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BORDEAUX: 2015 E 2005 ANNATE A CONFRONTO

Cinque vini in due versioni: a dieci e venti anni dalla vendemmia. Cinque espressioni eleganti e austere di un territorio esclusivo e, a tratti irraggiungibile.  Se è vero che i vini di Bordeaux si degustano meglio dopo 10 o 20 anni di attesa, scopriamo la personalità di cinque vini straordinari, in una degustazione unica.

 

BORDEAUX, LE ORIGINI DEL MITO.

Celebre, immaginifico, irraggiungibile.

Per tutti gli amanti del vino e non solo, il territorio di Bordeaux risuona in qualche modo con il luogo del vino per eccellenza. Un archetipo, la cui fama, sublimata dai leggendari 5 Premier Cru, supera l’esperienza gustativa, di fatto riservata solo a pochi privilegiati.

Inevitabile parlare di Bordeaux facendo riferimento alla storica classificazione ufficiale del 1855. Nata in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi su richiesta di Napoleone III, questa classificazione aveva l’obiettivo pratico di orientare i commercianti nella scelta dei migliori vini.

Furono proprio i négociant a stilare una gerarchia basata sulla reputazione consolidata e sui prezzi di mercato degli château bordolesi. Cinquantasei cantine furono così suddivise in cinque classi (crus), seguendo una logica commerciale che associava la qualità alla domanda e, di conseguenza, al costo.

Oggi, sappiamo che questa equazione non sempre riflette la complessità e la dinamicità del mondo del vino. Le annate possono variare significativamente e i gusti evolvono nel tempo.

Eppure, la classificazione del 1855 è rimasta sorprendentemente immutata, con sole due significative eccezioni: l’aggiunta di Château Cantemerle al quinto cru nel settembre 1856 e la storica promozione di Château Mouton Rothschild dal secondo al primo cru nel 1973.

L’expo del 1855 ha consacrato il prestigio dei vini di Bordeaux, costruito su una tradizione commerciale antichissima e solida, le cui radici affondano nel lontano XII secolo: quando Eleonora d’Acquitania sposa Enrico I re d’Inghilterra, portando in dote l’antica città romana di Burdigala, destinata a diventare il principale snodo del commercio di vino per il mercato inglese.

Il prestigio di cui godono ai vini di Bordeaux rappresenta una posizione indiscutibilmente privilegiata, che è stata oggettivamente difesa e mantenuta per un tempo così prolungato, in virtù di una sostanziale costanza qualitativa.

Ne scrive Roberto Cipresso: “Sta di fatto che il risplendere di Bordeaux impone a tutto il mondo di tenere sempre lo sguardo sul faro. Poco importa che in realtà le sue meraviglie siano tre su tremila prodotti, che il vino-industria abbia ormai pienamente trionfato sulle famiglie dell’antico artigianato, che il valore vero sia più nel denaro che nel vigneron, più nel commercio che nella produzione, più nella vetrina che nella sostanza. Questo è il Re Sole, e siccome è tale, vive anche del suo agio.”

 

DEGUSTAZIONE

Se è vero che i vini di Bordeaux danno il meglio a dieci o venti anni, questo è il momento giusto per scoprirlo. E la degustazione organizzata da Luca Missori per pochi appassionati offre un’opportunità unica.

Siamo a distanza ideale da due annate impeccabili, la 2015 e la 2005 (inclusa anche la 2016 per una referenza) secondo giudizio unanime di molti critici e guide di riferimento.

Diversi i giudizi espressi dai partecipanti alla degustazione, guidati più dall’inclinazione personale che non da una valutazione tecnica sui vini che, effettivamente, rasentano tutti la perfezione tecnica.

 

 CHÂTEAU PHÉLAN SÉGUR

Immerso nel prestigioso terroir di Saint-Estèphe, con lo sguardo rivolto all’estuario della Gironda, Château Phélan Ségur affonda le sue radici all’inizio del XIX secolo.

