Siamo nel cuore di Montalcino con Patrizia Cencioni e le due figlie Arianna e Annalisa, che insieme conducono l’azienda nel solco di una tradizione iniziata negli anni ’50 dal nonno Giuseppe Cencioni, uno dei fondatori del Consorzio di Brunello di Montalcino.
Con la morte prematura del padre, Patrizia a soli 20 anni si trova nel 1989 a dare vita a quella che oggi è un’azienda in gran forma, con una produzione di 50 mila bottiglie. Le etichette arrivano sul territorio nazionale grazie alla preziosa amicizia e fruttuosa collaborazione con Pellegrini S.p.a. che dal 2018 ne ha allargato molto la distribuzione, e poi all’estero, in grandi quantità tra Canada e Brasile. Una parte importante del prodotto arriva anche in Corea, Giappone, Danimarca, Belgio e Irlanda e dall’anno scorso in Cina.
Le figlie raccontano così la mamma “è sempre stata una donna molto caparbia e sicura di sé che non si è mai spaventata di fronte alle difficoltà di mettere in piedi un’azienda, completamente da sola, a soli 20 anni. Nonostante i mille impegni è sempre stata per noi una mamma molto attenta e presente”. Annalisa è nata proprio l’anno dell’uscita del primo Rosso di Montalcino, nel 1993, e Patrizia la ricordano col pancione sul trattore in mezzo alle vigne, piena di grinta e speranza, nel desiderio di perseguire il progetto vinicolo del nonno, a raccogliere le uve sulle quali aveva investito anni di vita. Dai 5 ettari iniziali, si è passati oggi a 10 ettari di Sangiovese e 7 di oliveti. La produzione comprende il rosato di Sangiovese, Rosso di Montalcino, Brunello di Montalcino, la Riserva e un Igt, il Solarianne, da uve internazionali, che è immediatamente riconoscibile con la sua bella etichetta realizzata da un artista senese che ogni anno rielabora il disegno e regala a questa bottiglia un che di elegante e innovativo. Una bottiglia a cui Patrizia è molto legata è Ofelio, una Selezione dedicata proprio allo zio che ha investito molto nella crescita dell’azienda. Coadiuvata dall’enologo Valentino Ciarla e dall’agronomo Simone Rossi, Patrizia ha affidato alle figlie la gestione dell’export, oltre all’accoglienza, rivolta per lo più agli stranieri innamorati di questi paesaggi.
Da terre ricche di galestro, tufo e argilla, nascono vini molto identitari, in accordo con le annate altalenanti degli ultimi tempi. Rispetto a una 2025 molto difficile, la 2020, annata del vino che andremo a raccontare, è stata equilibrata e non troppo calda. Il lavoro in cantina si affida a legni di varie grandezze, rovere francese e di Slavonia, nuovi e usati, e il loro utilizzo dipende dall’andamento delle stagioni, senza condizionamenti, in linea con una filosofia di attesa. L’azienda conta anche una parte di Cabernet Sauvignon usato per l’Igt, ma il cuore è tutto Sangiovese e quello di cui vi parliamo oggi è il Brunello di Montalcino 2020.
Dopo un affinamento di 3 anni e mezzo in botti di rovere, e un riposo in bottiglia, il vino si presenta con un bel colore rosso rubino intenso, limpido, consistente. Al naso è molto complesso, si apre con note esatte di frutta rossa, ciliegia, prugna secca, bacche scure, lascia poi il passo a un tocco lieve floreale di viola. Alle successive olfazioni il vino assume profondità, sprigiona note boisé, aromi speziati, vaniglia, su uno sfondo di tabacco e cuoio, piacevolmente balsamico. Al gusto richiama le note scure del frutto, un cenno di speziatura, sensazioni di erbe aromatiche appena percettibili sul finale, molto persistente, è sorretto da una consistente acidità. Il vino è giovane, scalpitante, dai tannini tesi, sferzanti, frutto di un’annata costante. Una beva appagante e schietta, senza ridondanze, come la mano che lo produce, una silenziosa sapienza che si esprime nel fare e poco nel dire. Non teme il tempo, ha ancora tanto da raccontare. Un vino sincero, anche da meditazione, un perfetto compagno per il finir del giorno.
Sull’etichetta il disegno di una meridiana che indirizza la luce del sole, come avviene sui vigneti con le diverse esposizioni, ciascuna è declinazione diversa delle varie tipologie di vino.
Classe 1976, mi laureo in filologia classica alla Sapienza di Roma. Da sempre appassionata alla storia antica e alle lingue classiche, inizio a scrivere per giornali e testate online fin da molto giovane, occupandomi di costume e spettacoli. Divento prima pubblicista e poi professionista nel 2024, occupandomi di vino dal 2019, quando inizio a curare la rubrica Sulla Strada del Vino insieme al mio collaboratore Massimo Casali. Non ho ancora un blog e scrivo per chi ha voglia di approfondire e capire il vino non solo come consumatore, convinta che questo settore possa aprire scenari e mondi magnifici e inaspettati.
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