abbondantemente i nostri 90 centesimi in termini di punteggio di Vinodabere.
Il Talamo 2019 ha note speziate e succose, ricordi di frutti rossi, un sorso pieno ed avvolgente ed un lunghissimo finale sapido e balsamico. Elegante e complesso coniuga bevibilità e struttura, finezza e potenza.
Talamo a Mare 2019 non si discosta molto dal suo fratello rimasto a riva, e mostra solo qualche cenno maggiore di evoluzione e qualche segnale di terziarizzazione.
Insomma dal nostro punto di vista dovremo attendere per capire meglio il potenziale di questa suggestiva tecnica di affinamento.
Giornalista enogastronomico, una laurea cum laude in Economia e Commercio all'Università La Sapienza di Roma, giudice in diversi concorsi internazionali, docente F.I.S.A.R.. Ha una storia che comprende collaborazioni con Guide di settore. Per citare solo le ultime : Slow Wine (Responsabile per la Sardegna edizioni 2015 e 2016), I Vini de L'Espresso (vice-curatore e coordinatore nazionale edizioni 2017 e 2018), I Ristoranti d'Italia de L'Espresso (edizioni dalla 2010 alla 2018). Collabora con le testate: www.lucianopignataro.it , www.repubblica.it/sapori. Ha scritto alcuni articoli sul quotidiano "Il Mattino" e su www.slowine.it. Ha una passione sfrenata per quel piccolo continente che prende il nome di "Sardegna", per le sue terre e per la sua gente.
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