Fu Bernard Phelan, un intraprendente négociant di origine irlandese stabilitosi a Bordeaux, a gettare le basi per questa illustre tenuta. Il suo acume negli affari e il legame matrimoniale con la figlia di un influente commerciante di vini locali lo portarono ad acquisire, in rapida successione, due rinomate proprietà: il Clos de Gamarey nel 1805 e il domaine di Ségur de Cabanac nel 1810.

Dalla fusione di queste terre nacque Château Ségur de Garramey, un’azienda voluta da Bernard Phelan che fece edificare una struttura singolare, unendo la sala di vinificazione e la cantina nel cuore della dimora. Alla sua scomparsa nel 1841, la gestione passò al figlio Frank Phélan, sotto la cui guida la tenuta continuò a prosperare. Fu all’inizio del XX secolo che il nome si trasformò nell’attuale Château Phélan Ségur.

Dopo essere appartenuto alla famiglia Dedon, nel 1985 la proprietà fu acquisita da Xavier Gardinier, che la condusse con i suoi tre figli, Thierry, Stéphane e Laurent. Un nuovo capitolo si aprì nel gennaio 2018 con l’acquisto da parte di Philippe Van de Vyvere, un imprenditore belga con una profonda passione per i vini di Bordeaux, affiancato dal figlio Pierre. Sotto la loro egida, Château Phélan Ségur, membro stimato dell’Union des Grands Crus de Bordeaux e riconosciuto dalla Place de Bordeaux tra i “Grands Crus Classés et Assimilés”, ha consolidato ulteriormente la sua reputazione di eccellenza.

Oggi, il vigneto si estende per circa 70 ettari (dopo la cessione di 2 ettari a Château Montrose nel 2010). I terreni sono caratterizzati da una base di ghiaia ricoperta di sabbia argillosa, con un sottosuolo calcareo.

Saint-Estèphe Aoc 2016 | Château Phélan Ségur

Rubino cupo, concentrato. Nitidi profumi fruttati, intense sensazioni di mora, marasca, frutti di bosco, che poi virano su sensazioni più vegetali, con richiami di rabarbaro e liquirizia. Sorso ampio, pieno e strutturato. Tannini di pregevole fattura, coerenti con un quadro complessivo di eleganza discreta e raffinata.

Saint-Estèphe 2005 | Château Phélan Ségur

Rubino cupo, concentrato. Intensi e definiti, i profumi acquistano maggiore complessità, senza perdere una certa freschezza fruttata. Qui troviamo ricordi di fiori secchi, tabacco scuro, macchia mediterranea ed un’idea di legna arsa. Sorso pieno ed intenso. Tannini ben levigati, ben integrati con l’acidità, perfettamente calibrata. Lunga progressione che culmina su un finale arricchito da piacevoli accenti sapidi.

CHÂTEAU CHASSES SPLEEN

Fondato nel XVIII secolo dalla famiglia Foixe-Bordeaux, Château Chasse-Spleen ha visto la sua ascesa nel XIX secolo con l’acquisizione da parte della famiglia Cruse nel 1850. Da sempre commercianti bordolesi, hanno investito significativamente nella proprietà, elevando la qualità della produzione vinicola.

Nel 1976 l’azienda è stata acquistata da Jacques Merlaut. Sua figlia, Bernadette Villars Merlaut si è dedicata con grande passione alla tenuta, sviluppando sia la dimensione produttiva, quasi raddoppiando la superficie vitata, che tecnica, con la collaborazione di Émile Peynaud.

In seguito alla sua prematura scomparsa negli anni Novanta, è subentrata la sorella, Céline Villars-Foubet, a gestire lo château,

Oggi, la tenuta si estende per circa 100 ettari nel territorio di Moulis-en-Médoc, caratterizzati da terreni ghiaiosi che assicurano un buon drenaggio e un radicamento profondo delle viti.

Delizioso il nome dello Chateau: “scaccia malinconia”.

