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Locanda Quinto Arco sull’Etna est, aperta di domenica a pranzo nella Città del Miele: una perla di ricettività e assaggi con la piscina a sfioro sul vigneto

Magic moments” da trascorrere in relax sul versante orientale del vulcano più alto d’Europa. Il fascino e, allo stesso tempo, il brivido di qualche gestibile eruzione (come in queste ultime 24 – 36 ore) hanno sempre reso Mongibello o, semplicemente, “Mamma Etna” uno dei siti più adorabili da visitare e in cui soggiornare o “piantare le tende”, principalmente su cui investire: è facile che gli stessi residenti siano spinti a dilatare i propri orizzonti, per esempio, anche sulle stesse pendici.

Martina Grasso e Saro Grasso

 

Così, questo è stato il cammino mentale, dalla meravigliosa Milo, da parte dell’imprenditore Rosario Grasso, patron dell’Antica Pizzeria – Trattoria “4 Archi” (anche quest’anno, Chiocciola Slow Food e inserimento nella Guida “Osterie d’Italia 2025”) che ha voluto intercettare, nella “Città del Miele” e della “Siciliana” (pizza fritta farcita), un terreno con vigneto ed un ex palmento di notevole appeal che, da poco più di un anno, si è convertito in: Sale Eventi in legno, con accattivanti dettagli, pezzi di arredo quali il torchio, bancone bar con sgabelli saloon in pelle e rifiniture in pietra lavica (che echeggiano sulle botti e sull’arte figurativa di pittori e scultori del luogo) ed una struttura calda – chic per l’ospitalità.

La “Locanda Quinto Arco” ha preso vita tra le mani della sua amministratrice Martina Grasso, giovanissima figlia di Saro, con l’impegno di tramutarsi in un consistente riferimento per la filiera del catering e delle degustazioni enoiche in prima sperimentazione, di sfoggiare nel futuro una SPA e di equipaggiare corners esterni “sospesi nel verde” con tavolini per la colazione, lavorando tanto con il turismo straniero e instaurando connessioni con tutte le cantine territoriali e la loro prorompenza. In commercio, il suo primo vino Etna Doc Rosso 2020, a lei intitolato “Quinto Arco” (80% Nerello Mascalese, 20% Nerello Cappuccio). In circa un ettaro conservato dalla maestranza autoctona, la vigna di 35 – 40 anni è coltivata a spalliera.

La novità del 2025 è che la Locanda, situata nell’antica Contrada Rocca d’Api, ha aperto da qualche settimana (a fine aprile) di domenica a pranzo, testando anche la fruizione in un giorno festivo (come ieri il 2 giugno), mediante il nuovo format della musica soft, stavolta “Sax Wine Food” (artista Christian Conte). La goduria di un pranzo tipico del vulcano e in particolare di Zafferana Etnea con il nuovo chef Vittorio Caruso, nei locali confortevoli dell’ex palmento arredato con gusto e raffinatezza, ha anche la prospettiva estiva di un calendario di eventi serali (con jazz e bossa nova) tra sabato e domenica, nella freschezza del giardino elegante e ben curato, magari a bordo della piscina a sfioro: il tutto è decisamente impagabile per certi versi, ammirando da un lato i filari e dall’altro ‘A Muntagna. Però qui si può fare di più: puoi fermarti anche a pernottare in camere spaziose, con design moderno ed essenziale, stando ad un passo dal cielo e a contatto con il pregio di questa area vulcanica tra sabbia, cenere, roccia basaltica, pomice e il respiro dei tralci della vite. “L’anno scorso, avendo inaugurato a maggio, abbiamo registrato il pienone nell’altissima stagione quindi agosto e per noi anche settembre ed ottobre – disamina la titolare Martina – considerando che Booking ci aveva veicolato da poco, che l’Etna aveva stabilito di ‘innervosirsi’ nel medesimo periodo (con un po’ di ansia per chi aveva già prenotato) e potevamo correre qualche rischio sulla risposta dei vacanzieri. Quest’anno, la nostra operatività è scattata da aprile e riconosciamo che stiamo funzionando benissimo, tutto al completo con un trend di utenti che provengono parecchio dall’Olanda e dal Belgio. L’avvento del nuovo chef Vittorio Caruso, 31enne, ha impresso questa marcia giovanile: lui è stato il primo a lavorare nella tenuta di Barone di Villagrande e ha studiato i piatti del menu dalla nostra autentica Lina Castorina (presente da 30 anni ai ‘4 Archi’) ed è un professionista serio e molto affaccendato pure nella formazione perché docente in un istituto regionale, dove insegna ai ragazzi ad indottrinarsi nel ruolo di chef”. Le domande più frequenti poste dai clienti che fanno sorridere o amareggiare (a nostro avviso) nell’esperienza di Martina sono “se in Sicilia ci sia realmente la siccità” e quindi “se si possano utilizzare le risorse naturali, le infrastrutture dedicate, i servizi che presumono irrigazione e ricambio acqua come piscine e cantine e la sostenibilità delle zone da esplorare”. Chiaro, che la politica deve pescare nella sua condotta ma l’albergatore – ristoratore può disporre e deve attingere alle potenzialità di economia personale e progettuale con sicurezza, l’unica sicurezza da ascoltare. E rivolgiamoci al cibo e al contesto storico – culturale, altra forma di garanzia. Le pietanze del “Quinto Arco” rispecchiano la memoria timbrica dell’Etna, ripercorrendo esattamente i “4 Archi” con i grandi e famosi classici e qualche specialità diversa, seguendo la stagionalità: se le melanzane e i peperoni (ripieni o arrostiti o in pastella) sostituiscono gli asparagi selvatici per dare alle ghiottonerie la traccia più estiva possibile, d’altro canto i maccheroni fatti in casa con il sugo del suino nero o il ragù di cinghiale o le tagliatelle con il bianco di coniglio ed erbe aromatiche non possono mancare e si continua a preparare ancora il macco di fave con il finocchietto agreste. I secondi piatti sono un must, addirittura per ragioni di praticità: nella sede del “Quinto Arco”, non si usa per il momento la brace e, allora, chef Caruso affida tutto al forno o procede in umido con metodi anche elaborati e lunghi: per esempio, a bassa temperatura e a lenta cottura lascia infornato per l’intera notte il Capocollo del Maialino locale (acquistato da un fornitore di livello e coscienzioso di Milo – “Macelleria Gastronomica F.lli Sciuto” – dal 1880), accompagnato in uscita da purea di patate e “cavoliceddi” che sono verdure spontanee di campagna. Per i dolci, si alterna dalle crostate a base frutta fino ai semifreddi alle mandorle e ai pistacchi. Certamente, come chicca in queste zone etnee si accredita la carne di allevamenti locali dal vitello al maiale (anche quella che non ti aspetti), cucinata in numerose ricette e salse, tant’è che possiamo spoilerare l’organizzazione della rassegna “A Tutta Trippa” (in due differenti cene, associate ad aziende vinicole del vulcano), giunta alla sua XIII edizione nel 2024 di ampio successo e che è stato quest’anno posticipato a ottobre – novembre, anziché a marzo/aprile secondo la consuetudine.