 Moulis-en-Médoc Aoc 2015 | Château Chasses Spleen

Rubino cupo, impenetrabile. Frutta scura, mirtillo e mora, poi un tripudio di spezie, liquirizia, erbe aromatiche. Stile che incarna una certa “classicità” bordolese. Sorso suadente in ingresso, con tannini ben definiti, per un profilo energico e potente.

Moulis-en-Médoc Aoc 2005 | Château Chasses Spleen

Granato concentrato. Balsamicità sottile, un’idea di umami, poi sensazioni di sottobosco, anice stellato, liquirizia, in coerenza stilistica con la 2015. Seguono poi ricordi terrosi, quasi fungini. Sorso largo ed espressivo, equilibrato con una ottimale integrazione tra le componenti.

 

CHÂTEAU POUJEAUX

La storia di Château Poujeaux affonda le sue radici in un passato di oltre 300 anni, con testimonianze della sua esistenza risalenti addirittura al XVI secolo, sebbene la coltivazione della vite abbia avuto un vero impulso nel corso del XIX secolo, precisamente a partire dal 1880.

Inizialmente parte di una proprietà più vasta, la tenuta fu in seguito venduta e suddivisa in diverse occasioni.

Una svolta cruciale per Château Poujeaux si verificò nel 1921, quando la proprietà fu acquisita dalla famiglia Theil. I fratelli Philippe e François Theil sono ampiamente riconosciuti per aver elevato significativamente la qualità e la reputazione dei vini della tenuta.

Nel 2008, la proprietà conobbe un nuovo passaggio di consegne, venendo acquistata dalla famiglia Cuvelier, già proprietaria del prestigioso Château Clos Fourtet, un Premier Grand Cru Classé di Saint-Émilion.

Oggi, Château Poujeaux è gestito da Philippe Cuvelier e dal figlio Matthieu Cuvelier, con la consulenza dell’enologo di fama Stéphane Derenoncourt e del suo team, curiosamente guidato da Christophe Labenne, nipote proprio degli ex proprietari Theil.

Château Poujeaux copre circa 68 ettari vitati con Cabernet Sauvignon (50%), Merlot (40%), Cabernet Franc (5%) e Petit Verdot (5%) ed è considerato uno dei vini con il miglior rapporto qualità-prezzo della Rive Gauche.

 Moulis-en-Medoc Aoc 2015 | Château Poujeaux

Scuro nel calice e anche nel profilo olfattivo, decisamente intrigante. Foglie di tè nero, rabarbaro, toni balsamici, quasi mentolati, poi salsedine, un cenno di oliva, carrube. Il sorso è coerente e sapido, potente, con un equilibrio magistrale.

Se fosse un’immagine, altro non potrebbe essere che il faro di Cordouan, sull’estuario della Gironda.

Moulis-en-Medoc Aoc 2005 | Château Poujeaux

Ritroviamo la caratteristica nota salmastra, insieme a toni fumé, poi humus, cuoio, un cenno di frutta matura, note terrose e sensazioni balsamiche. Il sorso è ampio, con tannini levigati, e conserva dinamica, austerità e, in definitiva, uno spirito selvaggio di grande fascino.   

 

CHÂTEAU LAGRANGE

Troisième Grand Cru Classé nella denominazione Saint-Julien.

La storia di Château Lagrange affonda le sue radici nel Medioevo. All’epoca, il termine “grange” indicava una vasta tenuta comprendente una chiesa, un ricovero, edifici agricoli e abitazioni.

Alcune delle parcelle attuali della proprietà, come “l’hôpital” e “la chapelle”, ne ricordano tuttora il passato.

Nel XVIII secolo, la famiglia Branne di Bordeaux ampliò il vigneto, trasformando Lagrange in una delle più belle e grandi proprietà del Médoc.

Il riconoscimento del suo potenziale arrivò presto. Nel 1787, Thomas Jefferson, allora ambasciatore degli Stati Uniti in Francia e grande appassionato di vini di Bordeaux, visitò Château Lagrange, apprezzandone le qualità.

Nel 1790, Jean-Valère Cabarrus prese le redini della proprietà. Proveniente da una rinomata famiglia di commercianti di vino, scelse di sviluppare l’attività vitivinicola della tenuta e fece costruire, sul sito dell’antica dimora, la casa padronale in stile classico.

Un’altra figura chiave fu il conte Duchâtel, Ministro degli Interni del re Luigi Filippo, che acquistò la proprietà nel 1842. La sua passione era tale che decise di abbandonare la carriera politica per dedicarsi interamente all’obiettivo di portare Château Lagrange alla ribalta.

Con uno spirito lungimirante, fece installare un sistema di drenaggio del terreno realizzato con tubi di ceramica fabbricati in loco. Pioniere nei trattamenti contro l’oidio e con quasi 250 dipendenti alloggiati nella tenuta, rimane, a circa 170 anni di distanza, un fulgido esempio di gestione benevola e visione autonoma, nonché un precoce sostenitore di una viticoltura consapevole.

La torre in stile toscano, costruita nel 1845 su progetto dell’architetto Louis Visconti, famoso per i suoi grandi progetti, è un monumento a questa visione e oggi incarna l’approccio a lungo termine di Château Lagrange.

Nella classificazione ufficiale del 1855, Lagrange fu insignito del rango di Troisieme Cru Classé. La tenuta divenne un punto d’incontro dell’alta società, con sontuosi ricevimenti. Artisti venivano spesso invitati, traendo ispirazione dagli imponenti paesaggi.

Seguirono anni più difficili: la crisi della fillossera, le guerre mondiali, gli incendi, varie malattie della vite, crisi economiche e finanziarie…Lagrange non ne uscì indenne.

Tuttavia, nel 1983, Keizo Saji, figlio del fondatore di Suntory, acquistò la proprietà dalla famiglia Cendoya, che la possedeva dal 1925. L’obiettivo era chiaro: riportare questo Grand Cru Classé al suo antico splendore.

La loro visione, senza compromessi, puntava all’eccellenza. Nei primi dieci anni, il team intraprese l’ambizioso progetto di rinnovare la tenuta, ristrutturando il vigneto per creare parcelle più precise e adottando una strategia di sviluppo sostenibile a partire dalla metà degli anni Novanta.

Gli edifici furono interamente rinnovati, sia le cantine che lo Château, che subì una magnifica ristrutturazione che mescolava abilmente lo stile francese e l’arte asiatica. Attraverso grande passione, duro lavoro e competenza, l’immagine prestigiosa di Château Lagrange fu gradualmente restaurata.

Oggi, Château Lagrange si estende su una superficie di 113 ettari, piantati con i nobili vitigni di Saint-Julien: Cabernet Sauvignon (65%), Merlot (28%) e Petit Verdot (7%). Il terroir è caratterizzato da profonde ghiaie garonnesi su un sottosuolo argillo-calcareo, ideale per conferire eleganza, struttura e longevità ai vini.

La gestione attuale di Château Lagrange è affidata a Matthieu Bordes, che continua l’impegno per la qualità e l’innovazione iniziato da Suntory.

 Saint-Julien Aoc 2015 | Château Lagrange

Esplicito e meticoloso nei riferimenti fruttati, tra ribes, fragoline, mirtillo, poi sensazioni di macchia mediterranea, mirto, un’idea di cenere. Raffinato al sorso, con un’acidità lievemente più tesa rispetto agli altri campioni in degustazione, che conferisce ulteriore slancio e disinvoltura al sorso. Equilibrio ineccepibile.

 Saint-Julien Aoc 2005 | Château Lagrange

Stilisticamente coerente con la 2015, con note di more e mirtillo, cenere, sposta poi il registro su ricordi di tamarindo e mineralità. Incredibilmente scattante, stentoreo ed agile offre un sorso importante, di grande eleganza, ben rifinito da note saline.

Il nome Lagrange, evocativo del celebre matematico Joseph-Louis, sembra quasi predestinare i vini dell’omonimo Château ad una precisione per l’appunto “matematica”.