La produzione del proprio vino dell’azienda è un filo conduttore, solo che un minimo ha risentito del problema calura e aumento delle temperature nell’ultimo biennio, solo in termini di quantità ma non di alta qualità. “Quasi quattro anni fa, abbiamo impiantato il nostro Carricanteriferisce l’imprenditrice Grasso junior – e, lo scorso settembre, abbiamo svolto la nostra prima vendemmia perciò il vino non è ancora pronto e sta affinando in acciaio ma uscirà verso il prossimo settembre/ottobre. Trattandosi di vigna giovane, tutta ad alberello a piede franco, in linea con la tecnica tradizionale etnea e assunta la ripercussione della siccità per i nostri suoli, abbiamo raccolto un volume ridotto di uva ma siamo molto speranzosi per quello che è stato profuso con i nostri sforzi”. L’altro aspetto che scorta la crescita dei vigneti è quello dei consumi realistici delle etichette enoiche, per non parlare dei liquori, che sono stati condizionati dalle più recenti leggi del Codice della Strada. A farlo notare sempre Martina: “Tra i ‘4 Archi’ e ‘Quinto Arco’, la dinamica delle ordinazioni del vino in tavola (che è un esclusivo patrimonio e business per l’hinterland) ha rallentato e ha intaccato abbastanza pesantemente la ristorazione. Da quando le nuove normative sono entrate in vigore, il calo è stato recepito dal nostro ambiente, rispetto agli anni precedenti; magari adesso, in previsione dell’estate, qualcosa si sta risvegliando e si richiedono più i vini bianchi in accompagnamento ai pasti, soprattutto da parte degli utenti stranieri”. La donna a tratti sbarazzina a tratti assennata che guida questa azienda si divide, insomma, non solo tra due attività di ristorazione e accoglienza fondamentali che fungono da spirito seduttivo per l’Etna Orientale ma anche tra le sue vigne, affondando le mani nella terra e tra lo studio all’Università di Catania in Storia dell’Arte e Beni Culturali. Un portabandiera di chi crede e resta nella sua Isola con consapevolezza e intestardendosi nell’aggiornamento e nel perfezionamento degli studi.

Mentre Milo è uno dei tre paesi più vicini alla cima del vulcano e l’unico dove si può realizzare l’Etna Doc Bianco Superiore da Disciplinare, Zafferana Etnea che è il centro delle distese di Ginestre e di Zafferano dovrebbe essere “ricchissima di sorgenti d’acqua” a sigillo del suo nome arabo e in barba all’allarme carenza, oltre che combaciare alla tradizione bianchista nelle sue referenze di vino.

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Mi immergo ed entro in sintonia da Giornalista nelle storie di cibo, vino, birra, beverage, di campi di grano così come di uliveti e di prodotti agroalimentari e poi le racconto con i loro creatori e i loro territori, fornendo la curiosità e il fascino che meritano. E questo lo faccio con la predisposizione della notizia di chi è cronista del settore “bianca” (e di politica) da un ventennio ma anche conduttrice televisiva, di telegiornale e di trasmissioni TV e di rassegne artistico – culturali, enogastronomiche (anche itineranti con interviste, talk-show e promozione turistica). Degusto vino da sommelier ma lo degustavo ancora prima per passione. Organizzo eventi e mi occupo di uffici stampa e pubbliche relazioni in maniera trasversale dal sociale allo spettacolo, dalle grosse segreterie politiche a quelle sindacali, passando persino per lo sport. Sono convinta che ogni giornata bella o brutta debba concludersi con un vino superlativo nel calice adatto (MAI quello sbagliato!) che ti può fare svoltare la nottata. La libertà è anche questo e alla libertà non si rinuncia MAI, soprattutto a quella di esprimere e scrivere qualunque cosa con competenza.

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