La loro eleganza, tecnicamente ineccepibile e di impeccabile fattura, dispiega una bellezza algida e distaccata, simile alla perfezione formale di un teorema o alla rigorosa armonia di una fuga di Bach.

Per alcuni, tuttavia, questa perfezione potrebbe apparire priva di quel calore umano, di quella lieve imperfezione capace di svelare un tratto unico e profondamente personale, in grado di toccare le corde del cuore con maggiore immediatezza.

CHÂTEAU GRUAUD-LAROSE

Fondato nel lontano 1725 come “Fond-Bedeau”, Château Gruaud-Larose ha attraversato quasi tre secoli di storia nel prestigioso terroir di Saint-Julien.

Dalle sue origini sotto la famiglia Gruaud, che gli diede il primo nome, la tenuta ha visto l’influenza della famiglia Larose alla fine del XVIII secolo, per poi consolidare la sua denominazione attuale nel 1791.

La fine del XVIII secolo vide la proprietà passare attraverso diverse mani a causa di dispute ereditarie. Nel 1812, fu venduta all’asta e successivamente acquisita da diversi proprietari.

Dopo un periodo di passaggi di proprietà, il XX secolo ha segnato una svolta con la riunificazione della tenuta da parte della famiglia Cordier, influenti négociant bordolesi. Sotto la loro guida, Gruaud-Larose è diventato uno dei loro fiori all’occhiello.

Nel 1983, la proprietà è passata alla Compagnie de Suez, seguita da Alcatel-Alsthom nel 1993. Una nuova era è iniziata nel 1997 con l’acquisizione da parte del Gruppo Taillan di Jacques Merlaut, un nome di spicco nel panorama vinicolo bordolese.

Oggi, Château Gruaud-Larose si estende su 82 ettari di vigneti ghiaiosi, coltivati principalmente a Cabernet Sauvignon (57%), Merlot (30%), Cabernet Franc (8%), Petit Verdot (3%) e una piccola parte di Malbec (2%).

Château Gruaud-Larose ha intrapreso un percorso verso la sostenibilità, ottenendo la certificazione biologica nel 2022. La tenuta è anche nota per una curiosa installazione: un “cannone anti-grandine” sonico progettato per proteggere i preziosi vigneti.

Saint-Julien Aoc 2015 | Château Gruaud-Larose

Rubino scuro, concentrato e lucido. Profumi intensi, che legano erbe aromatiche fini, cenere, toni vegetali, un’idea di olive nere al forno, inchiostro, infine ricordi di frutti rossi sullo sfondo. Sorso voluminoso e stentoreo. Equilibrio magistrale e grande sinergia tra le componenti. Chiusura severa, con note verdi di genziana.

Saint-Julien Aoc 2005 | Château Gruaud-Larose

Granato cupo e concentrato. Coerente, con maggiore profondità e complessità: frutti maturi, arrosto, rosmarino, legna arsa, balsamicità. Sorso splendidamente sorretto da un’acidità vivida e scattante, che non lascia minimamente intuire i venti anni dalla vendemmia. Raffinato e misurato nello svolgimento del sorso, che chiude, lunghissimo, con un nitore impeccabile.

 

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Scritto da

Michelangelo Fani, da oltre 15 anni appassionato di vino, distillati e gastronomia. Nel 2010 scrive occasionalmente su Dissapore. Nel 2012 collabora alla guida Bibenda 2013. Negli anni successivi partecipa ai panel per le Guide “ai sapori e ai piaceri regionali” di Repubblica (Lazio, Abruzzo, Marche Umbria, Puglia, Sardegna) e collabora con l’associazione Ateneo dei Sapori. Dal 2019 scrive sulla guida ViniBuoni d’Italia, edita dal Touring Club. Degwineandspirits.com è il suo taccuino di viaggio nel mondo del vino e dei distillati. Perché in fin dei conti, “Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia e qualcuno a cui raccontarla” (Danny Boodman T.D. Lemon Novecento – Novecento, A. Baricco).

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